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Non è abnorme il provvedimento del GUP con cui viene dichiarata la nullità del decreto che dispone il giudizio per genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione senza alcuna previa sollecitazione - rivolta al PM - ad integrare o precisare la contestazione

Luigi Palmieri

 

Il quesito sottoposto al vaglio della Suprema Corte ha tratto origine dal ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catania che ha lamentato l’abnormità di tipo strutturale del provvedimento con cui il Tribunale (per mero errore materiale indicato nella sentenza come «GUP») ha dichiarato la nullità del decreto che dispone il giudizio per indeterminatezza del capo d’imputazione.

 

Secondo la prospettazione offerta dall’Ufficio del pubblico ministero, il Tribunale avrebbe dovuto, preliminarmente, sollecitare il magistrato del pubblico ministero a riformulare il capo d’imputazione, ritenuto carente del requisito indicato nell’art. 429, c. 1, lett. c), c.p.p.[1]

 

Ciò in ragione di un precedente orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto abnorme il provvedimento con cui il Giudice del dibattimento – analogamente a quanto previsto per il Giudice dell’udienza preliminare – disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per la genericità ed indeterminatezza della imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla[2].

 

Il ragionamento logico-giuridico della Suprema Corte muove dall’equiparazione tra i poteri riconosciuti al Giudice dell’udienza preliminare e a quelli attribuiti al Giudice del dibattimento: nelle due, diverse, fasi processuali l’imputato si trova ad affrontare una identica limitazione del diritto di difendersi da una imputazione dal contenuto incerto[3].

 

La sentenza in commento ha, invece, ritenuto condivisibile l’opposto orientamento, secondo il quale la preventiva sollecitazione rivolta al pubblico ministero ad integrare o precisare la contestazione non spetta al giudice del dibattimento[4].

 

In caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell'art. 429, c. 2, c.p.p. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell'art. 552, c. 2, c.p.p.), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione, in quanto non è estensibile alla fase dibattimentale il meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare il pubblico ministero alle opportune precisazioni e integrazioni, indicandogli, con ordinanza interlocutoria, gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche alla base del rilevato difetto dell’imputazione.

 

Quest’ultimo, invece, deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio (ai sensi dell’art. 429, c. 2, c.p.p.  o ai sensi dell’art. 552, c. 2, c.p.p.) quando ritiene l’addebito mosso all’imputato affetto da genericità e indeterminatezza[5].

 

Ed invero, alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, è configurabile il vizio dell’abnormità in ogni fattispecie di indebita regressione del procedimento in grado di alterarne l’ordinata sequenza logico-cronologica[6].

 

In altre parole, soltanto il Giudice dell’udienza preliminare (e non quello del dibattimento) è tenuto – in ossequio a quanto previsto anche dall’art. 421, c. 1, c.p.p. – a sollecitare il pubblico ministero a riformulare l’imputazione e, solo nel caso in cui questi non provveda nel senso indicatogli, a dichiarare, anche di ufficio, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e disporre la restituzione degli atti al pubblico ministero.

 

L’art. 421, c. 1, c.p.p., nel testo modificato dal d. lgs. n. 150 del 2022, ha previsto espressamente solo per l’udienza preliminare che il giudice, laddove rilevi una ipotesi di violazione dell’art. 417, c. 1, lett. b), c.p.p.  

 

sentite le parti, debba invitare il pubblico ministero a riformulare l’accusa e che, solo nel caso in cui questi non provveda nel senso indicatogli, possa poi dichiarare, anche di ufficio, la nullità della richiesta di rinvio a giudizio e disporre la restituzione degli atti allo stesso pubblico ministero[7].

 

Sempre nel corso dell’udienza preliminare (ai sensi dell’art. 421, c.1-bis, c.p.p.), qualora, invece, il pubblico ministero ottemperi correttamente all’invito giurisdizionale alla riformulazione, l’imputazione modificata sarà inserita nel verbale di udienza e contestata all’imputato presente in aula, anche mediante collegamento a distanza: in caso contrario, il giudice dovrà sospendere il processo rinviando ad una nuova udienza e disponendo la notifica del verbale all’imputato entro un termine non inferiore a dieci giorni dalla data della nuova udienza.

 

In conclusione, il meccanismo correttivo che consente al giudice dell’udienza preliminare di sollecitare il pubblico ministero ad effettuare le opportune precisazioni e integrazioni, attraverso l’adozione di una ordinanza interlocutoria, non è estendibile al giudice del dibattimento che, in caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo d’imputazione, deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio.

 

 

 

[1] Il fatto deve ritenersi enunciato in forma chiara e precisa quando i suoi elementi strutturali e sostanziali siano descritti in modo tale da consentire un completo contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato, che viene a conoscenza della contestazione non solo per il tramite del capo d’imputazione, ma anche attraverso gli atti che fanno parte del fascicolo processuale (cfr. Cass., Sez. III, 16.11.2023, n. 9314, in iusexplorer). Inoltre, ai fini della contestazione dell’accusa, ciò che rileva è la compiuta descrizione del fatto, non l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (v. Cass., Sez. II, 04.09.2020, n.32006, in iusexplorer).

