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Se il termine è inferiore a 15 giorni la diffida ad adempiere non produce effetti

Libera Granese

(…) La censura vertente sulla illegittimità dell’assegnazione di un termine inferiore ai quindici giorni è invece fondata. Ebbene, con riferimento al tema dell’assegnazione di un termine inferiore a quello di quindici giorni è del tutto pacifico che la convenzione non prevedesse un termine diverso rispetto a quello indicato dall’art. 1454 c.c.: ciò è tanto vero che la Corte di appello si è preoccupata di affrontare la questione della conformità al diritto della concessione di un termine inferiore (e questo non sarebbe evidentemente accaduto se il contratto inter partes lo avesse previsto) (…). La diffida ad adempiere è, infatti, atto recettizio (per tutte: Cass. 2 settembre 1978, n. 4014; Cass. 6 aprile 1973, n. 953), onde il termine di quindici giorni non può che decorrere dal momento in cui l’atto è pervenuto nella sfera di conoscenza del destinatario (operando naturalmente, anche per essa, la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c.). Non è dunque decisiva la data di invio della comunicazione scritta contenente la diffida; lo è, invece, quella in cui l’atto è pervenuto al recapito cui era indirizzato. Ciò posto, l’art. 1454 c.c., prevede, al comma 2, che il termine assegnato con la diffida ad adempiere non possa essere inferiore a quindici giorni, “salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un termine minore”. Al di fuori di queste ipotesi, la fissazione di un termine inferiore determina l’inidoneità della diffida alla produzione di effetti estintivi nei riguardi del rapporto costituito tra le parti (…). L’assegnazione di un termine siffatto è dunque ammessa ove ricorra una specifica pattuizione derogatoria e nei casi in cui essa risulti congrua avendo riguardo alla natura del contratto e agli usi. Quel che preme rilevare è, però, che la riduzione del termine di quindici giorni debba essere giustificata dalla presenza di una delle tre condizioni previste dall’art. 1454, comma 2, cit.: in assenza di esse, non ha senso dibattere della congruità del termine. Infatti, il giudizio di congruità, in base alla norma codicistica, non entra in gioco con riferimento all’eventualità della pattuizione di un termine ridotto rispetto a quello [continua ..]

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Nota di Libera Granese

Il caso concreto. Pirelli & C. s.p.a. conferiva a D.D.M. e Associati Licensing s.r.l. l’incarico di assistere in esclusiva il proprio management nell’attività di licensing del marchio Pirelli. Il 3 dicembre 2007 Pirelli rivolgeva a D.D.M. e Associati Licensing la richiesta di un rapporto sull’andamento delle licenze per l’anno in corso ma a tale richiesta la società incaricata dell’attività di licensing rispondeva che quanto richiesto era estraneo all’incarico conferitole. La richiesta era reiterata il 21 dicembre 2007, con intimazione della trasmissione del report entro il 10 gennaio 2008, pena la risoluzione di diritto del contratto. D.D.M. e Associati Licensing dava riscontro a tale corrispondenza il giorno 10 gennaio 2008 attraverso la trasmissione di una relazione che Pirelli riteneva del tutto insoddisfacente e tale da giustificare la risoluzione di diritto del contratto. All’esito del primo e del secondo grado veniva dichiarato risolto di diritto il contratto e ritenuta legittima l’assegnazione di un termine ad adempiere inferiore a quello legale. Oggetto di esame da parte dei giudici della Corte di Cassazione sono le condizioni di validità di un termine ad adempiere inferiore a quindici giorni. L’iter logico. Come noto, la diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. consiste in una intimazione per iscritto alla parte inadempiente di adempiere entro un congruo termine con l’avvertimento che decorso inutilmente detto termine il contratto si intenderà risolto. La diffida costituisce un atto negoziale, unilaterale e recettizio, avente necessariamente forma scritta. L’art. 1454, comma 2, stabilisce che in ogni caso tale termine non deve essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle parti o salvo che per la natura del contratto o secondo gli usi risulti congruo un termine minore. Nell’ipotesi in cui il termine non sia congruo, il mancato adempimento alla sua scadenza non determina la risoluzione di diritto del contratto. Con riferimento al caso in esame, la Corte sostiene che per valutare in primis se è decorso il termine legale deve considerarsi come dies a quo quello di conoscenza della diffida da parte dell’inadempiente e non quello di invio della comunicazione, ex art. 1335 c.c. Nel giudizio di gravame viene implicitamente assunto che tra dies a quo e dies ad quem (coincidente con quello di scioglimento di [continua ..]

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