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Principi in materia di autorizzazione paesaggistica in caso di bilanciamento complesso tra interessi contrapposti

nota di Chiara Mattei.

Con la sentenza in commento, la IV sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato, affrontando talune problematiche inerenti al parere di compatibilità paesaggistica, ha avuto modo di precisare che il novellato articolo 9 della Costituzione impone di innalzare il livello di tutela accordato ai valori ambientali e paesaggistici, al fine di salvaguardare i diritti delle generazioni future e favorire uno sviluppo sostenibile.

La vicenda fattuale in cui la citata pronuncia s’inserisce ha avuto origine dal progetto presentato da una impresa al Comune, al fine di realizzare una cantina vinicola su un’area gravata da vincolo paesaggistico ai sensi del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, in quanto parte di un Parco Nazionale, classificata dal Piano Paesistico della Regione come Zona B1 a “trasformabilità mirata”.   

Ai fini della concessione del permesso di costruire, occorreva dunque il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art.146 del D.Lgs. 42/2004, condizionato al parere favorevole del Comune e della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio.

La società agricola presentava diversi progetti per la realizzazione di una struttura di produzione e trasformazione vitivinicola corredati da istanza di autorizzazione paesaggistica semplificata. L’ultimo di essi riceveva la valutazione positiva dell’amministrazione comunale, che provvedeva a trasmetterlo alla Soprintendenza. Quest’ultima – se pur tardivamente, poiché oltre il termine di 25 giorni successivi alla ricezione della documentazione da parte del Comune (termine imposto dall’art.146 D.Lgs. 42/2004) – esprimeva parere negativo, notificando preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis della L.241/1990 sull’istanza di autorizzazione paesaggistica, cui seguiva il diniego definitivo da parte del Comune al rilascio del permesso di costruire.  

La società agricola impugnava tali atti di diniego onde ottenerne l’annullamento dinanzi al T.A.R.  , che dichiarava il ricorso infondato. 

Il Consiglio di Stato, in sede d’appello, nel respingere le doglianze dell’azienda agricola circa l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, ha richiamato un precedente rilevante sul punto, precisando che: “In tema di attività edilizie su aree vincolate, il parere di compatibilità paesaggistica emesso dalla Soprintendenza costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). (…) Decorso il termine per l’adozione del su menzionato parere da parte della Soprintendenza, l’organo statale può comunque esprimersi in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, ove tardivamente reso, l’atto consultivo perde il suo carattere di vincolatività e deve essere, perciò solo, autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale”.

In considerazione di tali impostazioni ermeneutiche, la sentenza ha specificato che può - e, anzi, deve - essere consentita l’opzione zero, in virtù della quale – stante l’autonomia della tutela paesaggistica rispetto a quella urbanistica - l’assegnazione di una certa volumetria nello strumento di piano da parte di un ente comunale in un’area gravata da vincolo paesaggistico è elemento necessario, ma non sufficiente, al rilascio dei titoli edificatori e non dà alcuna garanzia sulla possibilità di ottenere il titolo abilitativo.

Con tale passaggio motivazionale, altresì, i giudici di appello hanno chiarito che, nel caso in cui si fronteggino opinioni contrastanti ma tutte plausibili, il giudice è tenuto a far prevalere l’opinione espressa dall’organo amministrativo competente ad emettere la decisione finale. Dunque “la necessità del bilanciamento diviene maggiore quando confligge l’interesse alla tutela dell’ambiente con quello alla tutela del paesaggio. Ebbene, stante l’assenza - in generale - di una primazia o prevalenza assoluta di un principio e diritto fondamentale rispetto agli altri, tale assunto valendo anche per i ‘diritti’ (sentenza della Corte costituzionale n. 85 del 2013) e per gli ‘interessi’ di rango costituzionale (vieppiù quando assegnati alla cura di corpi amministrativi diversi), si impone per essi una tutela di carattere “sistemico”, da perseguire in un rapporto di integrazione reciproca. (…) D’altro canto, non può essere sottovalutato che il nuovo testo dell’art. 9 Cost., come novellato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, depone nel senso della maggiore, e non minore, tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile”.

Con la riforma dell’articolo 9 della Costituzione, il legislatore ha unito la “tutela” del paesaggio e del patrimonio storico artistico alla “promozione” della cultura e della ricerca scientifica, così accordando rango di principio fondamentale alla tutela dei suddetti beni, aventi valore primario e assoluto nell’ottica costituzionale.

In ragione di ciò, l’interpretazione delle norme che presiedono il procedimento di rilascio di provvedimenti in materia ambientale e paesaggistica deve essere orientata  nel senso di accordare a tali valori la massima protezione consentita in rapporto al caso concreto.

In considerazione delle premesse sin qui riassunte, il Consiglio ha stabilito che nel caso sottopostogli la decisione dell’organo amministrativo non fosse viziata da difetto di motivazione, ritenuto che: “l’amministrazione, nel motivare il parere negativo, abbia adeguatamente fatto rilevare come la volumetria dell’insediamento risulti eccesiva per una zona compresa in un Parco nazionale che, sia pure suscettibile di trasformazione, è qualificata di elevato pregio ambientale ed è priva di significative presenze antropiche (a differenza di altre aree su cui potrebbe essere insediata la cantina vinicola per cui è causa)”. Il ricorso è stato, dunque, definitivamente respinto in virtù dell’infondatezza delle censure proposte.

Argomento: paesaggio
Sezione: Consiglio di Stato

(Cons. St., sez. IV, 21 marzo 2023, n. 2836)

stralcio a cura di Davide Gambetta

[…] 11. Con un primo motivo di appello la società […] eccepisce la carenza istruttoria insita nel parere negativo espresso dalla Soprintendenza, da esso non emergendo alcuna valutazione delle peculiarità architettoniche e delle soluzioni costruttive ed essendo state ignorate le caratteristiche conformative e mimetiche dell’edificio progettato. […] 11.1. Al riguardo, occorre premettere che il collegio condivide il tradizionale orientamento giurisprudenziale espresso da questa sezione in materia di autorizzazione paesaggistica […] in forza dei quali:a) il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). Le valutazioni espresse sono finalizzate, dunque, all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica;b) nonostante il decorso del termine per l’espressione del parere vincolante ai sensi dell’art. 146 d.lgs. n. 42 del 2004 da parte della Soprintendenza, non può escludersi in radice la possibilità per l’organo statale di rendere comunque un parere in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, nei casi in cui vi sia stato il superamento del termine, il parere perde il suo carattere di vincolatività e deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale […];c) nel procedimento in cui la Soprintendenza reca le proprie valutazioni di compatibilità paesaggistica, la stessa può formulare le valutazioni di merito, di cui deve tenere conto l’autorità competente ad emanare il provvedimento finale […]. 11.2. Da tali coordinate ermeneutiche deriva che l’opzione zero può e deve essere consentita.Tale soluzione non pare in contrasto con la più recente affermazione giurisprudenziale secondo cui laddove, nella particolare materia della tutela del paesaggio, si fronteggino “opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito (dalle fonti del [continua ..]

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