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Il rilievo della coabitazione nella riconciliazione tra coniugi legalmente separati

Argomento: Delle persone e della famiglia
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. I, 13 aprile 2023, n. 9839)

stralcio a cura di Giovanni Pagano

2.1- Vero è che il ripristino della coabitazione può essere uno degli indici attraverso i quali valutare l'intervenuta riconciliazione, ma solo in quanto essa sia espressione di una effettiva ripresa della convivenza coniugale, che non è data dal mero fatto di dividere l’abitazione, ma dalla esistenza di un progetto di vita comune, attuato nella quotidianità e improntato alla solidarietà, alla reciproca collaborazione e alla assistenza morale e materiale; nel nostro ordinamento, il matrimonio è una comunione materiale e spirituale di vita, come espressamente affermato dall’art. 1 della legge 898/1970 e come si evince dall’art. 143 c.c., che disciplina il matrimonio attraverso la previsione di un insieme di doveri che integrandosi reciprocamente ne definiscono i contenuti. La coabitazione è uno di questi doveri, non a caso indicato per ultimo, che ha una sua consistenza e significato in quanto costituisca la base materiale della esplicazione degli altri doveri, che devono connotare la vita comune. Pertanto, la giurisprudenza di questa Corte afferma che la mera coabitazione non è sufficiente a provare la riconciliazione tra coniugi separati, essendo necessario il rispristino della comunione di vita e d'intenti, materiale e spirituale, che costituisce il fondamento del vincolo coniugale. Il coniuge che ha interesse a far accertare l'avvenuta riconciliazione, dopo la separazione, ha l'onere di fornire una prova piena e incontrovertibile della ricostituzione del consorzio familiare, che il giudice di merito è chiamato a verificare, compiendo un apprezzamento insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 19535 del 17/09/2014; Cass. n. 1630 del 23/01/2018; Cass. n. 20323 del 26/07/2019; Cass. n. 27963 del 23/09/2022). Nella specie, la Corte di merito ha accertato che tra i coniugi non sussisteva alcuna vita comune, posto che essi vivevano nella stessa casa, ma separatamente, senza alcun rapporto né di affetto né di amore, dormendo separati e vivendo come estranei, senza neppure collaborare nella gestione della casa, organizzandosi autonomamente e intrattenendo la moglie relazioni affettive con altri uomini. La Corte ha pertanto escluso che fosse intervenuta tra i coniugi alcuna riconciliazione, distinguendo tra il mero protrarsi della coabitazione nonostante la pronuncia della separazione, e la convivenza, osservando peraltro che vi erano delle specifiche [continua ..]

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