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Il discrimen tra ingiuria e diffamazione rispetto alla “presenza” virtuale della persona offesa

Giulia Nespolo 

 

La questione prospettata dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione V Penale, 20 luglio 2022, n. 28675, richiede l’analisi del reato di ingiuria disciplinato dall’abrogato art. 594 c. p. e di quello di diffamazione previsto dall’art. 595 c. p.

Ai fini di una corretta analisi della sentenza in commento, appare opportuno procedere ad una breve disamina sulla vicenda in esame. In particolare, l’imputata aveva inviato plurimi messaggi scritti e audio in una chat di gruppo whatsapp a cui partecipavano la persona offesa, la stessa imputata ed altre ragazze, dal contenuto pesantemente offensivo nei confronti della vittima.

Orbene, chiariti i termini della vicenda, ai fini di un corretto inquadramento giuridico del caso di specie sul quale si fonda la sentenza in esame, appare opportuno eseguire un’attenta disamina in ordine alle possibili fattispecie criminose integrate dall’imputata con la propria condotta. In particolare, occorre analizzare il reato di ingiuria ex art. 594 c. p., fatto depenalizzato. Il reato di ingiuria si sostanzia nella condotta di offendere l’onore e il decoro alla presenza dell’offeso. A tal proposito, il bene giuridico tutelato dal reato consiste nell’interesse a prestare tutela all’onore e al decoro, i quali si riferiscono entrambi al valore o alla dignità della persona. Per quanto concerne l’elemento oggettivo del reato, è rappresentato dalla condotta di offendere l’onore o il decoro di una persona presente. Il reato è aggravato se l’offesa è commessa dinanzi a più persone. Tuttavia, l’art. 594 c. p. che prevedeva il reato di ingiuria è stato abrogato ad opera del D. Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7. Ne consegue la depenalizzazione del reato in esame. Lo stesso decreto legislativo ha fatto divenire l’ingiuria un illecito civile. L’art. 4 del D. Lgs. n. 7/2016 ha disposto che soggiace alla sanzione pecuniaria civile chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente. L’ingiuria è più grave se l’offesa è commessa in presenza di più persone. Peraltro, l’ingiuria, essendo un illecito civile, è di competenza del giudice civile, dunque, si applicano le regole del processo civile. Per quanto attiene all’elemento soggettivo del reato, è richiesto il dolo, ossia la coscienza e la volontà di offendere l’onore o il decoro di una persona presente. Ciò posto, chiariti i termini in merito ai profili normativi del reato di ingiuria, ai fini di una completa analisi della sentenza in commento, appare opportuno esaminare le peculiarità del reato di diffamazione. Il reato di diffamazione si sostanzia nella condotta di offendere l’altrui reputazione, comunicando con più persone, in assenza del soggetto passivo. A tal proposito, il bene giuridico tutelato dal reato consiste nell’interesse a prestare tutela alla reputazione altrui. Quest’ultima, risulta meritevole di protezione costituzionale, atteso che la reputazione rientra nel novero dei diritti inviolabili dell’uomo ex art. 2 Cost. Per quanto concerne l’elemento oggettivo del reato, esso è costituito dalla condotta dell’offesa della reputazione di una persona assente in comunicazione con più persone. Per quanto attiene all’elemento soggettivo del reato, è richiesto il dolo generico, ossia la coscienza e la volontà di offendere l’altrui reputazione, comunicando con più persone, in assenza del soggetto passivo. Ciò posto, è necessario procedere alla risoluzione della questione sottesa alla vicenda sottoposta al vaglio della sentenza in esame. Occorre valutare se l’invio di plurimi messaggi scritti e vocali all’interno di una chat di gruppo whatsapp, alla quale partecipino la persona offesa ed altre persone, prendendo in considerazione la nozione di “presenza” virtuale, integri il reato di ingiuria ex art. 594 c. p., fatto depenalizzato, ovvero il delitto di diffamazione ex art. 595 c. p. Sul punto, si è ritenuto che al fine di affrontare la questione esaminata dalla Suprema Corte, appare opportuno rammentare quanto ravvisato dalla stessa sezione di codesta Corte nella sentenza n. 13252 del 04.03.2021, la quale si era già interrogata sulla natura ingiuriosa o diffamatoria dell’invio di e- mail a più destinatari tra i quali anche l’offeso. La Corte ha operato una schematizzazione delle situazioni concrete in relazione ai vari strumenti di comunicazione che possono dare luogo all’addebito di ingiuria ex art. 594 c. p., ovvero a quello ex art. 595 c. p. Difatti, il precedente giurisprudenziale pocanzi evocato, ha sostenuto che: l’offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone; l’offesa diretta a una persona “distante” costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; se la comunicazione “a distanza” è indirizzata ad altre persone oltre all’offeso, si configura il reato di diffamazione; l’offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione (Cons. in dir. 1.1., Cass. pen., Sez. V., sent. n. 28675/2022). Inoltre, la pronunzia in commento, ha approfondito il concetto di “presenza” virtuale in ordine ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che “Accanto alla presenza fisica, in unità di tempo e di luogo, di offeso, autore del fatto e spettatori, vi siano, poi, situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con l’ausilio di moderni sistemi tecnologici (call conference, audioconferenza o videoconferenza), in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni offensive. Occorrerà, dunque, valutare caso per caso: se l’offesa viene profferita nel corso di una riunione “a distanza” (o “da remoto”), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l’offeso, ricorrerà l’ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato). Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all’offeso e ad altre persone non contestualmente “presenti” ( in accezione estesa alla presenza “virtuale” o “da remoto”), ricorreranno i presupposti della diffamazione” (Cons. in dir. 1.1., Cass. pen., Sez. V., sent. n. 28675/2022). Alla luce di tale passaggio fondamentale della decisione in commento, che consente l’invio contestuale di messaggi a più persone, queste ultime, possono riceverli immediatamente o in tempi differiti, in relazione all’efficienza del collegamento ad internet del terminale su cui l’applicazione viene da loro utilizzata. Di conseguenza, i destinatari possono leggere i messaggi in tempo reale, nell’ipotesi in cui stiano consultando in quel momento proprio quella specifica chat, ovvero possono leggerli a distanza di tempo nel caso in cui non siano on line in quel momento o, sebbene siano collegati a whatsapp, siano impegnati in un’altra conversazione virtuale e non consultino immediatamente la conversazione nell’ambito della quale il messaggio è stato inviato. Difatti, nella prima ipotesi, sarà integrata la fattispecie criminosa dell’ingiuria aggravata dalla presenza di più persone quanti sono i membri della chat, poiché la persona offesa dovrà ritenersi virtualmente presente. Invece, nel secondo caso, si tratterà di diffamazione, atteso che la vittima dovrà considerarsi assente. Dunque, alla luce delle enunciazioni giurisprudenziali e delle superiori argomentazioni si deve concludere che l’imputata, con la propria condotta, non abbia integrato il reato di ingiuria ex art. 594 c. p. depenalizzato dal D. Lgs. n. 7/2016, ma che abbia integrato il reato di diffamazione ex art. 595 c. p. Sulla base dell’attenta disamina della sentenza della Corte di Cassazione, Sezione V Penale, 20 luglio 2022, n. 28675, si è compreso cosa intenda e quale rilevanza attribuisca la giurisprudenza di legittimità alla “presenza” virtuale della persona offesa. In tal senso, è apparso evidente che alla presenza fisica sia sostanzialmente equiparabile anche quella virtuale, laddove si utilizzino moderni strumenti tecnologici, quale la messaggistica istantanea. Detto ciò, è condivisibile la soluzione a cui è addivenuta la Suprema Corte, ponendo quale elemento distintivo quello della presenza o dell’assenza della vittima, estendibile anche alla “presenza” virtuale.

