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La Cassazione esprime importanti principi di diritto in tema di morosità del socio nell´esecuzione dei versamenti
Federico Domenico Enrico De Silvo
Cass. Civ., Sez. I, 23 gennaio 2020, n. 1185
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Nota di Federico Domenico Enrico De Silvo
Con la sentenza n. 1185, del 21/1/2020, la Cassazione, in un caso di mora del socio nel versamento di conferimenti dovuti a seguito della sottoscrizione di un aumento di capitale, ha asseverato, quali principi di diritto, che, «il socio non può essere escluso, essendo egli titolare della partecipazione sociale sin dalla costituzione della società; pertanto, ferma la permanenza del socio in società per la quota già posseduta, l’assemblea deve deliberare la riduzione del capitale solo per la misura corrispondente al debito di sottoscrizione derivante dall’aumento non onorato» (p. 10); e che «il socio moroso di s.r.l. non è ammesso, secondo il disposto dell’art. 2466 c.c., a partecipare alle decisioni o alle deliberazioni assembleari esprimendo il proprio voto, ma non perde anche il diritto di controllo sugli affari sociali, sino a che egli resti parte della compagine societaria» (p. 11). Sennonché è stato affrontato il tema se, a fronte di un inadempimento limitato ad un aumento di capitale, la società possa deliberare l’esclusione del socio moroso ovvero solamente procedere alla riduzione della sua quota di partecipazione, limitatamente alla misura della parte non integralmente liberata, rilevandosi come «l’art. 2466 c.c. trovi applicazione anche qualora il debito in capo al socio, rimasto insoddisfatto, derivi dalla sottoscrizione della quota di capitale in aumento a lui spettante, trattandosi di disposizione che […] mira a preservare l’effettività del capitale» (p. 5), essendo ivi previsto un procedimento con cui, dall’iniziale richiesta al socio di adempimento, si procede, via via, alternativamente ovvero attraverso scansioni successive, dai rimedi endosocietari alla soluzione estrema della rinuncia a quel conferimento mediante la riduzione del capitale. Orbene, detto procedimento mira alla «tutela della situazione patrimoniale della società […] che non ha ragione di essere limitata al momento della sua costituzione e dell’inadempimento all’obbligo dei conferimenti iniziali, essendo essa applicabile – in via diretta, e non estensiva od analogica – all’esecuzione dei conferimenti in sede di successivo aumento del capitale” (ibidem), per cui, nel precipuo caso di esclusione del socio moroso, la conseguente riduzione del capitale risulta nominale per la [continua ..]