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Alla BCE spetta il potere decisionale esclusivo in ordine alle acquisizioni di partecipazioni qualificate in banche

Vincenzo De Liso

 

 

Il presente contributo prende in esame una decisione delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione che si sono occupate di un argomento che riveste una fondamentale importanza nel contesto dell’integrazione europea: i c.d. procedimenti amministrativi composti dell’Unione.

Tali procedimenti – detti anche di co-amministrazione – vedono congiuntamente protagonisti amministrazioni nazionali e comunitarie ed esprimono una situazione di contitolarità della funzione amministrativa tra due livelli operativi.

La rilevanza della pronuncia si apprezza sia per la rilevanza degli aspetti processualistici del procedimento composto esaminato e sia per l’affermazione del principio secondo il quale nell’unione bancaria, il Meccanismo di vigilanza unico presuppone che il potere decisionale esclusivo in ordine alle acquisizioni di partecipazioni qualificate in banche appartenga alla BCE e che il coinvolgimento delle autorità nazionali nel procedimento che conduce all’adozione della decisione della BCE non mette in dubbio la qualificazione degli atti delle autorità nazionali centrali come atti dell’Unione.

Tali atti, infatti, nel quadro normativo e procedimentale previsto dal Meccanismo di vigilanza unico, sono tappa di un procedimento unitario nel quale la BCE esercita, essa sola, il potere decisionale.

La vicenda trae origine dal provvedimento della Banca d’Italia del 7 ottobre 2014 con cui l’ente, ai sensi dell’art. 19 del Tub modificato dalla direttiva 2013/36/UE (recepita in Italia col d.lgs. 12 maggio 2015, n. 72), ha ordinato alla omissis che deteneva circa il 30% delle quote azionarie della omissis S.p.A., holding finanziaria controllante Banca omissis, a seguito della condanna definitiva inflitta al suo azionista di maggioranza per il delitto di frode fiscale, di procedere al trasferimento in trust della partecipazione eccedente così da consentire al trust di vendere a sua volta la partecipazione sul mercato nell’arco temporale di trentasei mesi dall’istituzione.

 Il provvedimento è stato successivamente annullato dal Consiglio di Stato con sentenza 3 marzo 2016, n. 882, sul presupposto che il requisito dell’onorabilità previsto dal novellato art. 19 Tub andasse applicato solo alle future partecipazioni azionarie e non a quelle pregresse.

In pendenza di detto giudizio, tuttavia, la società finanziaria omissis S.p.A. veniva assorbita mediante fusione per incorporazione "inversa" dalla sua controllata. Sicchè la omissis diveniva titolare di una partecipazione qualificata non più in una SPFM, bensì direttamente in una banca.

Per tale motivo la Banca d’Italia, ritenendo necessaria un’apposita autorizzazione, ha avviato d’ufficio il procedimento disciplinato dall’art. 15 del regolamento dell’Unione n. 1024 del 15 ottobre 2013. Tale procedimento è terminato con il provvedimento del 25 ottobre 2016 dove la BCE, su proposta negativa della Banca d’Italia, si è opposta al mantenimento della partecipazione qualificata di omissis S.p.A. nella Banca omissis, riconoscendo che l’azionista di maggioranza e titolare effettivo di omissis S.p.A. non soddisfacesse il requisito di onorabilità prescritto dalla normativa comunitaria per i detentori di partecipazioni qualificate negli istituti creditizi.

Omissis S.p.A. ha reagito dapprima impugnando il provvedimento della Banca centrale europea dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea (Causa T-913/16) e, contestualmente, adendo il Tar Lazio affinché annullasse gli atti della Banca d’Italia preparatori alla medesima decisione della BCE; infine, ha esperito dinanzi al Consiglio di Stato azione di ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza 882 del 3 marzo 2016, deducendo la nullità degli atti coi quali la Banca d’Italia aveva avviato il nuovo procedimento autorizzativo della fusione perché emessi in violazione o elusione di giudicato. Nel corso di questo giudizio, Il Consiglio di Stato ha sollevato una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione chiedendo di stabilire se esso avesse la competenza per sindacare gli atti di matrice nazionale interni al procedimento autorizzativo disciplinato dall’art. 15 del regolamento dell’Unione n. 1024 del 15 ottobre 2013 e se rientrasse o meno nella competenza del giudice dell’UE l’eventuale azione di nullità degli atti per asserita violazione o elusione di giudicato nazionale, esercitata nell’ambito del peculiare giudizio di ottemperanza previsto dall’ordinamento processuale amministrativo di diritto interno.

