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Viola l'art. 6 Cedu la mancata escussione del testimone a carico già dichiarato non attendibile
Anna Onore
(Corte Edu, Sez. I, 22 ottobre 2020, ric. n. 75037/14, Tondo c. Italia) Traduzione a cura del Ministero della Giustizia
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Nota di Anna Onore
Con la sentenza in epigrafe la Corte europea dei diritti dell’uomo è ritornata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione e applicazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione, a mente del quale “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”. La norma in esame ribadisce i principi costituzionali del diritto di difesa (art. 24 Cost.), del giusto processo e dell’imparzialità e terzietà dell’organo giudicante (artt. 101 e 111 Cost.). Con ricorso n. 75037/14 alla Corte EDU, veniva contestata la violazione dell’art. 6 CEDU, da parte del giudice di appello, per mancata nuova audizione del testimone chiave a carico prima di ribaltare il verdetto di assoluzione pronunciato in primo grado. Nel caso di specie, all’esito del giudizio di primo grado veniva pronunciata sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p. per il delitto di omicidio, in concorso con il fratello, avendo agito per difendere la propria e l’altrui incolumità (rectius legittima difesa, art. 52 c.p.) e in considerazione della circostanza che alcuno dei testimoni ascoltati in giudizio aveva fornito una ricostruzione chiara e condivisibile degli accadimenti occorsi immediatamente prima l’esplosione del colpo di pistola, rivelatosi mortale per la persona offesa. Veniva, poi, condannato per il predetto reato dalla Corte d’assise d’appello di Lecce; in tale occasione, il giudice di secondo grado riteneva sussistente la penale responsabilità degli imputati sulla base di una testimonianza ritenuta inattendibile nel processo di primo grado. A tal proposito si ricordi che l’attendibilità del teste afferisce alla veridicità della sua deposizione; questa va valutata discrezionalmente dal giudice alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite). Gli imputati, così, avanzavano ricorso per cassazione. La Suprema Corte, accertata la violazione [continua ..]