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Accesso abusivo a sistema informatico: è reato anche accedere con password, ma estrapolando i dati per finalità diverse
Martina Durante
(Cass. Pen., Sez. V, 2 dicembre 2020, n. 34296)
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Nota di Martina Durante
Con la pronuncia in epigrafe la quinta sezione della Corte di Cassazione ha risolto il contrasto relativo all’interpretazione e alla corretta applicazione dell’articolo 615-ter del Codice penale in materia di accesso abusivo a sistemi informatici. Nel caso di specie, l’imputato contestava l’attribuzione della condotta criminosa sul presupposto del possesso della password di accesso al sistema informatico; pertanto il relativo accesso non doveva essere considerato abusivo. Inoltre, a sostegno di tale tesi veniva evidenziato che nessuna regola vietava il backup dei dati. In secondo luogo, l’imputato contestava la condanna al pagamento di una provvisionale sprovvista di adeguata motivazione, nonché il subordine della sospensione condizionale della pena al previo pagamento della suddetta provvisionale. La Corte, con la sentenza in commento, ha rigettato in toto il ricorso basando il suo ragionamento sullo scopo e il fine per cui l’accesso (abusivo) è stato compiuto; inoltre ha sottolineato il ruolo del carattere meramente delibativo della provvisionale in sede penale che non risulta essere impugnabile in quanto non esorbitante in relazione al danno accertato ricollegabile al comportamento dell’imputato. In generale, viene definito come abusivo quell’accesso che avviene mediante la violazione delle chiavi fisiche e informatiche di accesso o delle esplicite disposizioni speciali in materia di accesso e mantenimento, fornite dal titolare del sistema. L’articolo 615-ter c.p. sanziona il comportamento del soggetto che abusivamente si introduca in un sistema informatico protetto da misure di sicurezza, nonché il comportamento mantenuto nonostante la volontà escludente dell’avente diritto. Inoltre, viene previsto un aggravamento di pena nel caso in cui il comportamento criminoso sia tenuto da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con violazione dei poteri o dei doveri inerenti alla sua funzione. Il delitto di cui all’articolo 615-ter c.p. integra un reato di mera condotta che si perfeziona con la violazione del domicilio informatico, mediante l’introduzione in un sistema costituito da un complesso di apparecchiature che utilizzano tecnologie informatiche, a nulla rilevando che si verifichi un’effettiva lesione della riservatezza degli utenti (Cass., V, sentenza del 2007, n. 11689). La disposizione punisce a titolo di dolo generico le [continua ..]