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Sdemanializzazione tacita: la declassificazione prescinde dal provvedimento dell´autorità amministrativa

Nota di Nicola Franchell

Cass. civ., Sez. un., 7 aprile 2020, n. 7739

(…) Deve essere chiarito che l’art. 829 c.c. del 1942, si pone in continuità con l’antecedente rappresentato dall’art. 429 c.c. del 1865; e, questo, nel senso che il primo prevede che il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio disponibile dello Stato può essere semplicemente dichiarato dall’autorità amministrativa, con ciò riconoscendo espressamente al provvedimento di declassificazione natura esclusivamente dichiarativa, cioè soltanto ricognitiva della perdita della destinazione ad uso pubblico del bene (Cass., sez. I, n. 12555 del 2013; Cass., sez. II, n. 10817); ricavandosi, da questo, la pacifica conclusione che il passaggio del bene pubblico al patrimonio disponibile dello Stato consegue direttamente al realizzarsi del fatto della perdita della destinazione pubblica del bene, cosiddetta sdemanializzazione tacita, locuzione che evidenzia come la declassificazione prescinde dal provvedimento dell’autorità amministrativa, diversamente da quanto invece previsto dall’art. 35 c. nav. per il demanio marittimo e dall’art. 947, comma 3, c.c. per il demanio idrico (Cass., sez. II, 11 maggio 2009, n. 10817; Cass., sez. II, n. 14666 del 2008); cosicché, cioè prendendo atto di questo, la Corte ha già in passato avuto occasione di chiarire che la regola contenuta nell’art. 829 c.c. del 1942 è rimasta quella stessa dell’art. 429 c.c. del 1865, poiché anche oggi, come ieri, trattasi unicamente di stabilire, con un tipico accertamento di fatto, se il bene abbia mantenuto o perduto la sua destinazione ad uso pubblico (Cass., sez. II, n. 21018 del 2016; Cass., sez. I, n. 5817 del 1981); un accertamento che il TSAP ha per vero compiuto, sia negando che la concessione abbia di per sé dato luogo alla perdita della destinazione ad uso pubblico dell’area, sia negando che le opere realizzate sulla stessa, seppure assentite, avessero fatto venire meno il carattere pubblico dell’uso; nessuna violazione di legge, quest’ultima da farsi unicamente consistere in una erronea interpretazione della fattispecie astratta, pertanto, è stata posta in essere dal TSAP; laddove, invece, con le riassunte censure, è stata la contribuente che ha, in realtà, inammissibilmente censurato l’accertamento in fatto compiuto dal TSAP, prospettando un inesistente error in iudicando (Cass., sez. I, n. [continua ..]

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Nota di Nicola Franchella

Con la sentenza in epigrafe, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affrontato il tema della sdemanializzazione tacita che, secondo la dottrina prevalente, si configura quando, pur in assenza di un formale atto di declassificazione da parte dell’amministrazione, la medesima ponga in essere atti incompatibili con la volontà di conservare la destinazione all’uso pubblico del bene. Nell’alveo di tale definizione, con la pronuncia in commento il giudice di legittimità ha ribadito definitivamente il principio secondo cui il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio disponibile dello Stato consegue direttamente alla perdita della destinazione pubblica del bene. Pertanto, il provvedimento dell’autorità amministrativa relativo alla declassificazione de quo riveste natura meramente dichiarativa. Peraltro, tale principio era già stato statuito dalla Suprema Corte in diverse pronunce, tra cui giova menzionare: Cass. civ., Sez. II, 17.3.1995 e n. 3117 e Cass. civ., Sez. II, 12.4.1996, n. 3451, con particolare riferimento al tema della sdemanializzazione tacita, nonché Cass. civ., Sez. I, 5.11.1981, n. 5817 e Cass. civ., Sez. II, 18.10.2016, n. 21018, con riguardo, invece, alla natura meramente dichiarativa dell’atto di declassificazione emanato dall’amministrazione pubblica. Ciò premesso, la vicenda trae origine dal ricorso alle Sezioni Unite proposto da un soggetto che aveva subito il rigetto, sia in primo grado, sia in grado d’appello, della propria domanda, consistente nell’accertamento della natura non più demaniale dell’area su cui era stato costruito un edificio razionalista a seguito di rilascio, nel 1927, di apposita concessione. In particolare, il ricorrente sosteneva che vi fosse differenza tra quanto disposto dall’art. 829 c.c. del 1942 e quanto invece statuito dall’art. 429 c.c. del 1865 – applicabile ratione temporis alla controversia de quo stante il rilascio della concessione avvenuto nel 1927 – in quanto il primo prevede che la sdemanializzazione deve essere dichiarata dall’autorità amministrativa, mentre il secondo prevedeva che “i beni che cessino di essere destinati all’uso pubblico…passano dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato”. In altri termini, la diversità rilevata dal ricorrente soggiace nella circostanza secondo cui il l’art. 429 c.c. [continua ..]

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