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L´ambito di applicazione dell´art. 609-bis c.p.: il discrimen tra atti di libidine e condotte ioci causa

Luca Mazza

Sommario

  1. Gli elementi costitutivi della fattispecie di reato di violenza sessuale ai sensi dell’art. 609-bis c.p. – 2. La pronuncia del Tribunale di Roma, Sez. V, Sentenza, 06/07/2023, Dott.ssa Maria Bonaventura

 

  1. Gli elementi costitutivi della fattispecie di reato di violenza sessuale ai sensi dell’art. 609-bisp.

 

Il fenomeno della violenza di genere ha nel nostro Paese una diffusione e un radicamento profondo. Secondo i dati ISTAT sono circa sette milioni le donne italiane, comprese fra i 16 e i 70 anni d’età, che hanno subito, dentro o fuori le mura domestiche, una forma di violenza[1].

     In relazione al panorama giuridico italiano, il Codice Rocco del 1930 disciplinava nel Titolo IX, libro II, Capo I, i delitti di violenza carnale, atti di libidine violenti, ratto a fine di libidine o di matrimonio, seduzione con promessa di matrimonio, qualificati come delitti contro la libertà sessuale. Una delle novità introdotte con la Legge 15 febbraio 1996, n. 66, fu il trasferimento delle norme che puniscono la violenza carnale dai Delitti contro la moralità pubblica e il buon costume ai Delitti contro la persona, a sottolineare fermamente che non è più la moralità pubblica, dunque un bene di natura collettiva ad essere protetto dalla norma, bensì, secondo la mutata percezione sociale e culturale, che il bene da tutelare è di natura squisitamente individuale, ossia la libertà sessuale. La nuova disciplina legislativa, dunque, incorporando in un’unica fattispecie, ossia la violenza sessuale, sia la violenza carnale che gli atti di libidine violenti, «definisce un assetto di tutela imperniato proprio sul rispetto della volontà da parte della donna, sulla difesa dell’autodeterminazione della persona, anche e soprattutto in ambito sessuale, che avrebbe dovuto mettere definitivamente in soffitta, tra le anticaglie del passato, tutto ciò che apparteneva al vecchio modo di configurare la violenza sessuale penalmente rilevante»[2].

     In merito agli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 609-bis c.p., giova osservare che una prima questione concerne l’asserita indeterminatezza della nozione di “atti sessuali”. Secondo la visione della dottrina penalistica principale, in accordo con la teoria oggettivo-anatomica[3], l’atto sessuale deve far riferimento al sesso sia dal punto di vista anatomico che fisiologico, intendendosi per sesso non solo il riferimento alle zone genitali, ma anche tutte le altre zone del corpo che, in accordo con la scienza medica, antropologica e psicologica, sono diffusamente considerate come zone “erogene”. In linea di continuità con tale corrente dottrinale si collocano alcune pronunce della Suprema Corte, secondo cui “in tema di violenza sessuale, vanno considerati atti sessuali quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona o ad invadere la sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione (violenza, minaccia o abuso di autorità), sostituzione ingannevole di persona, abuso di inferiorità fisica o psichica, in essi potendosi ricomprendere anche quelli insidiosi e rapidi, che riguardino zone erogene su persona non consenziente (come ad es. palpamenti, sfregamenti, baci)”[4]suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale dell’agente[5] anche in modo non completo e per una durata breve[6].

    Tuttavia, siffatta ricostruzione non si considera univocamente fondata se si pensa che resterebbero escluse situazioni in cui, pur non interessando zone erogene, il soggetto agirebbe con una carica erotica notevole. Difatti, a favore di una estensione della nozione di atti sessuali depone l’argomentazione di altra parte della dottrina, definita oggettivo-contestuale, secondo cui non può non rientrare nella previsione di reato ciò che prima della riforma era considerato tale, e quindi tutti gli atti che – espressione della libido del soggetto agente – rientravano nelle condotte libidinose, incentrando la tutela in virtù del contesto e delle circostanze nelle quali l’atto viene commesso, al fine di determinarne la sua natura sessuale o meno. A tal proposito, diversa giurisprudenza ha evidenziato che “la nozione di atti sessuali è la risultante della somma dei concetti di congiunzione carnale ed atti di libidine, previsti dalle previgenti fattispecie di violenza carnale ed atti di libidine violenti, per cui essa viene a comprendere tutti gli atti che, secondo il senso comune e l'elaborazione giurisprudenziale, esprimono l'impulso sessuale dell'agente con invasione della sfera sessuale del soggetto passivo[7]. Nonostante ciò, s’impone all’interprete, nella sua valutazione di rilevanza penale della condotta in esame, di tener conto “del contesto sociale e culturale in cui l'azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, del contesto relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro dato fattuale qualificante[8].

