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Rapporto di conto corrente e mera annotazione contabile: il mutuo s'intende perfezionato?

Anna Pani

 

 

Con la sentenza in oggetto la Suprema Corte torna ad occuparsi del tema, invero molto frequente nella prassi, dei mutui fondiari erogati per ripianare una pregressa esposizione debitoria su conto corrente, con contestuale costituzione di garanzia ipotecaria a fronte di un credito fino a quel momento chirografario.

La vicenda processuale trae origine dall’opposizione di due fideiussori ex art.615 c.p.c., nel corso di un procedimento di espropriazione immobiliare, promosso da un istituto di credito nei confronti della società di cui si erano garanti.

Gli opponenti sostenevano che il mutuo fondiario all’epoca stipulato difettasse di causa tipica, poiché la società non avrebbe ottenuto la materiale disponibilità delle somme mutuate, atteso che l’erogazione aveva la sola funzione di ripianare un pregresso scoperto di conto corrente con lo scopo di fornire al creditore una garanzia ipotecaria, configurandosi così, a parer loro, la nullità del contratto per simulazione negoziale relativa ed illiceità della causa, con il conseguente venir meno del titolo esecutivo idoneo ad agire in sede espropriativa.

Così come formulata, l’opposizione viene rigettata dal giudice di prime cure e la decisione successivamente confermata in sede d’appello.

I due soccombenti propongono dunque ricorso per Cassazione lamentando la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n.4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n.4 per omessa motivazione in ordine agli anzidetti motivi di opposizione.

La Suprema Corte ha ritenuto tuttavia adeguatamente motivata, oltre che “conforme al diritto”, la statuizione della Corte D’Appello Territoriale nella parte in cui, riprendendo i principi già espressi da Cass. 27.08.2015 n. 17194, ha ribadito che la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di materiale e fisica “traditio” del danaro – o di altre cose fungibili- rivelandosi sufficiente, invero, il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile anche dall’integrazione di quel contratto con il separato atto di quietanza a saldo, attesa la progressiva dematerializzazione dei valori mobiliari e la loro sostituzione con annotazioni contabili, di tal che il mutuo in esame doveva ritersi perfezionato attraverso l’accredito della somma mutuata mediante annotazione contabile sul conto corrente anche se , come nel caso di specie,  caratterizzato da una passività.

Tale conclusione si pone in continuità con i principi più volte affermati dalla S.C., la quale, chiarito che “la consegna di una determinata quantità di denaro ovvero di altre cose fungibili è dunque essenziale per il perfezionamento del contratto di mutuo” (ex multis Cass. 26 marzo 2002 n. 4327) e come tale “costituisce elemento ad essentiam sottratto alla disponibilità delle parti” (Cass. 12 gennaio 1968 n. 74) ha affermato come pienamente equipollente della traditio il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata “solo nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio” (Cass. 12 ottobre 1992 n. 11116).

Orbene, preso atto dei nuovi obblighi in materia di antiriciclaggio atti a scoraggiare in particolare modo l’utilizzo di contante nelle transazioni commerciali, si è quindi giunti a valorizzare diverse modalità di trasferimento del denaro, tant’è che più di recente Cass. 3 gennaio 2011 n. 14 ha statuito che “la traditio rei” può essere realizzata attraverso la consegna dell’assegno (nella specie, circolare interno, intestato alla parte e con clausola di intrasferibilità) alla parte mutuataria, che abbia dichiarato di accettarlo “come danaro contante” rilasciandone quietanza a saldo.

Tornando alla fattispecie oggetto di commento, gli Ermellini, ritenendo “pienamente condivisibile in diritto” la motivazione della decisione impugnata, hanno escluso nuovamente che il mutuo de quo potesse qualificarsi come “di scopo”, trattandosi piuttosto di mutuo fondiario per quale, come noto, non costituisce elemento essenziale la destinazione della somma mutuata a determinate finalità, il che esclude qualsivoglia valutazione in merito alla liceità del negozio posto in essere.

