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Viola l'art. 6 Cedu la mancata escussione del testimone a carico già dichiarato non attendibile

Anna Onore

(Corte Edu, Sez. I, 22 ottobre 2020, ric. n. 75037/14, Tondo c. Italia) Traduzione a cura del Ministero della Giustizia

“29. Il ricorrente afferma che la corte d’assise d’appello di Lecce lo ha dichiarato colpevole senza avere proceduto all’escussione diretta di un testimone chiave a carico, che era stato dichiarato non credibile dai giudici di primo grado. Egli invoca l’articolo 6 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, è così formulato: “Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente (…) da un tribunale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti.» (…) (Il ricorrente) afferma che questa testimonianza era fondamentale per la ricostruzione della fase finale dei fatti, (trattandosi) di un elemento determinante nell’esercizio di valutazione dell’elemento psicologico del reato. (…) La Corte rammenta che le modalità di applicazione dell’articolo 6 della Convenzione ai procedimenti di appello dipendono dalle caratteristiche del procedimento in questione; è necessario tenere conto dell’intero procedimento interno e del ruolo attribuito al giudice di appello nell’ordinamento giuridico nazionale (Botten c. Norvegia, 19 febbraio 1996, § 39, Recueil des arrêts et décisions 1996 I). In particolare, quando un giudice di appello deve esaminare una causa in fatto e in diritto e studiare complessivamente la questione della colpevolezza o dell’innocenza, detto giudice non può, per motivi di equità del procedimento, decidere su tali questioni senza una valutazione diretta delle testimonianze presentate personalmente dall’imputato che afferma di non avere commesso l’atto considerato come illecito penale (…) o dai testimoni che hanno reso una deposizione durante il procedimento e alle cui dichiarazioni il giudice vuole dare una nuova interpretazione (…). Infatti, anche se spetta in linea di principio al giudice nazionale decidere sulla necessità o l’opportunità di citare un testimone, alcune circostanze eccezionali possono portare la Corte a concludere che la mancata audizione di una persona in qualità di testimone è incompatibile con l’articolo 6 della Convenzione. (…) (…) La Corte osserva anzitutto che la corte d’assise di Lecce ha assolto il ricorrente dopo aver sentito vari testimoni. I giudici di primo grado hanno valutato che, [continua ..]

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Nota di Anna Onore

Con la sentenza in epigrafe la Corte europea dei diritti dell’uomo è ritornata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione e applicazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione, a mente del quale “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale (…), il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”. La norma in esame ribadisce i principi costituzionali del diritto di difesa (art. 24 Cost.), del giusto processo e dell’imparzialità e terzietà dell’organo giudicante (artt. 101 e 111 Cost.). Con ricorso n. 75037/14 alla Corte EDU, veniva contestata la violazione dell’art. 6 CEDU, da parte del giudice di appello, per mancata nuova audizione del testimone chiave a carico prima di ribaltare il verdetto di assoluzione pronunciato in primo grado. Nel caso di specie, all’esito del giudizio di primo grado veniva pronunciata sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p. per il delitto di omicidio, in concorso con il fratello, avendo agito per difendere la propria e l’altrui incolumità (rectius legittima difesa, art. 52 c.p.) e in considerazione della circostanza che alcuno dei testimoni ascoltati in giudizio aveva fornito una ricostruzione chiara e condivisibile degli accadimenti occorsi immediatamente prima l’esplosione del colpo di pistola, rivelatosi mortale per la persona offesa. Veniva, poi, condannato per il predetto reato dalla Corte d’assise d’appello di Lecce; in tale occasione, il giudice di secondo grado riteneva sussistente la penale responsabilità degli imputati sulla base di una testimonianza ritenuta inattendibile nel processo di primo grado. A tal proposito si ricordi che l’attendibilità del teste afferisce alla veridicità della sua deposizione; questa va valutata discrezionalmente dal giudice alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite). Gli imputati, così, avanzavano ricorso per cassazione. La Suprema Corte, accertata la violazione [continua ..]

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