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La clausola floor inserita in un contratto di mutuo fondiario non è vessatoria ex art. 34 co. II cod. cons. se formulata in maniera chiara e comprensibile
Argomento: Del contratto di mutuo
Sezione: Sezione Semplice
“(…) La Corte d’appello ha correttamente argomentato che: “la clausola floor aveva il significato di assicurare che il tasso di interesse non potesse scendere al di sotto del minimo pattuito e quindi di regolare l’ammontare degli interessi corrispettivi, senza tuttavia prevedere flussi finanziari a favore dell’una o dell’altra parte; si trattava perciò di pattuizione attinente al mutuo e non di un derivato implicito, non avente natura finanziaria e rientrante nell’autonomia negoziale delle parti; era da escludere che il tasso corrispettivo del mutuo fosse usurario in quanto inferiore al tasso soglia e che sussistesse usura soggettiva per mancanza di sproporzione tra le prestazioni, e di usura in relazione al tasso di mora in quanto inferiore al tasso soglia, considerato l'aumento medio di 2,1 punti percentuali previsto dalla Banca d'Italia per i tassi di mora; la clausola floor, in quanto relativa alla determinazione dell'ammontare della prestazione corrispettiva, non poteva qualificarsi come vessatoria ai sensi del D.Lgs. n. 206/2005, non emergendo l'indeterminatezza degli interessi corrispettivi in quanto non vi era incertezza sul quando si applicasse il tasso ancorato all'Euribor 3 mesi e quando il tasso floor”.
(…) Il collegio ritiene che il vizio motivazionale non sia deducibile, anzitutto, per “doppia conforme”, con conseguente operatività della preclusione di cui all’art. 360, comma 4, c.p.c., poiché sia la sentenza di primo grado che quella di secondo grado sono state delibate nel merito, presentando identità delle ragioni di fatto.
Inoltre, la circostanza addotta, quale oggetto del vizio di motivazione, è priva di decisività ai fini dell’interpretazione del contratto posto che il comportamento delle parti posteriore alla conclusione del contratto ai sensi dell'art. 1362, comma 2, è il comportamento comune, ovvero unilaterale accettato, anche tacitamente, dall’altra parte, atteso che, come è comune l'intenzione delle parti, quale fondamentale parametro di interpretazione, così deve essere comune il comportamento delle parti quale parametro di valutazione della volontà da esse manifestata (Cass., n. 7083/2006).
Al riguardo, non sussistono comunque violazioni delle regole ermeneutiche relative all’interpretazione complessiva del contratto di mutuo, atteso che la censurata [continua ..]
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Civ., Sez. I, 28 gennaio 2025, n. 1942)
Stralcio a cura di Luigi De Felice
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