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Il concetto di “partecipazione” nel reato di violenza sessuale di gruppo
Adriana Arcari
(Cass. Pen., Sez. III, 21 ottobre 2020, n. 29096)
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Nota di Adriana Arcari
La pronuncia trae le sue origini dalla decisione del Tribunale per i minorenni che rigettava l’istanza di riesame proposta nell’interesse dell’indagato avverso l’ordinanza con la quale gli era stata applicata la misura cautelare della custodia in un istituto penitenziario minorile per i reati di sequestro di persona e di violenza sessuale di gruppo. Avverso tale decisione, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine a tali fattispecie delittuose. Il Tribunale aveva riconosciuto rilievo indiziario alle dichiarazioni rese dai correi, infraquattordicenni e, dunque, non imputabili. Secondo la difesa, tali dichiarazioni sarebbero inutilizzabili perché assunte in violazione degli artt. 350, 63 e 64 c.p.p. e senza l’osservanza del disposto ex art. 351 – ter c.p.p. che impone la presenza, durante l’esame, di un esperto di psicologia a tutela del minore. Le risultanze istruttorie, a dire del ricorrente, dimostravano solo “una presenza inerte” dello stesso sul luogo della violenza sessuale di gruppo, integrando, pertanto, l’ipotesi di una connivenza non punibile. Inoltre, la persona offesa aveva raccontato che tale violenza sarebbe stata filmata, ma sui cellulari dei quattro partecipanti non era stato rinvenuto alcun video. Con il secondo motivo di doglianza, il ricorrente deduceva che la motivazione dell’ordinanza, riguardo la sussistenza delle esigenze cautelative, si risolveva nel mero riferimento alla gravità del reato, mediante l’impiego di clausole di stile, senza aver dato rilievo alla personalità dell’indagato. Gli Ermellini hanno giudicato inammissibile il ricorso. Secondo la Corte, l’ordinanza impugnata ha correttamente ravvisato gli estremi del reato di violenza sessuale di gruppo. Ricostruendo la tipicità del delitto in oggetto, la sentenza in esame ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la condotta incriminata dall’art. 609 octies c.p. (“partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale”) non richiede che tutti i compartecipi compiano atti di violenza sessuale, e cioè che ciascun partecipe ponga in essere, in tutto o in parte, la condotta descritta nell’art. 609-bis c.p. Secondo l’interpretazione più aderente alle finalità perseguite dal [continua ..]