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Sull´applicabilità della clausola di salvaguardia ai finanziamenti pubblici

Federica Marconi

(Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 26 ottobre 2020, n. 23)

“Occorre precisare, preliminarmente, che la questione deferita all’esame dell’Adunanza Plenaria dalla Sezione nei seguenti termini – “se il limite normativo delle “utilità conseguite”, di cui all’inciso finale contenuto sia nell’art. 92 comma terzo, sia nell’art. 94 secondo comma del D. Lgs. n.159/2011, è da ritenersi applicabile ai soli contratti di appalto pubblico, ovvero anche ai finanziamenti e ai contributi pubblici erogati per finalità di interesse collettivo” – abbisogna di una diversa e più ampia formulazione. Le disposizioni considerate prevedono, in modo sostanzialmente simile, che i soggetti di cui all’art. 83, nel caso di informazione antimafia interdittiva, “revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite”. Stabilire, dunque, se “il limite normativo” delle “utilità conseguite” si riferisca solo ai contratti di appalto di lavori, servizi e forniture, oppure anche ai finanziamenti e contributi pubblici, così come richiede il Giudice del deferimento, presuppone innanzi tutto stabilire se la salvezza “del pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente” si riferisca solo ai predetti contratti o anche ai finanziamenti. Difatti, è la “salvezza” del pagamento il vero “limite” normativo (ovvero l’eccezione agli effetti della revoca e del recesso dai contratti), contribuendo invece il limite delle “utilità conseguite” solo alla definizione del “quantum” di una salvezza già verificata sussistente. [...] Tanto precisato in ordine alla questione sottoposta al presente giudizio, occorre ricordare che, con sentenza 6 aprile 2018 n. 3, questa Adunanza Plenaria ha già avuto modo di affermare, formulando il “principio di diritto”, che il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica in ambito pubblico, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle [continua ..]

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Nota di Federica Marconi

La pronuncia in commento trae origine dalla richiesta di ripetizione di un contributo pubblico concesso ad una azienda per incentivare un’iniziativa imprenditoriale privata. In previsione dell’erogazione del finanziamento, l’ente pubblico richiedeva il rilascio dell’informativa antimafia alla Prefettura competente, che comunicava l’intervenuta informativa positiva nei confronti dell’impresa finanziata solo quando i lavori oggetto di finanziamento erano già stati interamente eseguiti. L’ente provvedeva, pertanto, alla revoca dei contributi erogati, chiedendone la restituzione. L’Adunanza Plenaria, risolvendo il contrasto giurisprudenziale sul tema, definisce l’ambito delle conseguenze di un’interdittiva antimafia c.d. “sopravvenuta” sull’erogazione di finanziamenti pubblici per un’opera compiutamente realizzata. In particolare, oggetto del quesito deferito dalla sezione terza del Consiglio di Stato è la previsione, sostanzialmente simile, degli artt. 92, comma 3, e 94, comma 2 d.lgs. n. 159/2011, secondo cui i soggetti di cui all’art. 83, in caso di eventuale informazione antimafia positiva intervenuta successivamente al pagamento, procedono alla revoca delle autorizzazioni e delle concessioni, ovvero al recesso dai contratti, “fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite”. L’iter argomentativo seguito dalla Plenaria si snoda affrontando due questioni principali: i) verificare se il “limite normativo” delle “utilità conseguite” si applichi ai soli contratti di appalto di lavori, servizi e forniture ovvero anche alle concessioni di finanziamenti e contributi; ii) cosa debba intendersi per utilità conseguita. A tal riguardo, viene preliminarmente precisato che il vero limite normativo – e cioè l’eccezione agli effetti della revoca e del recesso dai contratti – deve considerarsi la “salvezza” del pagamento, poiché il limite delle “utilità conseguite” contribuisce solo alla definizione del quantum di una salvezza già verificata nell’an. In apertura delle proprie argomentazioni, richiamando la sua precedente pronuncia 6 aprile 2018, n. 3, l’Adunanza ribadisce che il provvedimento di [continua ..]

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