 

[2] Ex plurimis, Cass., Sez. Un., 20.12.2007, n. 5307, in Cass. pen., 2009, 2, 632; Cass., VI, 28.1.2013, n. 3742, in iusexplorer.

 

[3] Secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità, in presenza di una condotta dell’imputato tale da richiedere un approfondimento dell’attività dibattimentale per la definitiva qualificazione dei fatti contestati, è legittima la contestazione, nel decreto che dispone il giudizio, di imputazioni alternative, costituite dall’indicazione di più reati o di fatti alternativi, in quanto tale metodo, ponendo l’imputato nella condizione di conoscere esattamente le linee direttrici sulle quali si svilupperà il dibattimento processuale, risponde ad un’esigenza della difesa (v. Cass., Sez. III, 11.07.2023, n.46880, in iusexplorer).

 

[4] Dello stesso avviso, Cass., Sez, V, 11.3.2022, n. 22140, in iusexplorer «in caso di genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, il giudice del dibattimento deve dichiarare la nullità del decreto che dispone il giudizio, ai sensi dell’art. 429, comma 2, c.p.p. (o del decreto di citazione a giudizio, ai sensi dell’art. 552, comma 2, dello stesso codice), senza alcuna previa sollecitazione, rivolta al pubblico ministero, ad integrare o precisare la contestazione».

 

[5] V. Cass., Sez. V, 14.10.2016, n. 1382, in iusexplorer.

 

[6] Cfr. Cass., Sez. II, 20.12.2007, n. 5307, in CED Cass., 238240.

 

[7] In argomento, v A. Barazzetta, Sub art. 421, in Codice di Procedura penale commentato, a cura di A. Giarda – G. Spangher, Tomo II, Ipsoa, Milano, 2023, p. 3072; L. Iandolo, I rimedi ai vizi dell’imputazione, in La Riforma Cartabia. Codice penale–Codice di procedura penale-Giustizia riparativa, in AA.VV., a cura di G. Spangher, Pisa, 2022, p. 307; S. Lonati, L’udienza preliminare, in Riforma Cartabia. La nuova giustizia penale, in AA.VV., a cura di D. Castronuovo-M. Donini-E.M. Mancuso-G. Varraso, Milano, 2023, p. 691; T. Rafaraci, Archiviazione e udienza preliminare nella Riforma Cartabia, in Dir. pen. e proc., 1, 2023, p. 160.


Argomento: Decreto che dispone il giudizio
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 28 giugno 2023, n. 28037)   

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

“(…) il Gup del Tribunale di (…), (…), ha dichiarato la nullità (…) del decreto che dispone il giudizio (…) emesso dal Pm presso il Tribunale di (…).   In particolare, (…) ha ritenuto che nella descrizione della condotta (…) non emergerebbe la inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza da parte degli enti (…).   Avverso tale ordinanza ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (…), lamentando la abnormità di tipo strutturale del provvedimento, posto che il Gup, prima di emetterlo, non ha sollecitato il Pm a provvedere alla integrazione della imputazione ritenuta carente ai sensi dell’art. 429, comma 1, lettere C) cod. proc. pen.   Il ricorrente ha, (…), lamentato il fatto che l’organo giudiziario adito abbia esercitato un potere attribuitogli dall’ordinamento, ma ciò abbia fatto in una situazione radicalmente diversa da quella prefigurata dalla legge.   In particolare, il ricorrente richiama le indicazioni rivenienti dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale è abnorme il provvedimento con cui il Gup, in sede di udienza preliminare, disponga la restituzione degli atti al Pm per la genericità ed indeterminatezza della imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla (…).   Aggiunge il ricorrente che, laddove una analoga situazione si presenti essendo già stato emesso dal Pm il decreto di citazione a giudizio, la giurisprudenza non è univoca; secondo un certo orientamento, l’avvenuta cristallizzazione della accusa esclude la possibilità di applicare i suddetti principi anche nella fase dibattimentale (…); tuttavia, secondo un altro orientamento, non sussisterebbe alcuna ragione che impedisca al giudice del dibattimento di applicare il medesimo principio che le Sezioni Unite hanno affermato con riferimento alla udienza preliminare (…). (…).   Il ricorso presentato dalla pubblica accusa è inammissibile.   Osserva, infatti, il Collegio, essendo pacifici i fatti da cui è scaturito il provvedimento ora in scrutinio che, pur essendo vera l’esistenza rilevata dal ricorrente di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla possibilità di applicare i principi affermati, per il caso di celebrazione della udienza [continua ..]

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