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La malafede contrattuale necessaria ai fini della configurabilità del delitto di frode nelle pubbliche forniture

Giovanni De Bernardo

(Cass. Pen., Sez. VI, 22 ottobre 2020, n. 29374)

“2. La questione attiene al se il mero inadempimento parziale doloso del programma obbligatorio sia sufficiente a configurare il reato per cui si procede. Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (…) ai fini della configurabilità del delitto di frode in pubbliche forniture è sufficiente il dolo generico, costituito dalla consapevolezza di consegnare cose in tutto od in parte difformi (per origine, provenienza, qualità o quantità) in modo significativo dalle caratteristiche convenute, o disposte con legge o con atto amministrativo, non occorrendo necessariamente la dazione di “aliud pro alio” in senso civilistico o un comportamento subdolo o artificioso. (…). Si afferma, pertanto, che l’espressione “commette frode”, contenuta nell’art. 356 c.p., non allude necessariamente a un comportamento subdolo o artificioso, ma si riferisce “ad ogni violazione contrattuale”, a prescindere dal proposito dell’autore di conseguire un indebito profitto o dal danno patrimoniale che possa derivare all’ente committente. (…) A tale indirizzo si contrappone altro orientamento di legittimità che pare maggiormente conforme al dato testuale della fattispecie incriminatrice, nonché, sul piano sistematico, alla esatta definizione dei rapporti strutturali tra il reato previsto dall’art. 356 c.p. e quello di inadempimento di contratti di pubbliche forniture previsto dall’art. 355 c.p. Quanto al profilo testuale, si è spiegato come, ai fini della configurabilità del delitto in esame, sia necessario un “quid pluris” rispetto al semplice inadempimento del contratto, che va individuato nella malafede contrattuale, intesa questa però come espediente malizioso o inganno, tali da far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti (…). Si è chiarito in maniera condivisibile come, sul piano testuale, la norma incrimini il “commettere frode” ed a tal fine assuma decisiva valenza la creazione di una situazione di “apparenza ingannatoria” ai danni della pubblica amministrazione, frutto di una condotta difforme dal principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.), che impone alle parti di adempiere scrupolosamente i rispettivi obblighi. La sentenza “Cento”, in precedenza richiamata, individua [continua ..]

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Nota di Giovanni De Bernardo

Con la sentenza in epigrafe, la Suprema Corte di Cassazione – Sezione VI – interviene, cogliendo l’occasione, per porre chiarezza in merito alla configurabilità del reato p. e p. dall’art. 356 del codice penale. Specificamente, gli Ermellini si interrogano sul significato della espressione “commette frode” contenuta nel delitto di frode nelle pubbliche forniture. La vicenda trae origine dal ricorso per Cassazione promosso dagli imputati, avverso la sentenza della Corte di appello, che aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di S.E. in relazione al reato previsto dall’art. 356 c.p., perché estinto per prescrizione, ma aveva confermato la sentenza impugnata quanto alle statuizioni civili. Il Tribunale in primo grado, condannava S., nella qualità di amministratore di una società, appaltatrice dei lavori di realizzazione di un palazzetto dello Sport, per il delitto citato, reo di aver fatto uso di materiali diversi da quelli promessi per la costruzione del tetto dell’immobile. Punto dirimente è senz’altro la valutazione del discrimen tra mero inadempimento doloso e malafede contrattuale. Partendo però dalle premesse, è opportuno specificare che il delitto di frode nelle pubbliche forniture punisce chi “commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell’adempimento degli altri obblighi contrattuali”. Si tratta di un reato proprio, dato che può essere commesso solamente da chi sia vincolato contrattualmente con lo Stato, con un ente pubblico o con un’impresa esercente un servizio di pubblica necessità, e quindi dal fornitore, dal subfornitore, dal mediatore e dal rappresentante, la cui tipizzazione è posta a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione e, più nello specifico, del regolare funzionamento dei servizi pubblici e dei pubblici stabilimenti. Condizione necessaria per analizzare compiutamente la fattispecie di cui all’art. 356 c.p. è approfondire gli elementi costituivi anche dell’articolo che precede, rubricato “inadempimento di contratti di pubbliche forniture”. Ivi viene punito “chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un’impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in [continua ..]

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