     L’ipotesi centrale di violenza sessuale è quella originata dalla costrizione mediante violenza, minaccia o abuso d’autorità: la costrizione evidenzia che, implicitamente, il dissenso del soggetto – che deve permanere durante tutto il tempo della violenza ovvero intervenire a seguito di un primordiale consenso – è un elemento costitutivo del reato[9]. Difatti, in una recente pronuncia, la Corte Suprema ha affermato che “il dissenso della vittima costituisce un requisito implicito della fattispecie e, pertanto, il dubbio sulla sua sussistenza investe la configurabilità del fatto-reato e non la verifica della presenza di una causa di giustificazione[10]. In merito alla costanza temporale del dissenso e, dunque, della violenza o minaccia messa in atto dall’agente, invece, il costante orientamento giurisprudenziale ha sostenuto che “l'idoneità della violenza o della minaccia a coartare la volontà della vittima non va esaminata secondo criteri astratti e aprioristici, ma valorizzando in concreto ogni circostanza oggettiva e soggettiva, sicché essa può sussistere anche in relazione ad una minaccia o intimidazione psicologica attuata in situazioni tali da influire negativamente sul processo mentale di libera determinazione della vittima, senza necessità di protrazione nel corso della successiva fase esecutiva[11].

     Ai fini della realizzazione della condotta incriminata è necessario l’utilizzo di violenza o minaccia e, quindi, un dovere di resistenza a carico della vittima, coi relativi rischi che la violenza reattiva agisca da moltiplicatore della violenza aggressiva, ben potendo considerarsi dissenziente anche la persona che non si oppone attivamente per motivi di natura psicologica. A tal proposito, gli Ermellini hanno diffusamente affermato che “la violenza richiesta per la integrazione del reato non è soltanto quella che pone il soggetto passivo nell'impossibilità di opporre tutta la resistenza voluta, tanto da realizzare un vero e proprio costringimento fisico, ma anche quella che si manifesta nel compimento insidiosamente rapido dell'azione criminosa, così venendosi a superare la contraria volontà del soggetto passivo[12].

     L’evoluzione del concetto di violenza e minaccia si apprezza anche nell’ambito della c.d. “costrizione ambientale”, definibile come «situazione nella quale il soggetto passivo, pur dissentendo, non si oppone agli atti sessuali a causa di uno stato di soggezione psicologica, stato di diminuita resistenza che però non è dovuto ad una attuale minaccia»[13]. Gli atti sessuali commessi in tale contesto costituiscono una “sotto-fattispecie” del reato di cui all’art. 609-bis c.p., affiancandosi a quella degli atti sessuali “repentini” e “insidiosi”: sotto-fattispecie nella quale il toccamento (consistente di solito in un bacio ovvero in un palpamento) avviene in modo rapido in assenza di alcuna forza fisica separata dall’atto in sé.

     Vi è, infine, l’ipotesi dell’abuso d’autorità. Siffatto concetto è caratterizzato dalla presenza di una posizione di supremazia di un soggetto forte nei confronti di un soggetto debole, ove il soggetto forte abusa della propria autorità per costringere il soggetto debole a compiere o subire atti sessuali[14]. Le SS.UU., sul punto, hanno osservato che “l'abuso di autorità che costituisce, unitamente alla violenza o alla minaccia, una delle modalità di consumazione del reato previsto dall'art. 609-bis cod. pen., presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l'agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o a subire atti sessuali[15].

 

  1. La pronuncia del Tribunale di Roma, Sez. V, Sentenza, 06/07/2023, Dott.ssa Maria Bonaventura

 

La pronuncia emessa dal Tribunale di Roma, passata alla cronaca come la “sentenza dei 10 secondi[16] al di sotto del quale, in caso di palpeggiamento, non è configurabile il reato di violenza sessuale, invero, si pone integralmente nel solco testé tracciato e, in particolare, evidenzia il discrimen tra gli atti di natura libidinosa – penalmente perseguibili e puniti – e quelli commessi ioci causa, la cui connotazione di natura “scherzosa”, in presenza di determinate circostanze intrinseche ed estrinseche, ne esclude la rilevanza penale.

