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Contestazione a catena: le Sezioni Unite sulla retrodatazione dei termini delle misure custodiali

Claudia Bogatto

(Cass. Pen., SS.UU., 29 luglio 2020, n. 23166)

“1. La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini: “Se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare, ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee, oppure computando l’intera durata della custodia cautelare subita, anche se relativa a fasi non omogenee”. (…) 2.1. Secondo la più risalente tesi maggioritaria, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare (…) andrebbe eseguita frazionando la durata globale della custodia relativa alla prima misura ed imputando alla seconda solo i periodi relativi a fasi omogenee, in tal modo pervenendosi al computo dei termini di fase ed alla conseguente valutazione circa l’avvenuto decorso del termine massimo (…). Le pronunce adesive a tale orientamento sottolineano concordemente che i termini di durata delle misure cautelari si articolano in base ad una ripartizione per fasi procedimentali. Non sarebbe quindi consentito cumulare periodi di custodia cautelare afferenti a fasi disomogenee. Argomentando in tal senso, si sostiene che in caso di contestazioni a catena ai sensi dell’art. 297 c.p.p., comma 3, la retrodatazione dei termini di custodia cautelare della seconda ordinanza andrebbe necessariamente operata sommando al periodo di custodia già subito dall’indagato solo quello sofferto in base alla prima ordinanza nella medesima fase. (…) 2.2. A fronte dell’orientamento maggioritario, le più recenti pronunce di legittimità intervenute in argomento hanno recepito una diversa soluzione. Così, Sez. 6, n. 3058 del 28/12/2016, (…) ha affermato l’opposto principio secondo cui “in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, non deve essere effettuata frazionando la globale durata della custodia cautelare ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee”. In motivazione, la pronuncia in esame ha sottolineato come l’istituto della “retrodatazione” vada letto alla stregua dei [continua ..]

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Nota di Claudia Bogatto

Nella vicenda processuale giunta al vaglio delle Sezioni Unite, il ricorrente era stato raggiunto da due ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse da diverse autorità giudiziarie nell’ambito di procedimenti penali separati, ma aventi ad oggetto fatti connessi dal punto di vista soggettivo e desumibili, entrambi, dagli atti di indagine alla base del provvedimento restrittivo più longevo. Con ordinanza n. 8564/2020, la Quarta Sezione Penale assegnataria del ricorso ne rimetteva la trattazione alle Sezioni Unite, segnalando la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alle modalità applicative dell’istituto di cui all’art. 297, co. 3 c.p.p. e formulando il seguente quesito di diritto: “Se, in ipotesi di pluralità di ordinanze applicative di misure cautelari per fatti connessi, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, di cui all’art. 297 c.p.p., comma 3, deve essere effettuata frazionando la durata globale della custodia cautelare, ed imputandovi solo i periodi relativi a fasi omogenee, oppure computando l’intera durata della custodia cautelare subita, anche se relativa a fasi non omogenee”. Al fine di offrire soluzione alla questione giuridica prospettata, la Corte Suprema passava preliminarmente in rassegna le opzioni ermeneutiche formatesi sul disposto dell’art. 297, co. 3 c.p.p., riconducibili a due orientamenti antitetici. Secondo la più risalente tesi maggioritaria, la retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare comporta il previo frazionamento della durata globale della misura subita per prima, con conseguente imputazione alla seconda dei soli periodi di detenzione relativi a fasi procedimentali omogenee; a sostegno dell’assunto si porrebbe, nello specifico, l’arti­colazione per fasi procedimentali della disciplina dei termini delle misure cautelari, che impedirebbe, in sede di retrodatazione, di cumulare periodi custodiali afferenti a fasi disomogenee. All’opzione ricostruttiva c.d. “a scomputo” si è, più di recente, contrapposto un filone giurisprudenziale che, invece, ritiene che la retrodatazione debba essere operata computando l’intera durata della misura disposta per prima e, quindi, prescindendo dal frazionamento per fasi procedimentali; in particolare, tale soluzione applicativa troverebbe riscontro nella finalità stessa [continua ..]

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