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La mancanza di criteri previamente stabiliti non determina l´illegittimità della nomina della commissione di gara

Alessandra Scaffidi

(Cons. di Stato, sez. III, 4 novembre 2020, n. 6818)

“[...] [I]l primo giudice rigettava il ricorso essenzialmente richiamando la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che ha osservato che la mancanza di criteri previamente stabiliti “non determina mai, ex se, l’illegittimità della nomina della commissione perché “occorre dimostrare che, in concreto, siano totalmente mancate le condizioni di trasparenza e competenza (Cons. di Stato, sez. II, n. 4865/2019) e comunque la contestazione sul punto deve essere esaminata non in maniera meccanica e formalistica, ma sulla base di una valutazione finalistica della ratio ad essa sottesa; pertanto, ove i principi di competenza e trasparenza non siano in concreto vulnerati, l’eventuale omessa predeterminazione delle ridette regole costituisce un’inosservanza meramente formale, inidonea a ridondare in vizio di legittimità della nomina” [...]. […] […] [L’] appellata ha evidenziato la ripetibilità dell’appalto, ribadendo che il combinato disposto degli artt. 77 e 78, Codice Appalti – nella lettura sistematica con l’art. 1 comma 1 dello “Sblocca Cantieri” – non contiene un obbligo di previa determinazione di un vero e proprio “regolamento”, ovvero di predeterminazione dei criteri di nomina dei commissari né nel caso in cui i Commissari siano esterni né quando i commissari siano dipendenti interni della Stazione Appaltante [...]. [...] – quanto alle nomine in assenza di albo non vi è motivo di distanziarsi dal­l’orientamento già seguito dalla Sezione […]; in particolare dovendosi richiamare quanto disposto dal comma 12 dell’art. 216, d.lgs. 50/2016, che stabilisce, per l’appunto, che “Fino alla adozione della disciplina in materia di iscrizione all’Albo di cui all’articolo 78, la commissione giudicatrice continua ad essere nominata dall’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante”; – inoltre – come evidenziato dall’Amministrazione appellata – questa Sez. III (con la sentenza richiamata n. 4865/2019) ha chiarito che l’assenza di criteri approvati a “monte” delle procedure da parte della stazione appaltante non determina ex se [continua ..]

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Nota di Alessandra Scaffidi

Secondo quanto disciplinato dal Decreto Legislativo n. 50 del 18 aprile 2016, c.d. Codice dei contratti pubblici, la stipula del contratto pubblico è il risultato di molteplici operazioni che insieme considerate costituiscono la c.d. procedura ad evidenza pubblica. Tale procedimento amministrativo prevede il compimento di atti di diritto pubblico che hanno ad oggetto non solo la valutazione dell’interesse pubblico a contrarre, comunemente inteso come determinazione a contrarre, ma anche la scelta della controparte contrattuale che proponga la migliore offerta. Durante lo svolgimento della procedura, gli interessi della P.A. tendenti alla scelta dell’offerta più conveniente, in termini di serietà, affidabilità e non eccessiva onerosità, sono tutelati dai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, quale, ad esempio, il principio di trasparenza volto a dimostrare il corretto svolgimento degli atti endoprocedimentali. Il rispetto di tali principi, che può tradursi nella redazione di criteri diretti all’espletamento delle procedure non solo rende possibile l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti, tesa a valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte, ma garantisce, altresì, la possibilità di una concorrenza effettiva. Pronunciandosi in materia, il Consiglio di Stato si è espresso sulla discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione che governa proprio la fase valutativa delle procedure di gara. La fase di valutazione delle offerte, difatti, così come la successiva fase di attribuzione dei punteggi, prodromica alla proposta di aggiudicazione, si svolge sulla base dei criteri scelti discrezionalmente dalla P.A. Considerata la discrezionalità tecnica con cui la P.A. può legittimamente agire in tale fase, non si ritiene possibile il ricorso al sindacato sostitutorio del giudice amministrativo, a meno che non si tratti dei limitati casi di giurisdizione con cognizione estesa al merito ex art. 134 c.p.a. Difatti, con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato ha affermato che «la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciutale; per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma devono ritenersi [continua ..]

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