     Difatti, nel caso di specie, il giudice romano, ricostruendo quanto diffusamente condiviso sia in dottrina che in giurisprudenza, ha osservato che la nozione di atto sessuale di cui all’art. 609-bis c.p. comprende il compimento di atti di libidine repentini e subdoli, connotati da una certa rapidità d’esecuzione, commessi senza accertarsi del consenso della persona destinataria ovvero prevedendone il dissenso, anche di breve durata e in assenza di una completa concupiscenza sessuale da parte del soggetto agente, quali toccamenti o palpeggiamenti[17]. Pertanto, all’esito dell’istruttoria dibattimentale, il Tribunale ammetteva che “la condotta posta in essere dall'imputato, quale descritta dalla persona offesa, integra sicuramente l'elemento oggettivo della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 609-bis c.p.”, bensì, dal punto di vista dell’elemento soggettivo, ne contestualizzava l’avvenimento con le rilevanti circostanze di luogo, di tempo e di intensità, sostenendo che “deve rilevarsi che la repentinità dell'azione, senza alcun insistenza nel toccamento, da considerarsi quasi uno sfioramento, il luogo e il tempo della condotta, in pieno giorno in locale aperto al pubblico e in presenza di altre persone, e le stesse modalità dell'azione poi conclusasi con il sollevamento della ragazza non consentono il configurare dell'intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale”.

Pertanto, configurava il comportamento posto in essere dall’agente quale atto di natura “scherzosa”. Tuttavia, non manca di osservare che, al di là di tale qualificazione della condotta, la giurisprudenza ha ampiamente affermato che, in tema di violenza sessuale, “il gesto compiuto "ioci causa" o con finalità di irrisione è qualificabile come atto sessuale punibile ai sensi dell'art. 609-bis c.p. allorquando per le caratteristiche intrinseche dell'azione, rappresenta un'intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima[18].

      Nel caso in esame, secondo l’organo giudicante, le modalità dell'azione “lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento dei glutei, per un tempo sicuramente minimo, posto che l'intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento. Inoltre, appare verosimile che lo sfioramento dei glutei sia stato causato da una manovra maldestra dell'imputato che, in ragione della dinamica dell'azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento e in dislivello l'uno dall'altra, potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all'intento iniziale”.

     In conclusione, il Tribunale di Roma, valutando le caratteristiche intrinseche dell’azione – tra cui anche la durata – e il contesto nel quale è stata compiuta, ha rilevato la completa assenza, nel caso di specie, dell’intento libidinoso o di concupiscenza generalmente richiesto dalla norma penale, assolvendo l’imputato con la formula dubitativa di cui all’art. 530, comma secondo, c.p.p.

 

[1] L. Goisis, La violenza sessuale: profili storici e criminologici. Una storia di 'genere', in Diritto Penale Contemporaneo, 2012, p. 1.

[2] G. Fiandaca-E. Musco, Diritto penale. Parte speciale, Vol. I, 2008, p. 204.

[3] F. Macrì, La violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) nella giurisprudenza della suprema corte del 2015, in Diritto penale contemporaneo, N. 1, 2016, p. 164.

[4] Cass. Pen., Sez. III, 26/09/2013, n. 42871.

[5] Cass. Pen., Sez. III, 25/05/2006, n. 21167.

[6] Cass. Pen., Sez. III, 18/10/2011, n. 41096; in senso conforme si v. Cass. Pen., Sez. III, 23/02/2011,

  1. 12506; Cass. Pen., Sez. IV, 03/10/2007, n. 3447.

[7] Cass. Pen., Sez. III, 18/10/2005, n. 44246.

[8] Cass. Pen., Sez. III, 26/11/2014, n. 964; in senso conforme Cass. Pen., Sez. III, 12/02/2014, n. 10248.

[9] G. Balbi, Legem et iustitiam facere. La giurisprudenza e il delitto di violenza sessuale, in Legislazione Penale-Saggi, 23 novembre 2023, p. 16; S. Vitelli, Equivoci ricorrenti in tema di violenza sessuale fra ragioni “oggettive” della vittima e quelle “soggettive” del suo autore materiale: la lesione sessuale “colposa” come possibile soluzione normativa di equilibrio con positiva valenza culturale, in Giurisprudenza Penale, N. 22, 2022, p. 10.

