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Sulla prova testimoniale del contratto ed eccezione di parte
Martina Durante
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Nota di Martina Durante
Con la sentenza in epigrafe, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale sollevato dalle sezioni semplici circa l’ammissibilità della prova testimoniale per i contratti cui è imposta la forma scritta ad probationem e il relativo regime di rilevabilità. Il caso di specie trae origine da un procedimento per decreto ingiuntivo in relazione al pagamento della somma pattuita dalle parti per la vendita di merce. Contro tale provvedimento l’acquirente si era opposto deducendo che il contratto di vendita fosse stato risolto consensualmente con una riduzione del corrispettivo, dovuto alla cattiva qualità della merce, che ancora era dovuto e in ragione di ciò affermava l’infondatezza del credito; sulla base di tali circostanze veniva dedotta prova testimoniale. Il Tribunale riteneva tuttavia assente la prova del credito e accoglieva, quindi, l’opposizione al decreto ingiuntivo. In secondo grado, la Corte d’Appello respingeva l’opposizione al decreto rilevando, d’ufficio, che la prova dovesse essere data in forma scritta, considerato l’accordo transattivo, ai sensi dell’articolo 1967 c.c. valutando quindi come inammissibile la prova testimoniale. Con ricorso per Cassazione il debitore contestava che, trattandosi di scrittura la cui forma è richiesta ex lege ad probationem e non ad substantiam, la carenza della prova scritta non poteva essere rilevata ex officio dal giudice dato che la controparte non aveva mai eccepito nulla a riguardo; considerate le difformità delle pronunce la questione veniva sottoposta alle Sezioni Unite della Suprema Corte. La giurisprudenza di merito, sul punto, è divisa. Un primo orientamento sostiene che la nullità della prova testimoniale chiesta per verificare l’esistenza di un contratto, per la cui prova in giudizio si richiede forma scritta, non sia rilevabile d’ufficio, ma solo su tempestiva eccezione di parte entro il termine previsto dall’art. 157, co. 2, c.p.c., in quanto gli interessi che si vogliono tutelare sono privatistici e non di stampo pubblicistico. Seguendo tale orientamento, se la parte non opponesse alcuna eccezione la nullità risulterebbe sanata. Se invece si tratta di atti o contratti per cui la forma scritta è richiesta ad substantiam, la prova testimoniale sull’esistenza dell’atto stesso è inammissibile e [continua ..]