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Esercizio arbitrario delle proprie ragioni: incompatibile la scriminante dell´esercizio di un diritto
Marina Albisinni
(Cass. Pen., Sez. VI, 17 febbraio 2020, n. 6226)
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Nota di Marina Albisinni
La Suprema Corte di Cassazione ha affrontato la questione giuridica concernente l’operatività dell’autoreintegrazione nel possesso, quale causa speciale di giustificazione, con riguardo al reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all’art. 392 c.p. La vicenda da cui prende avvio la questione sottoposta all’attenzione dei giudici di legittimità si concentra sulla condotta di N.M., il quale è stato condannato per aver danneggiato un muro edificato su un’area di proprietà di C.B., al fine di esercitare un preteso diritto di passaggio, per poter accedere ad una stradella pedonale, che da molto tempo gli permetteva di raggiungere più agevolmente la sua abitazione. A fronte di ciò, il giudice di prime cure decideva di assolvere N.M. dal reato di cui all’art. 392 c.p. perché il fatto non costituisce reato, in quanto ritenuto posto in essere nell’esercizio del diritto. Di diverso avviso, la Corte di Appello riformava la sentenza di primo grado, disponendo la condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile. In particolare, la sentenza impugnata evidenziava taluni rilevanti aspetti fattuali, quali ad esempio: la possibilità per l’imputato di raggiungere ugualmente la sua abitazione nonostante la presenza del muro; la circostanza per cui l’imputato, resosi conto dello svolgimento di lavori manutentivi sul muro di cinta, avrebbe potuto prontamente rivolgersi alla proprietaria del fondo, al fine di trovare un accordo ovvero, in caso contrario, esperire gli strumenti previsti dall’ordinamento al fine ottenere giustizia. Orbene, la difesa di N.M. decideva di impugnare la sentenza, con ricorso per Cassazione, sulla base di plurime violazioni di legge e altrettanti vizi di motivazione, in relazione all’accertamento degli elementi costitutivi della responsabilità penale; in particolare, rilevava come l’azione realizzata nell’immediatezza dall’imputato, consistente nell’aver demolito una parte del muro di cinta, si sarebbe resa necessaria al fine di impedire la perdita del possesso, a fronte dell’atto di spoglio posto in essere ai suoi danni. La Suprema Corte, nel valutare il ricorso proposto dalla difesa di N.M., ha condiviso le motivazioni per cui i giudici di appello hanno provveduto a riformare la pronuncia di primo grado, ponendo in luce il principio secondo cui “in [continua ..]