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Illecita concorrenza con minaccia o violenza: le Sezioni Unite chiariscono il concetto di “atti di concorrenza”
Leonardo Pinto
(Cass. Pen., SS.UU., 28 aprile 2020, n. 13178)
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Nota di Leonardo Pinto
Con la sentenza in commento, le Sezioni Unite della Cassazione si sono pronunciate sulla questione rimessa loro dalla Sez. III Pen., volta ad accertare se, ai fini della configurabilità del reato di illecita concorrenza con minaccia o violenza, sia necessario il compimento di condotte illecite tipicamente concorrenziali o se, invece, sia sufficiente anche il solo compimento di atti di violenza o minaccia idonei a contrastare od ostacolare l’altrui libertà di concorrenza. In ordine all’esatta individuazione dell’ambito di operatività del reato di illecita concorrenza di cui all’art. 513-bis c.p. e, in particolare, in merito alla interpretazione della nozione di “atti di concorrenza” che costituisce l’asse attorno al quale ruota l’intera fattispecie incriminatrice, si registrano tre diversi orientamenti giurisprudenziali. Secondo un primo indirizzo interpretativo il dato testuale della fattispecie prevista dall’art. 513-bis c.p. ricomprenderebbe solo i comportamenti competitivi tipici che si prestino ad essere realizzati con mezzi vessatori, ossia con violenza o minaccia nei confronti di altri soggetti economici tendenzialmente operanti nello stesso settore. La norma incriminatrice sarebbe dunque inapplicabile agli atti di violenza o minaccia non sostanziatisi in condotte illecite tipicamente concorrenziali anche quando la finalità perseguita dall’agente si identifichi con la limitazione della libertà di concorrenza. Tale orientamento, tuttavia, si fonda su una interpretazione letterale eccessivamente restrittiva del dato normativo, che incide negativamente sulla potenzialità applicativa del precetto. Un secondo orientamento, invece, offre un’interpretazione più ampia della disposizione ex art. 513-bis c.p. non limitata alle indicazioni desumibili dalle pertinenti disposizioni del codice civile, come se la condotta si incentrasse sulla violenza o minaccia posta in essere con il dolo specifico di inibire la concorrenza. Tale opzione ermeneutica mira a tutelare nella sua massima potenzialità espansiva il contenuto del bene protetto: ciò che rileva è la realizzazione di una serie di attività violente e minacciose che, in virtù delle loro caratteristiche di fatto, configurano una concorrenza illecita e tendono a controllare le attività commerciali oppure a condizionarne il libero esercizio. Il vulnus [continua ..]