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Dal dato “sostanziale” del concreto esercizio delle funzioni gestorie discende la responsabilità dell´amministratore di fatto per la fattispecie di bancarotta documentale

Maria Vittoria Prati

(Cass. Pen., Sez. V, 2 novembre 2020, n. 30438)

“2. Manifestamente infondata è invece l’obiezione per cui della bancarotta documentale potrebbe rispondere esclusivamente l’amministratore di diritto e non anche quello di fatto, che non si confronta con il costante insegnamento di questa Corte per cui quest’ultimo è da ritenere gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto il primo, per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche di natura omissiva (ex multis Sez. 5, n. 39593 del 20/05/2011, Assello, Rv. 250844).” “(…)” “5. Colgono invece nel segno le doglianze svolte con il primo motivo di ricorso in ordine all’attribuibilità all’imputato della qualifica di amministratore di fatto della fallita. Ricordato che secondo il consolidato insegnamento di questa Corte tale qualifica spetta a colui che, pur non assumendo l’intera gamma dei poteri che la legge o lo statuto riservano all’ammi­nistratore di diritto, svolga una apprezzabile attività gestoria in maniera continuativa e non occasionale, deve osservarsi che la Corte territoriale ha riconosciuto tale ruolo al (OMISSIS) in ragione di una serie di indici ritenuti sintomatici attraverso un ragionamento non sempre sorretto dal necessario rigore logico o dalla esplicitazione della sua base fattuale. Se, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’inesperienza della sorella dell’imputato è elemento che può logicamente essere valorizzato in funzione delle conclusioni censurate, così come la ricorrente presenza dello (OMISSIS) nel ruolo formale di segretario alle assemblee nel corso delle quali sono stati approvati proprio i bilanci falsi, non è per contro dubitabile che tali elementi da soli non possano essere sufficienti per affermare che lo (OMISSIS) sia stato l’amministratore di fatto della fallita. Né tale conclusione può essere asseverata semplicemente evocando l’interesse da questi vantato nell’operazione che ha portato all’acquisizione del ramo d’azienda, trattandosi di circostanza compatibile anche con l’ipotesi di un suo esclusivo concorso nel solo reato di bancarotta preferenziale.”

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Nota di Maria Vittoria Prati

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione affronta la tematica della responsabilità dell’amministratore di fatto di una società fallita, nei confronti del quale si proceda penalmente per alcuni reati fallimentari, tra cui quello di bancarotta fraudolenta documentale. La vicenda esaminata dalla Suprema Corte trae spunto da una sentenza di condanna della Corte di Appello di Milano che ha confermato la condanna inflitta all’amministratore di fatto di una società a responsabilità limitata, fallita nel corso del 2011, per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, impropria da reato societario e preferenziale. La difesa dell’imputato aveva eccepito l’illogicità dell’attribuzione della responsabilità per il reato di bancarotta documentale nei confronti del medesimo, trattandosi di illecito di cui può rispondere esclusivamente l’amministratore di diritto. La Suprema Corte, richiamando peraltro autorevoli e costanti precedenti[1], ha ritenuto tuttavia la doglianza manifestamente infondata in quanto l’amministratore di fatto è da ritenersi «gravato dell’intera gamma dei doveri cui è soggetto» quello di diritto, «per cui, ove concorrano le altre condizioni di ordine oggettivo e soggettivo, egli assume la penale responsabilità per tutti i comportamenti penalmente rilevanti a lui addebitabili, anche di natura omissiva». La pronuncia affronta la vexata quaestio[2] dell’estensione della responsabilità penale a quei soggetti che, pur non rivestendo ufficialmente alcuna carica sociale, ne esercitano sotto il profilo fattuale i relativi poteri. Come noto, l’art. 216 R.D. n. 267/1942 (L. Fall) punisce plurime condotte di bancarotta fraudolenta, tra cui quella dell’imprenditore che, anche prima del fallimento, sottrae, distrugge o falsifica in tutto o in parte libri e altre scritture contabili, nonché impedisce la ricostruzione del patrimonio o il reale movimento degli affari, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o danno ai creditori (cd. “bancarotta fraudolenta documentale”). L’art. 223 L. Fall. estende il suddetto reato anche agli amministratori di diritto, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite. L’ipotesi ricostruttiva della decisione in analisi ritiene, in relazione [continua ..]

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