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Danno da ritardo dell´azione amministrativa

Maddalena Anna Chirico

(Cons. di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755)

“Il tempo dell’azione amministrativa non è un bene in sé, ma la misura di un bene consistente nella soddisfazione dell’interesse ottenibile soltanto mediante il legittimo, tempestivo, esercizio della stessa azione amministrativa. […] […] [L]’espresso riferimento al danno ingiusto – contenuto nell’art. 2-bis della l. n. 241 del 1990, così come nel comma 2 dell’art. 30 c.p.a., secondo cui può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal «mancato esercizio di quella obbligatoria» – induce a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarcitoria in tali fattispecie, come in quelle in cui la lesione nasce da un provvedimento espresso, non possa in alcun caso prescindersi dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante tanto dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile. 6.5. L’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa, pertanto, è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stata adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente ovvero sarebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento [...]. 6.6. In questa prospettiva, deve qui aggiungersi, il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita si presenta come un’applicazione particolare dei principi generali in tema di nesso di causalità materiale e mira a stabilire quale sarebbe stato il corso delle cose se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto e, cioè, se l’amministrazione avesse agito correttamente (v. già Cons. St., VI, 9 giugno 2008, n. 2751 sui criterî per l’accertamento della causalità materiale, sulla base dei principi generali di cui agli artt. 40 e 41 c.p. declinati secondo la regola della c.d. “causalità adeguata” e temperati in base al canone del “più probabile che non” nonché cfr. più di recente, ex plurimis, Cons. St., sez. V, 2 [continua ..]

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Nota di Maddalena Anna Chirico

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello promosso dal legale rappresentante di una società. I motivi indicati dagli appellanti offrono l’occasione per riflettere su alcuni aspetti del procedimento amministrativo. Nel presente commento ci si soffermerà sulle conseguenze derivanti dal ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento. L’appellante riteneva di aver subito un danno riconducibile al ritardo con cui l’ammi­nistrazione aveva emesso il provvedimento finale, senza, per altro, aver motivato tale dilazione. Ciononostante, il Collegio ha ritenuto il motivo privo di fondamento. La norma a cui si deve fare riferimento è l’art. 2-bis della l. 241/90, rubricato “conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del provvedimento”. L’obbligo ricade sulle amministrazioni pubbliche e sui soggetti equiparati. Ad essere ritenuto risarcibile è il “danno ingiusto”, causato dall’inosservanza dolosa o almeno colposa del termine di conclusione del procedimento. Il riferimento al dolo è stato interpretato come un’espansione della responsabilità dell’ente nella quale dovrebbero essere inclusi anche tutti quei comportamenti che siano conseguenza di un deficit di organizzazione e di vigilanza. Il ritardo può essere seguito dall’emanazione di un provvedimento favorevole al destinatario che ammetta il bene della vita richiesto o dal mancato conseguimento del bene della vita (inerzia o provvedimento sfavorevole). Nel primo caso, è pacificamente riconosciuta la risarcibilità del danno, purché vi siano i presupposti indicati dalla norma. La seconda evenienza, invece, presenta degli aspetti problematici (ingiustizia del danno e individuazione del bene tutelato). L’interrogativo che ci si deve porre riguarda la sussistenza di un danno ingiusto nel caso in cui la p.a. emani, in ritardo, un provvedimento sfavorevole all’interessato o non emani alcun atto. La giurisprudenza maggioritaria ha, inizialmente, escluso la risarcibilità, adducendo come argomento la mancata spettanza del bene della vita sotteso all’interesse legittimo. Il legislatore è intervenuto sull’art. 2-bis, aggiungendo, con il d.l. 69/2013 (convertito dalla L. 98 del 9 agosto 2013), il comma 1-bis, grazie al quale sembra [continua ..]

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