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Protezione del diritto alla vita dei detenuti: sullo Stato non può incombere un onere insostenibile o eccessivo
Agostino Sabatino
(Corte EDU, Sez. I, 19 marzo 2020, ricorso n. 41603/13, Fabris e Parziale c. Italia) Traduzione a cura del Ministero della Giustizia
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Nota di Agostino Sabatino
La vicenda di riferimento trae origine dal ricorso (n. 41603/13) presentato contro lo Stato italiano da due ricorrenti cittadini italiani, i quali hanno adito la Corte di Strasburgo ai sensi dell’art. 34 Cedu, sostenendo che le autorità fossero venute meno ai loro obblighi, da un lato, non proteggendo adeguatamente il diritto alla vita del loro parente deceduto in carcere e, dall’altro, non conducendo un’effettiva indagine al riguardo, in piena violazione dell’art. 2 Cedu, secondo cui «il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge». La Corte europea, chiamata a decidere sul ricorso, si è espressa sul rispetto degli obblighi positivi delle autorità statali concernenti, sotto il profilo sostanziale, l’adozione concreta di tutte le ragionevoli misure volte ad evitare il decesso e, sotto il profilo procedurale, lo svolgimento di indagini effettive per accertare la dinamica dei fatti e le eventuali responsabilità. In ordine al primo aspetto, la Corte ha ricordato che l’art. 2 Cedu non impone agli Stati soltanto l’obbligo di astenersi dal provocare la morte in maniera volontaria e irregolare, ma devono altresì adottare in via preventiva tutte le misure necessarie a garantire la protezione della vita dei soggetti sotto la propria giurisdizione. Tuttavia, la previsione di simili obblighi non può gravare le autorità di un onere insostenibile o eccessivo, per cui ogni presunta minaccia contro la vita non le obbliga ad adottare misure concrete per prevenirne la realizzazione. Nel caso di specie, la Corte ha sottolineato l’impossibilità di dimostrare che le autorità avrebbero potuto prevedere l’insorgenza di un rischio reale e immediato per la vita del detenuto decretando, di conseguenza, l’assenza di una violazione dell’elemento sostanziale di cui all’art. 2 Cedu. Sotto il profilo procedurale, non vi è dubbio che le autorità abbiano l’obbligo di svolgere indagini ufficiali ed effettive per la ricerca della verità, soprattutto – come nel caso in oggetto – in cui lo Stato avrebbe potuto o dovuto impedire la morte di un detenuto. Al riguardo, la Corte ha evidenziato che, in considerazione dell’entità degli elementi di prova raccolti, i rallentamenti che hanno investito il procedimento, poi definito con l’archiviazione per [continua ..]