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Fratelli minori Contrada: la pronuncia Cedu non si estende a questi poiché non si tratta di sentenza “pilota”
Lorenzo Frabboni
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Nota di Lorenzo Frabboni
Le Sezioni Unite, con la pronuncia annotata, hanno enunciato il seguente principio di diritto: “I principi affermati dalla sentenza della Corte EDU del 14 aprile 2015, Contrada c. Italia, non si estendono nei confronti di coloro che, estranei a quel giudizio, si trovino nella medesima posizione quanto alla prevedibilità della condanna per il reato di concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, in quanto la sentenza non è una sentenza pilota e non può considerarsi espressione di una giurisprudenza europea consolidata”. Il richiamato arresto della Corte EDU riguarda la vicenda di Contrada, nella quale è stata riconosciuta l’incompatibilità con il principio di legalità convenzionale – sub specie di chiarezza e prevedibilità del precetto penale all’epoca dei fatti – della condanna definitiva a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa. Tale fattispecie di reato è stata ritenuta di origine pretoria e i suoi presupposti di configurabilità definiti con adeguata precisione solamente con la pronuncia Demitry del 1994, successiva alla cessazione della condotta. Il ricorrente avrebbe dunque agito in un arco temporale caratterizzato da incertezza circa l’integrabilità del delitto, con conseguente non conformità della condanna alla garanzia ex art. 7 CEDU. La nozione di legge in tale norma comprende anche il formante giurisprudenziale, in relazione al quale si postula la prevedibilità per l’agente delle conseguenze penali della sua condotta, quale logico e ragionevole sviluppo delle pronunce precedenti. In definitiva, l’intervenuto impiego della regola iuris formulata nella sentenza Demitry avrebbe determinato un’inaccettabile applicazione retroattiva di un overruling sfavorevole. I Giudici italiani, nell’ottica di conformazione ex art. 46 CEDU, hanno poi individuato nell’incidente di esecuzione il rimedio interno volto a impedire l’ulteriore esecuzione della sentenza nazionale censurata, non imponendosi la riattivazione delle garanzie processuali attraverso lo strumento della revisione europea, come nel caso di error in procedendo. Il quesito rimesso al vaglio del Supremo Collegio atteneva all’estensibilità dei principi enunciati nella sentenza della Corte EDU ai soggetti che – estranei a quel giudizio – siano stati condannati per il medesimo [continua ..]