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Circa la possibilità per la P.A. di emanare un atto di imposizione della servitù di passaggio su un´area illegittimamente occupata
Federica Faleri
(Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 18 febbraio 2020, n. 5)
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Nota di Federica Faleri
La sentenza in commento risolve una controversa questione applicativa in ordine all’art. 42-bis, D.P.R. n. 327/2001 (T.U. espropri) e, in particolare, in merito alla compatibilità del giudizio restitutorio con la procedura espropriativa, essendo dirimente definire se il giudicato civile sull’obbligo di restituire un’area al proprietario da parte dell’Amministrazione occupante sine titulo possa precludere l’emanazione di un atto di imposizione di una servitù di passaggio. L’art. 42-bis del T.U. sopra richiamato disciplina la c.d. acquisizione sanante, contemplando la situazione in cui la P.A. utilizzi senza titolo, per scopi di interesse pubblico, un bene immobile di proprietà altrui, modificato in assenza di un valido provvedimento di esproprio. A tal riguardo, si prevede che l’autorità possa disporre che il bene sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo, a condizione che questo atto acquisitivo costituisca l’extrema ratio per soddisfare “attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico”. Il giudizio riguarda un contratto di vendita tra soggetti privati ed il Comune, avente ad oggetto un’area in cui quest’ultimo ha edificato alcune opere, in conformità al programma di fabbricazione in vigore. Tale contratto è dichiarato nullo dal giudice civile, con sentenza passata in giudicato, in cui viene, altresì, disposto l’ordine al Comune di immediata restituzione dell’area. In seguito, il Consiglio comunale emana un atto di dichiarazione di pubblica utilità e di imposizione di una servitù di passaggio pedonale e carrabile, ai sensi dell’art. 42-bis, D.P.R. n.327/2001. I proprietari dell’area impugnano la delibera comunale dinanzi al TAR, che accoglie il ricorso, annullandola. Propone appello un soggetto controinteressato, la cui attività commerciale subirebbe pregiudizio dalla cessazione dell’uso pubblico dell’area in questione. I motivi di appello concernono la compatibilità tra il giudicato restitutorio e il procedimento ex art. 42-bis, censurando la sentenza del giudice di prime cure laddove statuisce che, trattandosi di una vicenda privatistica, un atto amministrativo non potrebbe incidere sulle trattative riguardanti la vendita dell’area. Tale affermazione, infatti, non prende in debita [continua ..]