Argomento: Delitti contro la persona
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. V, 20 luglio 2022, n. 28675)

Stralcio a cura di Lorenzo Litterio

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“1. La sentenza impugnata è stata emessa il 7 giugno 2021 dalla Corte di appello di (…), che (…) ha ribaltato la decisione del Tribunale di (…) che aveva assolto (…) dal reato di diffamazione ai danni di (…) perché il fatto non sussiste. Il fatto consiste nell'invio, (…), di plurimi messaggi scritti e audio in una chat di whatsapp a cui partecipavano (…) ed altre giovani ragazze, dal contenuto pesantemente offensivo nei confronti della (…).2. (…). L'unico motivo di ricorso lamenta i vizi di cui all'art. 606, comma 1, lett. d) e e), cod. proc. pen. Dalla lettura della chat si evincerebbe che la persona offesa aveva immediatamente replicato alle offese pronunziate nei suoi confronti, il che significa che ella era presente e che, quindi, non di diffamazione si trattò, ma di ingiuria (…).Il ricorso è infondato (…).1.1. (…), appare preziosa la sentenza di questa sezione n. 13252 del 04/03/2021 (…). Sostiene il precedente evocato che: - l'offesa diretta a una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone; - l'offesa diretta a una persona "distante" costituisce ingiuria solo quando la comunicazione offensiva avviene, esclusivamente, tra autore e destinatario; - se la comunicazione "a distanza" è indirizzata ad altre persone oltre all'offeso, si configura il reato di diffamazione; - l'offesa riguardante un assente comunicata ad almeno due persone (presenti o distanti), integra sempre la diffamazione. La decisione in discorso ha, poi, approfondito il concetto di "presenza" rispetto ai moderni sistemi di comunicazione, ritenendo che, accanto alla presenza fisica, (…), vi siano, poi, situazioni ad essa sostanzialmente equiparabili, realizzate con l'ausilio dei moderni sistemi tecnologici (cali conference, audioconferenza o videoconferenza), in cui si può ravvisare una presenza virtuale del destinatario delle affermazioni offensive. Occorrerà, dunque, valutare caso per caso: se l'offesa viene profferita nel corso di una riunione "a distanza" (o "da remoto"), tra più persone contestualmente collegate, alla quale partecipa anche l'offeso, ricorrerà l'ipotesi della ingiuria commessa alla presenza di più persone (fatto depenalizzato) (…). Di contro, laddove vengano in rilievo comunicazioni (scritte o vocali), indirizzate all'offeso e ad altre persone non [continua ..]

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