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Responsabilità degli enti: il D.Lgs. n. 231/2001 si applica anche all´ente “straniero” per reato commesso in Italia

Giovanni Sodano

(Cass. Pen., Sez. VI, 7 aprile 2020, n. 11626)

“6.1. (…) Non può non essere rilevato come il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 1, comma 2, nel definire l’ambito applicativo delle disposizioni previste dallo stesso decreto legislativo non preveda alcuna distinzione fra gli enti aventi sede in Italia e quelli aventi sede all’estero. 6.2. D’altro canto, va notato come la responsabilità dell’ente (…) sia una responsabilità, sia pure autonoma, «derivata» dal reato, di tal che la giurisdizione va apprezzata rispetto al reato-presupposto, a nulla rilevando che la colpa in organizzazione e dunque la predisposizione di modelli non adeguati sia avvenuta all’estero. Coerentemente con tale impostazione, l’art. 36 del decreto affida difatti la competenza a conoscere gli illeciti amministrativi al giudice penale competente per i reati dai quali essi dipendono e l’art. 38 dello stesso decreto esprime un chiaro favore verso il simultaneus processus ai fini dell’accertamento del reato-presupposto e dell’illecito amministrativo da esso derivante nell’ambito dello stesso procedimento. 6.3. Conferma l’assunto secondo il quale la giurisdizione va apprezzata con riferimento al reato-presupposto (…) [l’]art. 4, che – nel disciplinare la situazione opposta in cui il reato-presupposto sia stato commesso all’estero nell’interesse o a vantaggio di un ente avente la sede principale in Italia – assoggetta l’ente alla giurisdizione nazionale nei casi e alle condizioni previste dagli artt. 7,8,9 e 10 c.p., purché nei suoi confronti non proceda lo Stato del luogo in cui è stato commesso il fatto (…). 6.4. Condivisibile risulta inoltre il passaggio argomentativo nel quale la Corte (…) ha notato come, ai fini della procedibilità in ordine all’illecito amministrativo, sia del tutto irrilevante la nazionalità (…) dell’ente, non essendovi ragione alcuna per ritenere che le persone giuridiche siano soggette ad una disciplina speciale rispetto a quella vigente per le persone fisiche sì da sfuggire ai principi di obbligatorietà e di territorialità della legge penale codificati all’art. 3 c.p. e art. 6 c.p., comma 1 (…). 6.6. (…) È del tutto irrilevante la circostanza che il centro decisionale dell’ente si trovi all’estero e che la lacuna organizzativa si [continua ..]

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Nota di Giovanni Sodano

La vicenda processuale prende le mosse dalle indagini avviate per il delitto di cui all’art. 319 ter c.p. nei confronti del coadiutore di una procedura fallimentare accusato di aver favorito due società con sede legale all’estero nell’acquisizione di beni dell’azienda fallita a condizioni vantaggiose e con preferenza rispetto ad altri potenziali acquirenti, ricevendo quale corrispettivo della prestazione resa una somma di danaro dai rappresentanti legali degli enti, anch’essi imputati nel medesimo procedimento. Secondo l’ipotesi accusatoria, il reato per il quale si procede sarebbe stato realizzato nell’interesse e a vantaggio delle persone giuridiche suindicate, giustificandone, pertanto, il rinvio a giudizio ai sensi degli artt. 5 e 25 del d.lgs. 231 del 2001. Ricorrono in Cassazione tutti gli imputati, chiedendo la riforma integrale della pronuncia con la quale la Corte d’Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale capitolino che aveva dichiarato ai sensi dell’art. 129, co. 2, c.p.p. il non doversi procedere nei confronti degli imputati per intervenuta prescrizione del reato e, di converso, condannato le persone giuridiche al pagamento di una sanzione pecuniaria di 300 quote, ciascuna dell’importo di 1000 euro. Dichiarata l’inammissibilità delle doglianze formulate dai ricorrenti persone fisiche, la Corte si sofferma sulla disamina delle censure di merito formulate dalle società ricorrenti, fondate essenzialmente sulla presunta insussistenza della giurisdizione italiana, avendo le stesse la rispettiva sede legale al di fuori dei confini nazionali. Preliminarmente, il giudice di legittimità osserva come, nel delimitare l’efficacia spaziale delle disposizioni del decreto, l’art. 4 del d.lgs. 231 subordini, per l’ipotesi di commissione all’estero dei reati imputabili all’ente, l’applicabilità della disciplina in tema di responsabilità delle persone giuridiche ad una duplice condizione, ovvero che l’impresa straniera abbia sul territorio nazionale una sede principale e che il reato presupposto sia sottoposto all’appli­cazione della legge penale italiana ai sensi degli artt. 7 e ss. c.p. La disposizione in esame non fornisce nondimeno indicazioni di sorta circa la diversa ipotesi in cui l’ente abbia sede legale all’estero e il reato per il quale si procede sia stato [continua ..]

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