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Sull´interruzione del termine di prescrizione decennale ex art. 114 c.p.a.

Anna De Vito

(Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 4 dicembre 2020, n. 24)

“[L’] art. 114, comma 1, ha introdotto la [..] regola per la quale in ogni caso è ‘interrompibile’ il termine di prescrizione decennale, quando si agisce con l’actio iudicati: non rileva sotto tale profilo la posizione soggettiva di cui si chieda tutela al giudice dell’ottemperanza. Da tale comma, si desume chiaramente la determinazione del legislatore di qualificare come termine di prescrizione e non di decadenza quello entro il quale è proponibile il ricorso d’ottemperanza […]. Con riferimento ai diritti, tale determinazione risultava del resto costituzionalmente obbligata, poiché – per il principio di uguaglianza e per i principi fondanti la giustizia amministrativa (artt. 3, 103 e 113 Cost.) – di certo non si sarebbe potuto introdurre per essi un termine decennale di ‘decadenza’, tale da rendere del tutto incoerente la disciplina processuale sull’actio iudicati con quella sostanziale prevista dall’art. 2953 del codice civile (che consente di interrompere la prescrizione anche quando si tratti di un diritto che abbia dato luogo ad un giudicato favorevole). Una specifica ed autonoma portata applicativa dell’art. 114, comma 1, ha allora riguardato proprio l’actio iudicati riguardanti i giudicati aventi per oggetto posizioni di interesse legittimo, nel senso che il legislatore ha espressamente ammesso, in ogni caso, che il termine decennale, proprio perché è di prescrizione e non di decadenza, possa essere interrotto anche con idonei atti stragiudiziali, senza la necessità che entro il termine decennale sia notificato il ricorso d’ottemperanza. 6.4. La scelta del legislatore è stata dunque quella di disporre regole unitarie per l’actio iudicati, quanto al tempo della proposizione del ricorso d’ottemperanza, con riferimento sia ai diritti che agli interessi: ubi lex non distinguit, nec nos distinguere debemus. Ad avviso della Adunanza Plenaria, tale scelta risulta pienamente coerente con il principio di effettività della tutela e con la giurisprudenza costituzionale, poiché: l’art. 1 del codice del processo amministrativo dispone che ‘la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo’, senza distinguere i diritti dagli interessi, aventi pari dignità ai sensi degli [continua ..]

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Nota di Anna De Vito

Con ordinanza 25 giugno 2020, n. 466 il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana rimetteva all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato una serie di quesiti relativi alla possibile interruzione del termine per l’esercizio dell’actio iudicati, dibattuta in giurisprudenza soprattutto prima dell’entrata in vigore del Codice. Trattasi di un arresto che consente di riflettere sì sulla natura del ricorso di ottemperanza ma, più in generale, anche sulla tutela di diritti e interessi legittimi nonché sul ruolo del giudice amministrativo nel sistema di giustizia amministrativa. In origine il giudizio d’ottemperanza era preposto all’esecuzione del giudicato civile a garanzia della tutela dei diritti e proponibile entro il termine di trent’anni suscettibile di interruzione. Il Consiglio di Stato ha previsto, solo di seguito, che tale istituto potesse essere ammesso in ipotesi di mancata esecuzione delle decisioni della Giustizia Amministrativa. Il Codice del 1942 ha apportato significative modifiche all’istituto della prescrizione, incidendo, in primo luogo, sulla disciplina dell’actio iudicati prevista dall’art. 2953 c.c. ed in secondo luogo sulla possibilità di interrompere tale prescrizione (art. 2943 c.c.). La Plenaria si è soffermata sulla circostanza che “mentre l’art. 90 del r.d. n. 642 del 1907 e l’art. 2135 c.c. del 1865 si sono riferiti all’’azione’ e alle ‘azioni’ e dunque a nozioni ‘processuali’– l’art. 2953 c.c. del 1942 si è invece riferito a ‘diritti’ e dunque ad una nozione ‘sostanziale’, facendo sorgere la perdurante discussione se l’istituto della prescrizione riguardi il diritto o l’azione”. Il Collegio ha statuito che, sebbene non siano mai sorti dubbi in merito alla applicabilità degli artt. 2953 e 2943 co. quarto c.c. sulla proponibilità dei ricorsi d’ottemperanza nel caso di mancata esecuzione dei giudicati civili o di mancata esecuzione dei giudicati amministrativi riguardanti posizioni di diritti, “quanto ai giudicati amministrativi di annullamento di atti lesivi di interessi legittimi, si è posta effettivamente la questione se l’actio iudicati fosse proponibile improrogabilmente entro il termine di dieci anni[…]o anche dopo la scadenza di tale termine, [continua ..]

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