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Danno da ritardo dell´azione amministrativa
Maddalena Anna Chirico
(Cons. di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755)
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Nota di Maddalena Anna Chirico
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’appello promosso dal legale rappresentante di una società. I motivi indicati dagli appellanti offrono l’occasione per riflettere su alcuni aspetti del procedimento amministrativo. Nel presente commento ci si soffermerà sulle conseguenze derivanti dal ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento. L’appellante riteneva di aver subito un danno riconducibile al ritardo con cui l’amministrazione aveva emesso il provvedimento finale, senza, per altro, aver motivato tale dilazione. Ciononostante, il Collegio ha ritenuto il motivo privo di fondamento. La norma a cui si deve fare riferimento è l’art. 2-bis della l. 241/90, rubricato “conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del provvedimento”. L’obbligo ricade sulle amministrazioni pubbliche e sui soggetti equiparati. Ad essere ritenuto risarcibile è il “danno ingiusto”, causato dall’inosservanza dolosa o almeno colposa del termine di conclusione del procedimento. Il riferimento al dolo è stato interpretato come un’espansione della responsabilità dell’ente nella quale dovrebbero essere inclusi anche tutti quei comportamenti che siano conseguenza di un deficit di organizzazione e di vigilanza. Il ritardo può essere seguito dall’emanazione di un provvedimento favorevole al destinatario che ammetta il bene della vita richiesto o dal mancato conseguimento del bene della vita (inerzia o provvedimento sfavorevole). Nel primo caso, è pacificamente riconosciuta la risarcibilità del danno, purché vi siano i presupposti indicati dalla norma. La seconda evenienza, invece, presenta degli aspetti problematici (ingiustizia del danno e individuazione del bene tutelato). L’interrogativo che ci si deve porre riguarda la sussistenza di un danno ingiusto nel caso in cui la p.a. emani, in ritardo, un provvedimento sfavorevole all’interessato o non emani alcun atto. La giurisprudenza maggioritaria ha, inizialmente, escluso la risarcibilità, adducendo come argomento la mancata spettanza del bene della vita sotteso all’interesse legittimo. Il legislatore è intervenuto sull’art. 2-bis, aggiungendo, con il d.l. 69/2013 (convertito dalla L. 98 del 9 agosto 2013), il comma 1-bis, grazie al quale sembra [continua ..]