[10] Cass. Pen., Sez. III, 19/06/2018, n. 52835.

[11] Cass. Pen., Sez. III, 10/05/2017, n. 33049; in senso conforme si v. Cass. Pen., Sez. III, 24/01/2017, n. 16609; Cass. Pen., Sez. III, 24/01/2013, n. 14085.

[12] Cass. Pen., Sez. III, 24/11/2000, n. 3990; in senso conforme si v. Cass. Pen., Sez. III, 01/02/2006, n. 6340; Cass. Pen., Sez. III, 15/06/2010, n. 27273.

[13] Macrì, La violenza sessuale (art. 609-bis c.p.) nella giurisprudenza della suprema corte del 2015, cit., p. 167.

[14] Goisis, La violenza sessuale: profili storici e criminologici. Una storia di 'genere', cit., p. 18.

[15] Cass. Pen., Sez. Un., 16/07/2020, n. 27326.

[16] www.roma.repubblica.it

[17] Cass. Pen., Sez. III, 27/01/2004, n. 6945.

[18] Cass. Pen., Sez. III, 15/11/2018, n. 51593; in senso conforme si v. Cass. Pen., Sez. III, n. 1709, 01/07/2014; Cass. Pen., Sez. III, n. 20927, 04/03/2009.

Argomento: Reati contro la libertà sessuale
Sezione: Sentenze di Merito

(Tribunale di Roma, Sez. V, sentenza 06 luglio 2023)

Stralcio a cura di Giovanni de Bernardo

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“(…)All'esito dell'istruttoria dibattimentale, non sono emersi elementi probatori sufficienti a formulare, senza alcun ragionevole dubbio, un giudizio di responsabilità dell'imputato. Parte lesa, P.A., sentita all'udienza del 23 febbraio 2023, riferiva le seguenti circostanze: il giorno 12 aprile 2022 alle ore 9 e 40 circa, entrava a scuola in compagnia della sua amica B.V. e, mentre saliva le scale, giunta al primo piano, mentre si stava tirando sui pantaloni che le erano scesi dalla vita, sentiva da dietro delle mani entrarle nei pantaloni, sotto gli slip, che dapprima le toccavano i glutei e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su sollevandola di circa 2 centimetri; il tutto durava circa cinque/dieci secondi . La ragazza era 2 convinta che fosse stata l'amica, tuttavia si girava e vedeva l'odierno imputato. A quel punto, si recava in classe senza dire nulla ma l'A.A. la seguiva e le diceva "amo lo sai che io scherzavo"; tuttavia, rimasto privo di risposta, si allontanava. La ragazza raccontava l'accaduto al professore G.G. che la portava dalla vicepreside. La P.A. riferiva inoltre che, all'ora della ricreazione, si recava al bar dove giungeva l'odierno imputato, il quale tentava di avvicinarla per parlare e, di fronte al suo rifiuto, iniziava ad alzare la voce dicendole che gli avrebbe rovinato la vita, si metteva le mani nei capelli e prendeva a testate il bancone del bar; allora la ragazza, intimorita, si allontanava con dei compagni di classe. (…) La persona offesa specificava che l'odierno imputato era solito rivolgersi a lei chiamandola "amore" e che in generale dava molta confidenza anche ad altre ragazze. In una occasione le aveva detto anche "se avessi la tua età mi risarei sposato". Invero, la P.A., parlando dell'accaduto con le compagne di classe, scopriva che l'odierno imputato aveva avuto atteggiamenti simili anche con altre ragazze; una compagna di scuola, in particolare, le aveva raccontato che un giorno, mentre giocava a ping­pong in palestra, era stata colpita dall'A.A. con una racchettata sui glutei. Le dichiarazioni della persona offesa sono apparse pienamente credibili, in quanto dettagliate, prive di contraddizioni, logiche, coerenti, nonché prive di alcun intento calunnioso nei confronti dell'imputato, con cui la P.A. aveva anche un rapporto cordiale e rispetto al quale non aveva alcun motivo di nutrire astio o rancore. Il racconto di parte lesa trova inoltre preciso [continua ..]

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