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Composizione del divario tra forma contabile e sostanza giuridica nelle operazioni di finanziamento della s.a.s.
Vincenzo Iaia
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Nota di Vincenzo Iaia
Con la sentenza in oggetto, la Suprema Corte di Cassazione (di seguito S.C.) ha fornito dei chiarimenti sui criteri utili alla corretta determinazione della natura giuridica delle erogazioni provenienti da un socio di s.a.s. Il rilievo della medesima si apprezza in considerazione di una lettura ermeneutica che pare abbinare l’art. 1362, co. 1, c.c., con l’art. 2467 c.c. In particolare, la quaestio iuris è incentrata sulla qualificazione alternativa come apporto di capitale di rischio o di debito dei versamenti elargiti da un socio accomandante pari alla somma di € 322.400,00 in favore di una s.a.s. costituita con un capitale sociale di € 2.000,00 aventi l’obiettivo di acquistare un immobile che sarebbe poi stato a disposizione dell’accomandante per l’esercizio della sua attività professionale. La controversia è sorta dal fatto che il socio limitatamente responsabile avesse chiesto la restituzione ad libitum di tali somme in quanto erogate a titolo di finanziamento, mentre la socia accomandataria (nonché moglie dell’accomandante) sosteneva che esse dovessero reputarsi come veri e propri conferimenti, non restituibili se non in sede di liquidazione. I Giudici di merito sono pervenuti a conclusioni opposte dal momento che il Tribunale di Firenze ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla socia accomandataria laddove la Corte distrettuale ha escluso l’immediata esigibilità dei richiamati apporti, valorizzando una serie di elementi che propendevano per la loro qualificazione come versamenti in conto capitale. Tra questi, ha avuto efficacia dirimente la circostanza per la quale la sottocapitalizzazione della società – rispetto all’obiettivo da essa perseguito – non consentisse di reperire finanziatori diversi dai suoi stessi soci, sì da poter ritenere che l’accomandante fosse ben conscio della destinazione economica irreversibile impressa ai fondi in discorso. Nel giudizio instaurato dall’accomandante innanzi alla S.C. egli contestava specialmente l’errata interpretazione dell’art. 1362, co. 1, c.c., per l’omessa considerazione dei documenti contabili in cui le rimesse venivano registrate come versamenti in conto finanziamento soci, dovendo così privilegiare l’interpretazione letterale del rapporto che le inquadrava nella fattispecie del mutuo. Il ricorso è stato [continua ..]