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In tema di atti di terrorismo rivolti contro uno Stato estero, la fattispecie di cui all´articolo 270-bis, comma 3, cod. pen. comprende anche le condotte violente, finalizzate ad intimidire la popolazione civile, realizzate in territori illegittimamente occupati e al di fuori dei confini nazionali riconosciuti dall´ordinamento internazionale

Mariarita Cupersito

Con la sentenza Cass. Pen. Sez. VI, 20 agosto 2024, n. 32712, la Cassazione ha affermato che la previsione di cui all’art. 270-bis, comma terzo, del codice penale, rubricato “associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”, il quale dispone che “ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un’istituzione e un organismo internazionale”,  include le condotte violente che siano finalizzate ad intimidire la popolazione civile, anche nei casi in cui esse vengano realizzate in territori occupati illegittimamente e ubicati  al di fuori dei confini nazionali riconosciuti dall’ordinamento internazionale poiché la finalità di terrorismo rileva in quanto diretta a colpire lo Stato estero, prescindendo dunque dall’ambito meramente territoriale in cui si realizza la condotta.

La Corte, confermando la legittimità di quanto deciso dal Tribunale di l’Aquila, che aveva disposto misure cautelari in carcere per una persona accusata di aver progettato attacchi terroristici in insediamenti israeliani in Cisgiordania, approfondisce questioni di diritto internazionale, quali la definizione e la portata della nozione di resistenza verso un regime di occupazione illegale e il sistema di iscrizione nelle black list dell’Unione europea di presunti terroristi.

Il ricorrente, che ha impugnato l’ordinanza, riteneva che il Tribunale avesse violato l’articolo 270-bis c.p. in quanto aveva considerato l’organizzazione “Brigate dei Martiri di Al Aqsa”, di cui lo stesso faceva parte, come gruppo terroristico basandosi sulle black list dell’Ue senza una concreta verifica dell’attività svolta. Il ricorrente sosteneva inoltre che non poteva applicarsi l’articolo 270-bis  perché tale norma sanziona le azioni rivolte contro uno Stato estero, mentre l’attività in esame “risulterebbe circoscritta ai territori della Cisgiordania che, in base a plurime risoluzioni dell’ONU, sono illegittimamente occupati da Israele”, e dunque non potevano essere considerati come appartenenti a uno Stato estero bensì solo “occupati” dallo stesso.

La Suprema Corte ha riconosciuto che i territori in esame si trovano sotto un’occupazione straniera, in quanto la Cisgiordania subisce una situazione di occupazione da parte di Israele in violazione del diritto internazionale, e che l’ONU ha ribadito l’obbligo per Israele di ritirarsi dai territori occupati fin dalla risoluzione n. 242 del 1967 del Consiglio di Sicurezza; al contempo, però, i giudici hanno respinto il ricorso presentato dall’uomo: l’occupazione da parte di Israele è dunque illecita sul piano del diritto internazionale, ma ciò non fa venir meno il divieto di compiere atti terroristici nei confronti della popolazione civile. 

Confermando l’applicazione delle misure di custodia cautelare nei confronti del ricorrente, la Cassazione interpreta l’articolo 270-bis c.p. alla luce del regolamento UE n. 2023/1505 del 20 luglio 2023, con cui era stata inserita tra le organizzazioni terroristiche l’organizzazione “Brigate dei Martiri di Al Aqsa”, della Convenzione di New York sulla repressione del finanziamento al terrorismo, nonché di norme di diritto internazionale generale. La Corte, infatti, precisa che le “Brigate dei Martiri di Al Aqsa” sono state incluse tra le organizzazioni terroristiche non solo sulla base regolamento UE n. 2023/1505, ma anche verificando in concreto la loro finalità terroristica.

la Cassazione respinge poi la tesi del ricorrente in merito all’esclusione dell’attacco dal novero degli atti terroristici e alla riconducibilità dello stesso alla ribellione armata in reazione all’occupazione illecita di Israele, evidenziando invece che l’atto terroristico nei confronti di civili è comunque un illecito dal punto di vista del diritto internazionale. La Corte sottolinea che vi sono molteplici elementi relativi alla pianificazione degli attentati e ai rapporti del ricorrente con altri terroristi, tra cui assumono particolare rilievo le intercettazioni telefoniche da cui emerge l’intenzione di compiere un gesto eclatante all’interno di un insediamento. Le azioni progettate avevano l’obiettivo di coinvolgere, direttamente o indirettamente, degli obiettivi civili e questo “rende tali forme di reazione armata incompatibile con le ipotesi di legittima contrapposizione in un contesto di tipo bellico”, si legge nella pronuncia.

