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Creazione del c.d. "diritto reale di uso esclusivo" su una porzione di cortile condominiale e inammissibilità per violazione del numerus clausus dei diritti reali
Francesca Salucci
Cass. civ., Sez. un., 17 dicembre 2020, n. 28972
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Nota di Francesca Salucci
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ordinanza in epigrafe, si sono occupate della controversa questione avente ad oggetto la natura giuridica del diritto di uso esclusivo di parti comuni dell’edificio condominiale. Da sempre ci si è chiesti se tale diritto possa considerarsi alla stregua del vincolo reale di cui all’art. 1021 c.c. – come tale non trasferibile ex art. 1024 c.c. –, oppure quale particolare applicazione del diritto all’uso di beni comuni, riconosciuto ai partecipanti al condominio dagli artt. 1102 e 1122 c.c. L’ordinanza in commento trae origine dalla domanda di ripristino avanzata da due condomini, ai quali veniva contestata l’illegittima realizzazione di un manufatto, destinato a cantina, all’interno del cortile comune, nonché l’occupazione abusiva di una porzione di suolo condominiale. I convenuti contestavano la pretesa attorea, sostenendo, al contrario, di vantare un diritto all’uso esclusivo della corte antistante il loro locale – adibito a negozio –, derivante sia dall’atto di acquisto sia dall’atto costitutivo del condominio, a seguito di avvenuta divisione dell’edificio tra gli originari comproprietari. Sia il Giudice di primo grado che la Corte d’Appello di Bologna respingevano le domande attoree, riconoscendo l’acquisto da parte dei convenuti del diritto d’uso esclusivo sull’area in questione, nonché la legittimità dell’utilizzo di tale bene comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c. La Corte di merito, in particolare, evidenziava che – quand’anche si fosse ammessa la natura condominiale della porzione di cortile in discussione – doveva, in ogni caso, ritenersi operante il diritto all’uso della stessa, perché riconosciuto da tutti i condomini fin dal momento della costituzione del condominio. Avverso la pronuncia della Corte d’Appello di Bologna, gli originari attori proponevano ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre, l’errata interpretazione che i giudici di secondo grado avevano fornito del diritto d’uso esclusivo su una porzione di cortile, ed evidenziando che il predetto diritto andasse configurato come diritto reale d’uso, ai sensi dell’art. 1021 c.c., e, come tale, inalienabile. Da qui, la nullità della cessione del relativo diritto prevista nell’atto di compravendita [continua ..]