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Risoluzione del leasing traslativo ex art. 1526 c.c. e applicabilità in via analogica dell´art. 72-quater l. fall.

Fabrizio Cesareo

Cass. civ., Sez. III, 25 febbraio 2020, n. 5022

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(…) Stabilire se l’art. 1526 c.c. s’applichi ai contratti di leasing dichiarati risolti prima dell’entrata in vigore della l. 124/17 è questione che ha suscitato un vivo dibattito in dottrina, ed è già stata affrontata da varie decisioni di questa Corte. Un primo gruppo di decisioni, motivatamente innovando la pregressa, pluridecennale e consolidata giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto che l’art. 1526 c.c. non possa trovare applicazione nel caso di risoluzione per inadempimento dei contratti di leasing, traslativi o di godimento che fossero. Queste decisioni muovono dal rilievo che l’art. 1526 c.c. era stato dalla passata giurisprudenza ritenuto applicabile alla risoluzione del contratto di leasing in via analogica, data la mancanza di una norma ad hoc. Proseguono osservando che il quadro normativo è stato innovato dapprima dall’introduzione dell’art. 72 quater l. fall., il quale ha unificato la disciplina ivi prevista per qualsiasi tipo di leasing, e quindi dalla citata l. 124/17, la quale ha dettato una disciplina organica ed unitaria del leasing, superando la distinzione tra leasing di godimento e leasing traslativo. Queste novità normative, secondo l’orientamento in esame, riverberano effetti anche sui contratti cui esse non sarebbero applicabili ratione temporis: non già per effetto di una non consentita applicazione retroattiva, ma per effetto di una “interpretazione storico-evolutiva, secondo cui una determinata fattispecie negoziale (...) non può che essere valutata sulla base dell’ordinamento vigente, posto che l’attività ermeneutica non può dispiegarsi “ora per allora”, ma all’attualità”. Il punto d’approdo dell’orientamento in esame è che gli effetti della risoluzione dei contratti di leasing sottratti ratione temporis all’efficacia diretta della l. 124/17, e seguita dal fallimento dell’utilizzatore, debbano essere disciplinati in via analogica dall’art. 72 quater l. fall. La sentenza “capostipite” in tal senso è Sez. 1, Sentenza n. 8980 del 29/03/2019, Rv. 653463-01, in seguito ripresa alla lettera da Sez. 1, Sentenza n. 12552 del 10/05/2019, Rv. 653883-01; Sez. 1, Sentenza n. 18543 del 10.7.2019; Sez. 1, Sentenza n. 18545 del 10.7.2019; Sez. 1, Sentenza n. 24438 del 30.9.2019 e Sez. 1, Ordinanza n. 27545 del [continua ..]

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Nota di Fabrizio Cesareo

Con l’ordinanza interlocutoria in commento, la Terza sezione civile della Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite due punti focali nella disamina del c.d. leasing traslativo, vale a dire: i) se l’interpretazione dell’art. 1, co. 136-140, l. 4 agosto 2017, n. 124, secondo cui tale norma imporrebbe di abbandonare, anche per i fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore, il tradizionale orientamento che applica alla risoluzione del leasing traslativo l’art. 1526 c.c., sia coerente coi principi di certezza del diritto e tutela dell’affidamento; ii) se possa applicarsi in via analogica, anche solo per analogia iuris, una norma inesistente al momento in cui venne ad esistenza la fattispecie concreta non prevista dall’ordinamento ed in caso affermativo se, con riferimento al caso di specie, tale norma – da applicarsi in via analogica – possa ravvisarsi nell’art. 72 quater l.f. Gli Ermellini, nella pronuncia de quo, conducono in rassegna l’iter giurisprudenziale circa l’applicabilità o meno dell’art. 1526 c.c. al leasing traslativo, evidenziando la caratteristica di tale fonte, che si qualificherebbe come “para-normativa” e confermando, ancora una volta, che il diritto non è solo quello scritto nelle fonti di produzione, bensì è quello scritto risultante dall’applicazione concreta nelle aule di giustizia; questo percorso finisce per confermare la valenza applicativa del formante giurisprudenziale nell’ordinamento nostrano che tipicamente viene definito come di civil law, alla stregua dell’importanza del giudizio di legittimità. A tal proposito, si sostiene che un orientamento consolidato in materia di norme processuali sia giustificato soltanto quando l’interpretazione fornita dal precedente risulti manifestamente arbitraria e pretestuosa o dia luogo a risultati disfunzionali, irrazionali, ovvero ingiusti, posto che l’affidabilità, la prevedibilità e l’uniformità dell’interpretazione delle norme procedurali costituisce indefettibile presupposto di uguaglianza tra i cittadini e di giustizia del processo[1]. La quaestio di stallo, pertanto, risiede nell’applicabilità in via analogica della risoluzione del contratto al leasing, comprensiva di effetti restitutori, ovvero nella preminenza della Legge sulla concorrenza con una potenziale funzione retroattiva della [continua ..]

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