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Riaffermata la tenuta costituzionale dell´art. 649 c.p.p.: possono sussistere sanzione amministrativa e pena in caso di omesso versamento IVA (art. 10-ter d.lgs. 74/2000)

Jessica Bianchin

“Rilevato che (...) il Tribunale ordinario di Rovigo (...) ha sollevato – in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede l’applicabilità della disciplina del divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione di carattere sostanzialmente penale ai sensi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dei relativi Protocolli»; che il rimettente giudica della responsabilità di (...), imputato del reato previsto dall’art. 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (...), per avere omesso, in qualità di titolare dell’omonima impresa individuale, il versamento nei termini di legge dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) (...); che l’imputato è stato sottoposto anche a un procedimento amministrativo, in cui la predetta omissione gli è stata contestata assieme ad altre irregolarità tributarie (...); che il giudice a quo (...) ripercorre la giurisprudenza europea sviluppatasi sul principio del ne bis in idem, rispettivamente sancito dall’art. 4 Prot. n. 7 CEDU e dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), soffermandosi in particolare sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia, e sulle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, 26 febbraio 2013, in causa C-617/10, Åklagaren contro Hans Åkerberg Fransson e 20 marzo 2018, in causa C-524/15, Menci; (…) che, secondo il giudice a quo, l’identità «naturalistica, giuridica e di politica criminale» tra il delitto di omesso versamento dell’IVA e il correlativo illecito amministrativo impedirebbe di ritenere integrati i requisiti cui la Corte di giustizia, nella sentenza Menci, ha condizionato la valutazione di conformità all’art. 50 CDFUE del doppio binario sanzionatorio previsto in materia tributaria nell’ordinamento italiano; che [continua ..]

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Nota di Jessica Bianchin

La fattispecie in esame trae origine da una questione di legittimità costituzionale del­l’articolo 649 c.p.p. (divieto di un secondo giudizio), sollevata dal Tribunale di Rovigo, con l’ordinanza del 14 febbraio 2019, in riferimento agli artt. 3 e 117 c. 1 della Costituzione e quest’ultimo in relazione all’art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Nel caso in esame, l’imputato veniva sottoposto a due procedimenti, amministrativo e penale, per il reato di cui all’art. 10 ter del D. Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000 (nuova disciplina dei reati in materie di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’art. 9 della Legge n. 205 del 25 giugno 1999), per aver omesso, in qualità di titolare di un’impresa individuale, il versamento nei termini di legge dell’imposta sul valore aggiunto (Iva). Nel procedimento amministrativo, l’agente veniva condannato al pagamento di una sanzione amministrativa. Il giudice rimettente dubitava della costituzionalità dell’art. 649 c.p.p., nella parte in cui non prevede il divieto di un secondo giudizio nei confronti dell’imputato al quale, con riguardo agli stessi fatti, sia già stata irrogata in via definitiva, nell’ambito di un procedimento amministrativo, una sanzione formalmente amministrativa ma di carattere sostanzialmente penale (come da interpretazione derivante dai criteri sovranazionali). Il Giudice a quo sosteneva che vi fosse un contrasto tra l’articolo 649 c.p.p. e l’art. 117 c. 1 Cost., “nella misura in cui eleva a norma di rango costituzionale la norma interposta discendente all’interpretazione della disposizione dell’art. 50 CDFUE fornita dalla Corte di Giustizia”. Il rimettente ripercorreva quindi la giurisprudenza europea sviluppatasi sul principio del ne bis in idem, sancito dall’art. 4 del Protocollo n. 7 della CEDU e dall’art. 50 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea. Invero, i precedenti giurisprudenziali (in particolare, Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia; CGUE, sent. 20 marzo 2018, Menci) escludevano la contrarietà della normativa italiana con gli artt. 4 Prot. n. 7 CEDU e 50 CDFUE, confermando che è ammissibile il doppio binario procedimentale e sanzionatorio, a condizione che i due procedimenti perseguano scopi differenti e complementari. Oltre a [continua ..]

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