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Risarcimento del danno da emoderivati infetti e poteri del giudice dell´ottemperanza

Gianpiero Gaudiosi

(Cons. di Stato, sez. III, 24 giugno 2020, n. 4028)

“[...] [L]a controversia ha ad oggetto l’esatta perimetrazione degli obblighi attuativi facenti capo all’Amministrazione, quali discendenti nei suoi confronti dalle sentenze del giudice ordinario che, in primo e secondo grado, hanno affermato il suo obbligo risarcitorio nei confronti della appellante per i danni derivanti dalla infezione da virus HCV da essa contratta e conseguente alla somministrazione di emoderivati infetti. [...] […] [P]ermane da definire la questione attinente alla compensabilità del risarcimento con i ratei successivamente maturati e maturandi. [...] La soluzione della questione […] presuppone l’analisi del dictum giurisdizionale oggetto di ottemperanza, al fine di verificare la possibilità di enucleare dallo stesso le indicazioni precettive atte a delimitare, in termini compiutamente definiti, l’attività ottemperativa dell’Am­ministrazione: ciò sia al fine di determinare contenutisticamente la portata oggettiva del giudicato, quindi gli esatti termini in cui il G.O. ha ritenuto la fondatezza della domanda della parte attrice e la meritevolezza dell’interesse da essa fatto valere in giudizio, sia al fine di verificare se la ricorrente in ottemperanza abbia introdotto in sede di incidente di esecuzione, come ritenuto dal giudice amministrativo di primo grado, temi avulsi rispetto al giudicato e non risolvibili se non attraverso un ulteriore intervento cognitorio del giudice (ordinario) munito della relativa e necessaria potestas iudicandi. La formula della “capitalizzazione” sottende appunto l’esigenza di valorizzare, in termini più o meno fittizi, una prestazione economica di carattere durevole e solitamente commisurata alla vita dell’avente diritto, al fine di tradurla in una entità monetaria unitaria, laddove, per le più varie esigenze giuridiche, si renda necessario considerare la prima, con la sua caratteristica articolazione temporale, in luogo della seconda, con la sua tipica connotazione una tantum: così (inevitabilmente) concepita, la “capitalizzazione” è inconciliabile con qualsivoglia delimitazione temporale che non sia quella rapportata all’intero arco temporale di (prevedibile) erogazione della prestazione continuativa, ciò tanto più laddove, come nella fattispecie in esame, si tratti di assicurare la piena esplicazione del summenzionato [continua ..]

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Nota di Gianpiero Gaudiosi

La pronuncia in epigrafe offre innumerevoli spunti di riflessione, utili ad approfondire la vexata quaestio di carattere eminentemente sostanziale relativa ai limiti operativi della compensatio lucri cum damno, coniugandola con il più ampio dibattito, dai connotati squisitamente processuali, attorno ai profili cognitori dell’ottemperanza al giudicato civile. Prima di affrontare funditus le singole questioni, val la pena ripercorrere brevemente il quadro giuridico-fattuale da cui trae origine la decisione dei Giudici di Palazzo Spada. La ricorrente adiva il T.A.R. per l’ottemperanza del giudicato formatosi sulla sentenza pronunciata dal giudice civile nei confronti del Ministero della Salute e poi, nuovamente, nelle forme dell’incidente di esecuzione, con cui lamentava la corresponsione di somme inferiori a quelle asseritamente dovute. In esito al giudizio civile, la convenuta Amministrazione era stata difatti condannata al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, patiti dal ricorrente che – per effetto della somministrazione di emoderivati infetti praticatale presso una struttura pubblica – aveva contratto l’infezione da epatite C (virus HCV). Le poste anzidette – soggiungeva il G.O. – andavano versate al soggetto danneggiato al netto dell’importo da questi già percepito a titolo di rendita mensile e, con specifico riferimento alla componente non patrimoniale, andavano altresì decurtate dei ratei futuri della rendita, da capitalizzare per il periodo successivo alla notificazione dell’atto introduttivo del giudizio civile risarcitorio. Sul punto, il T.A.R. riteneva che l’omessa indicazione delle precise modalità tecniche attraverso le quali procedere alla capitalizzazione e, per l’effetto, l’indeterminatezza del quantum risarcitorio si sostanziassero nella richiesta, rivolta al G.A., di integrare le statuizioni contenute nella sentenza civile, con spendita di attività cognitoria e conseguenziale invasione della giurisdizione ordinaria da parte del giudice dell’ottemperanza. Come accennato in premessa, il Consiglio di Stato è stato così investito di una duplice questione interpretativa. In primo luogo, sul tema dell’esatta perimetrazione del meccanismo compensativo e, per quel che qui specificatamente rileva, a proposito dell’applicabilità dello stesso «oltre la misura (temporalmente [continua ..]

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