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Violazione del principio di buona fede in pendenza della condizione sospensiva ex art. 1358 c.c.

Argomento: Delle obbligazioni
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. II, 06 luglio 2022, n. 21427)

stralcio a cura di Francesco Taurisano

5. (…) L'art. 1358 c.c. sancisce una specifica applicazione del generale principio di correttezza in materia contrattuale per ogni tipo di condizione alla quale le parti subordinano la produzione o l’eliminazione degli effetti della pattuizione (con esclusione della sola condizione meramente potestativa, che non conferisce all'altra parte alcuna aspettativa tutelabile o coercibile), imponendo alla parte condotte tali da conservare integre le ragioni dell’altra. Durante il periodo di pendenza della condizione, il contratto vincola i contraenti al puntuale ed esatto adempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte: la condizione rende infatti incerta la produzione (o l’eliminazione) degli effetti contrattuali ma il vincolo pattizio appare già fermo e irrevocabile (Cass. n. 14006/2014). Ne deriva che la mancata o inesatta osservanza dell’obbligo di buona fede, dalla quale derivi pregiudizio alla realizzazione del complessivo assetto di interessi sotteso all’atto di autonomia privata (ossia la tenuta di un comportamento scorretto che vanifichi la realizzazione del programma negoziale), identifica una fattispecie di inadempimento attuale e immediatamente rilevante. La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede – che permea tutta la materia contrattuale ed appare espressione del dovere di solidarietà ex art. 2 Cost. – nel caso di un contratto “condizionato”, unitamente ai due specifici rimedi dettati dagli artt. 1356 e 1359 c.c., in presenza dei presupposti stabiliti da queste norme, genera dunque anche un obbligo risarcitorio per lesione della situazione di aspettativa della parte e, in casi specifici, può dare ingresso al rimedio risolutorio. Da tempo la giurisprudenza di questa Corte (v. in particolare, con specifico riferimento alla condizione c.d. mista, Cass., n. 6676/1992; Cass., S.U., n. 18450/2005, Cass. n. 3207/2014; Cass. n. 24977/2018) ha ricostruito la struttura dell’illecito contrattuale per mancata osservanza del comportamento leale in pendenza della condizione, in maniera autonoma sia da specifiche previsioni contrattuali, come pure dal generale dovere del neminem laedere, intercettando la concezione dell’obbligazione non più strutturalistica, formale e statica ma di tipo teleologico, sostanziale e dinamico proposta dalla dottrina civilistica più moderna. (...)

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