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Contratto di appalto: la responsabilità solidale tra appaltatore, direttore dei lavori e progettista
Stefania Cici
Con l’ordinanza in commento, la Sezione Sesta della Suprema Corte di Cassazione, è intervenuta nuovamente in materia di responsabilità solidale affermando che il progettista/ direttore dei lavori è responsabile in solido con l’appaltatore nei confronti dei terzi danneggiati ai sensi dell’art. 2055 c.c., che seppur è dettato in termini di responsabilità extracontrattuale, si estenderebbe anche all’ipotesi in cui il danno sia stato arrecato a titolo di responsabilità contrattuale, così come già sostenuto dai giudici di legittimità nella sentenza n. 14650 del 2012.
Il caso di specie trae origine dalla domanda di condanna proposta dalla signora B - committente dei lavori - con la quale, quella, lamentava l’erronea esecuzione delle opere di impermeabilizzazione del tetto, tanto nei confronti della Villaggio 90 s.r.l. e quanto avverso M.S.I., al dal fine di ottenere la risoluzione dei contratti di appalto e di opera stipulati con i predetti rispettivamente per: consolidamento di immobile di sua proprietà ed inadempimento all’incarico di direttore dei lavori appaltati, nonché chiedeva la restituzione degli importi ricevuti ed il risarcimento del danno arrecato dalle controparti. Le suddette istanze venivano accolte dal tribunale di prime cure che rigettava invece le domande restitutorie e condannava in solido i medesimi al risarcimento danni; altresì veniva condannata la società appaltatrice al versamento di una somma a titolo di penale per il ritardo ed era riconosciuta alla parte attrice una responsabilità per opere extracontratto da doversi corrispondere in favore della V. s.r.l.
In ragione di appello interposto dal Direttore dei lavori, la Corte d’Appello in parziale riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda di risoluzione del contratto d’opera professionale atteso che, lo stesso, si considerava risolto al momento del getto del tetto; tuttavia stante le plurime inadempienze confermava la condanna in solido delle società in favore di B. ed accertava, nel rapporto interno con la società, la corresponsabilità dell’appaltante nella misura di un terzo non potendo essere imputata alla stessa alcuna responsabilità derivante da cattiva esecuzione delle opere e conseguentemente condannandola a tenere indenne l’appaltatrice di quanto chiamata a corrispondere a titolo di danni all’attrice.
Atteso ciò M.S.I. - Direttore dei lavori - proponeva ricorso presso la Corte di Cassazione per violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. in relazione all’art. 1667 c.c. nonché per violazione e falsa applicazione dell’art. 1292 c.c., in quanto affermava che la Corte di Appello avesse mal qualificato e quantificato il profilo di responsabilità del professionista.
I motivi sono stati entrambi respinti dalla Suprema Corte giacché il lavoro era stato eseguito e completato prima della denuncia e conseguentemente l’opera veniva anzitempo accettata dalla committente, di tal che non sussisterebbe alcuna responsabilità derivante da vizi quanto piuttosto una responsabilità di tipo contrattuale originatasi dai molteplici inadempimenti, circostanza riconosciuta dalla Corte con determinazione di responsabilità di tipo solidale al risarcimento dei danni.
Il secondo motivo si rileva allo stesso modo, altrettanto, infondato atteso che il progettista risulta essere solidalmente responsabile nei confronti dei terzi danneggiati alla stregua dell’appaltatore così come chiarito dall’interpretazione corrente dell’art. 2055 c.c. che fonda la ragione della responsabilità solidale nella sussistenza di un concorso di più soggetti nella condotta produttiva di danni a nulla ostando la diversità del titolo a cui tale responsabilità si ricollega. La medesima logica solidaristica segue l’interpretazione dell’art.1294 c.c. in quanto vi è una unificazione delle posizioni contrattuali a fronte delle condotte poste in essere.
Cosi dottrina e giurisprudenza hanno ripudiato la teoria tradizionale della eadem causa obbligandi addivenendo ad una interpretazione più coerente e garantista del dato testuale dell’art. 2055 c.c., difatti, il terzo danneggiato potrà rivolgersi indistintamente a ciascuno dei soggetti coinvolti nonostante il fatto dannoso derivi da azioni od omissioni costituenti fatti illeciti distinti purchè le stesse appaiano comunque legate da un vincolo di interdipendenza che le consenta in maniera efficiente di concorrere alla produzione del medesimo danno.
Sezione: Sezione Semplice
stralcio a cura di Fabrizia Rumma
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