La Corte argomenta inoltre che l’articolo 270-sexies c.p., relativo alle condotte con finalità di terrorismo, deve leggersi alla luce della Convenzione per la repressione del finanziamento del terrorismo adottata a New York l’8 dicembre 1999 e ratificata dall’Italia con legge 14 gennaio 2003 n. 7.  “A seguito della integrazione della citata norma da parte della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York 18 dicembre 1999 e ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003 n. 7, costituiscono atto terroristici anche gli atti di violenza compiuti nel contesto di conflitti armati rivolti contro un obiettivo militare, quando le peculiari e concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze in danno della vita e dell'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a diffondere nella collettività paura e panico”.

La Cassazione esclude, dunque, che la condotta che il ricorrente voleva porre in essere si possa considerare come unalegittima reazione all’occupazione dei territori della Cisgiordania.

In merito all’applicabilità dell’articolo 270-bis c.p. nella parte in cui amplia la definizione di “finalità terroristiche” anche agli atti di violenza commessi contro uno Stato estero, i giudici negano che si possa inquadrare la fattispecie in una “nozione eccessivamente limitata di ‘Stato estero’” , ritenendo invece che l’atto illecito sussista non solo quando l’attacco terroristico venga realizzato all’interno dei legittimi confini nazionali,  ma anche quando esso sia portato a compimento in territori illegittimamente occupati “posto che l’aggressione realizzata nei confronti di cittadini in virtù della loro nazionalità si traduce in ogni caso in una lesione all’integrità allo Stato di appartenenza”, in armonia con l’articolo 2, lett. b della Convenzione di New York del 1999 e con gli atti dell’Unione europea.

Dal momento che l’attacco terroristico era orientato contro civili israeliani, se ne deduce che l’operazione sarebbe stata realizzata ai danni dello Stato israeliano anche se le azioni erano destinate a compiersi al di fuori del suo territorio come riconosciuto dall’ordinamento internazionale.

Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. VI, 20 agosto 2024, n. 32712)

Stralcio a cura di Roberto Zambrano

“(...) A ben vedere, (...) deve richiamarsi il principio giurisprudenziale secondo cui l'art. 270 sexies cod. pen. rinvia, quanto alla definizione delle condotte terroristiche o commesse con finalità di terrorismo, agli strumenti internazionali vincolanti per l'Italia, e, in tal modo, introduce un meccanismo idoneo ad assicurare automaticamente l'armonizzazione degli ordinamenti degli Stati facenti parte della comunità internazionale in vista di una comune azione di repressione del fenomeno del terrorismo transnazionale. Ne consegue che, a seguito della integrazione della citata norma da parte della Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, fatta a New York 18 dicembre 1999 e ratificata dall'Italia con la legge 14 gennaio 2003 n. 7, costituiscono atto terroristico anche gli atti di violenza compiuti nel contesto di conflitti armati rivolti contro un obiettivo militare, quando le peculiari e concrete situazioni fattuali facciano apparire certe ed inevitabili le gravi conseguenze in danno della vita e dell'incolumità fisica della popolazione civile, contribuendo a diffondere nella collettività paura e panico (...). (...) Nel caso di specie, (OMISSIS) stava programmando un attentato diretto ai danni della popolazione civile, predisponendo mezzi e risorse per una contrapposizione generalizzata (desumibile dall'adesione all'organizzazione e dall'attività di proselitismo) contro la popolazione e l'esercito israeliano, tale da non consentire di ritenere la condotta quale legittima reazione all'occupazione dei territori della Cisgiordania . Superati gli aspetti concernenti la valutazione della gravità indiziaria, si pone la problematica concernente la possibilità di ritenere applicabile al caso di specie il dettato dell'art. 270-bis, comma terzo, cod. pen., lì dove estende la nozione di finalità terroristiche anche agli atti di violenza rivolti contro uno Stato estero. (...) A tal riguardo occorre richiamare la definizione di "condotte con finalità di terrorismo" recepita dall'art. 270-sexies cod. pen., lì dove si stabilisce che sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione (...). (...) In buona sostanza, la personalità internazionale dello [continua ..]

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