In risposta, la Corte di Giustizia, Grande sezione, con la sentenza C-219/17 del 19 dicembre 2018 ha chiarito che il «coinvolgimento delle autorità nazionali nel procedimento che conduce all'adozione di tali atti non può mettere in dubbio la qualificazione dei medesimi come atti dell'Unione, volta che tutti gli atti, nell'ambito normativo e procedimentale appena esposto, sono tappa di un procedimento nel quale un'istituzione dell'Unione esercita, da sola, il potere decisionale finale senza essere vincolata agli atti preparatori o alle proposte avanzate dalle autorità nazionali». Pertanto, «spettando unicamente al giudice dell’Unione di valutare se la legittimità della decisione della BCE del 25 ottobre 2016 sia stata inficiata da eventuali vizi degli atti preparatori emanati dalla Banca d’Italia quale ANC, una tale competenza non può che escludere ogni competenza giurisdizionale nazionale avverso i suddetti atti».

Sulla scorta di tali conclusioni, il Consiglio di Stato ha dichiarato inammissibile l’azione di ottemperanza promossa da omissis S.p.A. ed è proprio contro questa decisione che è stato proposto il ricorso per cassazione per rifiuto di giurisdizione ai sensi dell’art. 111, co. 8 della Costituzione oggetto della presente disamina.

In linea con quanto deciso dal giudice comunitario e dal Consiglio di Stato, l’impugnativa dinanzi alla Suprema Corte è stata integralmente respinta perché nella «materia delle acquisizioni di partecipazioni qualificate in banche, l’attribuzione dei poteri decisionali spetta, secondo il Meccanismo di vigilanza unico dell’unione bancaria, alla BCE nel contesto di un procedimento parimenti unitario di cui fanno parte gli atti delle autorità nazionali centrali. La circostanza che le decisioni terminali della BCE debbano essere sottoposte al controllo di legittimità della giurisdizione della UE, anche di riflesso ai vizi degli atti intermedi delle ANC, e anche in applicazione della normativa nazionale dei singoli Stati, ove rilevante in base alle opzioni esplicitamente riconosciute agli Stati membri, è una mera conseguenza della suddetta architettura procedimentale unitaria. Pertanto, il rimedio dell’ottemperanza semplicemente non può essere esercitato, in concreto, col fine di sindacare gli atti preparatori delle ANC, poiché anche codesti sono infine atti interni di un procedimento dell’Unione, non soggetti, come la decisione finale, ad altri che alla giurisdizione Europea»

I procedimenti di coamministrazione sono stati per lungo tempo oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza. La questione dibattuta riguarda il riparto di giurisdizione tra la magistratura interna e quella europea rispetto agli atti procedimentali. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, dal momento che i procedimenti composti si snodano in varie fasi di competenza nazionale o europea, il giudice interno e quello europeo hanno giurisdizione nei confronti degli atti delle rispettive amministrazioni tutte le volte in cui essi abbiano carattere vincolante e definitivo.

Nella sentenza oggetto della nostra indagine, tuttavia, occorre segnalare un ulteriore elemento di novità che riguarda l’impugnazione degli atti interni al procedimento: questi, infatti, a prescindere dall’autorità che li adotta, devono seguire il regime d’impugnazione dell’atto definitivo, sia esso di provenienza nazionale o sovranazionale. Pertanto, secondo la Cassazione, nei procedimenti composti dell’Unione europea deve prevalere la regola generale per cui gli atti endoprocedimentali seguono la sorte dell’atto conclusivo. Tale conclusione non è di poco conto perché consente alla Corte di giustizia di estendere il proprio controllo agli atti delle autorità nazionali che siano prodromici a un provvedimento finale adottato da un’istituzione dell’Unione. Ciò accentua sempre di più l’interconnessione e la convergenza esistente tra i sistemi giuridici degli Stati dell’eurozona e quello comunitario.

