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Per l´applicazione dell´art. 572 c.p. al convivente occorre accertare l´esistenza di una relazione affettiva continuativa e stabile e lo stato di coabitazione, caratterizzato da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo, espressione di una relazione personale connotata da una reale condivisione e comunanza materiale e spirituale di vita.
Argomento: Dei delitti contro la famiglia
Sezione: Sezione Semplice
“(...) La Corte di appello di Salerno ha dichiarato non doversi procedere nei riguardi di A.A. quanto al delitto di cui all’art. 4 legge 110 del 1975 in quanto estinto per prescrizione (...), ma ha confermato la sentenza di condanna per i residui reati di maltrattamenti in famiglia (così riqualificato l’originario fatto di atti persecutori in danno della ex compagna (...) commesso dal 15 agosto con condotta perdurante) e lesioni personali volontarie (...).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando un unico motivo con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. (...)
Si evidenzia come il rapporto di convivenza tra l’imputato e la persona offesa sarebbe cessato (...) diversi mesi prima dei fatti oggetto del processo.
La Corte avrebbe ritenuto (...) configurabile il reato di cui all’art 572 cod. pen. nonostante l’assenza del requisito della convivenza.
La fattispecie originariamente contestata sarebbe stata dunque “trasformata” (...); nel caso di specie, si argomenta, sarebbe al più configurabile le reiterazione degli atti persecutori e, dunque, il reato di cui all’art. 612 bis, comma 2, cod. pen. (...)
Il ricorso è fondato. (...)
La Corte di appello (...) ha (...) ritenuto sussistente una situazione di “convivenza” sulla base della mera esistenza di un figlio minore, circostanza, questa, che, secondo la Corte, attesterebbe la continuità del vincolo familiare.
Si tratta di un ragionamento che non può essere condiviso. (...)
Si è spiegato come il legislatore, con la formula “maltratta una persona della famiglia, o comunque convivente”, abbia inteso far riferimento a condotte che vedono come persona offesa il componente di una famiglia, intesa come comunità qualificata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale, ovvero il soggetto che ad esso componente sia parificabile in ragione di una accertata relazione di “convivenza”, che, lungi dall’essere riconoscibile nella presenza non continuativa di una persona nell’abitazione di un’altra, è solo quella che si crea quando la coabitazione della coppia sia caratterizzata da una duratura consuetudine di vita comune nello stesso luogo (...). (...)
Al riguardo assumono rilievo i principi affermati dalla Corte costituzionale che, nell’esaminare una specifica questione processuale avente ad [continua ..]
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Pen., Sez. VI, 7 novembre 2024, n. 40887)
Stralcio a cura di Roberto Zambrano
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