Non può dunque escludersi la natura fondiaria dando rilievo alla previsione contrattuale che nega la destinazione della somma mutuata all’acquisto, costruzione o ristrutturazione di immobili, sulla base del fatto che tale destinazione costituisca elemento essenziale del mutuo fondiario: simile argomentazione invero si porrebbe in netto contrasto con la disciplina di cui agli artt. 38 e ss. d.lgs.

  1. 385 del 1993 i quali danno rilievo alla semplice possibilità della prestazione da parte del proprietario di immobili a garanzia ipotecaria (ex multis Cass. sez. I, Sentenza n. 4792 del 26 marzo 2012).

Così argomentando, la Suprema Corte ha altresì negato che potesse configurarsi l’illiceità della causa del negozio, per aver la banca costituito una garanzia ipotecaria a fronte di un credito chirografario preesistente: ed invero tale operazione deve ritenersi pienamente lecita e meritevole di tutela atteso che “ il risultato di garantire crediti pregressi con la costituzione di un’ipoteca […] non è vietato dalla legge, è semmai sanzionabile con la revocatoria, ove ne ricorrano gli estremi”, (cfr. Cass. sez. I, Sentenza n. 4792 del 26 marzo 2012).

Qualora, infatti, dovesse ravvisarsi un pregiudizio alle ragioni dei creditori, affermano gli Ermellini, tuttalpiù potrebbe ritenersi revocata la garanzia ipotecaria concessa, ma non già dichiararsi la nullità del negozio posto in essere.

Orbene, una volta accertata la “meritevolezza dell’interesse sotteso alla conclusione del contratto”, ed escluso dunque, per quanto detto, che possa ravvisarsi una simulazione relativa, non può che concludersi per la piena validità del contratto in esame quale titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474 c.p.c.

A tale conclusione si perviene in base all’ormai noto principio di diritto secondo cui “Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’articolo 474 c.p.c., occorre verificare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata, e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge”(Cass., sezione III, sentenza 27 agosto 2015, n. 17194).

La pronuncia in commento non fa altro che confermare un orientamento, invero risalente e maggioritario, per il quale è pienamente lecita e non contraria a legge la rinegoziazione di un precedente credito – chirografario- mediante la concessione di un mutuo ipotecario, interpretando quale equivalente della “traditio rei” anche la mera annotazione contabile sul conto corrente con poste passive, potendo conseguire il mutuatario la disponibilità giuridica della somma erogata.

Argomento: Del contratto di conto corrente
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Civ., Sez. III, 18 gennaio 2021, n. 724)

a cura di Carla Bochicchio

“(…)La Corte di appello ha in realtà disatteso la indicata prospettazione dei ricorrenti, sulla base di una motivazione del tutto adeguata, oltre che conforme a diritto. Ha infatti, in primo luogo, affermato che l'accredito della somma mutuata mediante una annotazione contabile nell'ambito di un rapporto in conto corrente, comporta di fatto che l'importo mutuato sia concretamente messo a disposizione del mutuatario e, quindi, equivale al materiale trasferimento del danaro, anche nel caso in cui il rapporto su cui viene effettuato l'accredito sia passivo (…)” Essa è comunque, e soprattutto, pienamente condivisibile in diritto. Deve, infatti, ribadirsi tanto che l'accredito contabile di una somma equivale alla sua materiale erogazione, quanto che il mutuo fondiario non costituisce mutuo di scopo e che la costituzione di una garanzia reale ipotecaria per un preesistente credito chirografario rappresenta causa negoziale pienamente lecita. L'eventuale pregiudizio che, in relazione alla predetta operazione, possa determinarsi per i creditori, non implica la nullità del negozio, ma al più, sussistendone tutti presupposti previsti dalla legge, la possibile revocabilità della garanzia o, in determinate circostanze, dell'eventuale pagamento così operato (…)”

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