Un’altra questione che viene affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento è quella relativa al nesso tra giudicato nazionale e diritto dell’Unione. Il problema si è posto perché – come si è visto – omissis S.p.A. ha lamentato che la sentenza definitiva del Consiglio di Stato n. 882/2016 avesse già statuito sul suo legittimo possesso di azioni nella società finanziaria omissis S.p.A. e, pertanto, la nuova procedura autorizzativa avviata dalla Banca d’Italia si doveva considerare elusiva del giudicato interno e dunque sanzionabile col rimedio dell’ottemperanza. Nell’affrontare la questione, la Corte di Cassazione ha, innanzitutto, evidenziato la diversità dei provvedimenti adottati nel tempo dalla Banca d’Italia.

Trattandosi di due atti diversi, manca la consequenzialità tra il provvedimento annullato dalla sentenza del Consiglio di Stato e il successivo atto amministrativo che, a detta dei ricorrenti, ne avrebbe riprodotto elusivamente il contenuto dispositivo.

Allo stesso tempo, la Corte di Cassazione ha posto l’attenzione sulla specifica competenza della Banca d’Italia nel procedimento per controllare gli assetti proprietari delle banche evidenziando che i suoi atti debbano essere considerati “intermedi” rispetto alla decisione finale della BCE.

Sul versante del riparto di competenza tra gli Stati membri e le istituzioni europee, ciò implica che l’autorità del giudicato interno debba cedere il passo alla superiorità del diritto dell’Unione il quale «non conosce ostacoli nel diritto nazionale quando vengano in considerazione le regole comunitarie inderogabili in tema di competenza decisionale. Il che d'altronde è coessenziale all'affermazione di esistenza di un ambito di sovranità Europea non tangibile, a fronte del quale il giudicato nazionale deve recedere per forza, salvo ammetterne una potenziale efficacia disgregante»

Quest’ultimo, sebbene sia stato affrontato solo marginalmente, è senza dubbio il nodo più intricato dell’intera vicenda decisa dalla Cassazione.

Argomento: Diritto bancario
Sezione: Sezioni Unite

(Cass. Civ., SS.UU., 20 aprile 2021, n. 10355)

stralcio a cura di Eleonora Branno

"(…) vanno affermati i seguenti principi: -nell'unione bancaria creata tra gli Stati dell'eurozona, il Meccanismo di vigilanza unico (MVU) di cui al Regolamento (UE) n. 1024/2013 presuppone che il potere decisionale esclusivo in ordine alle acquisizioni di partecipazioni qualificate in banche appartenga alla BCE;  -il coinvolgimento delle autorità nazionali nel procedimento che conduce all'adozione della decisione della BCE non mette in dubbio la qualificazione degli atti delle autorità nazionali centrali (ANC) come atti dell'Unione, perché come affermato dalla Corte di giustizia con la sentenza 19 dicembre 2018 (causa C-219/17)per tutti gli atti, nel quadro normativo e procedimentale previsto dal Meccanismo di vigilanza unico, sono tappa di un procedimento unitario nel quale la BCE esercita, essa sola, il potere decisionale; -trattandosi del potere di un'istituzione dell'Unione, sull'esercizio di esso grava la competenza esclusiva del giudice dell'Unione dal punto di vista del controllo di legittimità di tutti gli atti, pure intermedi o preparatori, e pure in applicazione della legislazione nazionale ove il diritto dell'Unione riconosca differenti opzioni normative agli Stati membri; cosa che esclude ogni competenza giurisdizionale nazionale in controversie relative alla sorte degli atti del medesimo procedimento, anche ove ne sia fatta valere la contrarietà a un giudicato nazionale nel contesto della giurisdizione di ottemperanza. (…)"

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