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Detenuto per reati ostativi non collaborante e benefici penitenziari: la presunzione di pericolosità è relativa
Francesco Martin
Con ordinanza del 16 febbraio 2022 (r.o. n. 62 del 2022), il Magistrato di sorveglianza di Avellino aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, L 26 luglio 1975, n. 354 nella parte in cui non prevede che possa essere concessa la semilibertà, nella specifica ipotesi surrogatoria di cui all'art. 50 comma 2, O.P. anche ai detenuti condannati per delitti compresi nell'elenco ivi indicato, che non abbiano prestato attività di collaborazione con la giustizia ai sensi del successivo art. 58-ter O.P., ma che abbiano avuto accesso ai permessi premio ex art. 30-ter O.P., sulla base di elementi dai quali è stata desunta l'assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino.
In particolare, il detenuto, pur non avendo mai collaborato con la giustizia, aveva usufruito regolarmente di permessi premio, durante i quali aveva sempre mantenuto un comportamento ligio e corretto, in perfetta adesione alle prescrizioni impartite dal magistrato di sorveglianza, sicché, laddove non avesse riportato condanna per reato ostativo, avrebbe ben potuto già accedere alla semilibertà, in virtù del principio della progressione trattamentale.
Ed allora il Magistrato di sorveglianza aveva ritenuto la preclusione non ragionevole, alla luce della riconosciuta funzione pedagogico-propulsiva assolta dai permessi premio, di cui l'interessato ha già ampiamente goduto e la cui fruizione avverrebbe proprio in vista della futura ed eventuale concessione di ulteriori e più ampi benefici.
Si deve infatti ricordare che la Consulta (Cort. Cost., 4 dicembre 2019, n. 253) aveva già avuto modo di esprimersi con riferimento all’art. 4-bis O.P. e la concessione dei permessi premio stabilendo l’illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, O.P. nella parte in cui non prevede che ai detenuti per i delitti ivi contemplati, diversi da quelli di cui all'art. 416-bis c.p. e da quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell'art. 58-ter O.P., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
La Corte ha quindi ritenuto corretto premiare la collaborazione con la giustizia prestata anche dopo la condanna - riconoscendo vantaggi nel trattamento penitenziario - non è invece costituzionalmente ammissibile punire la mancata collaborazione, impedendo al detenuto non collaborante l'accesso ai benefici penitenziari normalmente previsti per gli altri detenuti.
Il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, come convertito, ha disposto, all'art. 1, comma 1, lettera a), numero 2), l'integrale sostituzione del comma 1-bis dell'art. 4-bis O.P., e l'aggiunta di tre nuovi commi (1-bis.1, 1-bis.1.1 e 1-bis.2) trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo.
Con particolare riguardo ai detenuti e agli internati per delitti di contesto mafioso e, in generale, di tipo associativo, i benefici penitenziari possono essere concessi purché dimostrino l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento, nonché alleghino elementi specifici - diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza - che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reato è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi.
Tuttavia, con riferimento ai detenuti per i restanti reati indicati dall’art. 4-bis, comma 1, O.P., si richiede il rispetto delle medesime condizioni, depurate, tuttavia, da indicazioni non coerenti con la natura dei reati che vengono in rilievo, sicché la richiesta allegazione deve avere ad oggetto elementi idonei ad escludere l'attualità dei collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, con il contesto nel quale il reato è stato commesso.
Proprio l’art. l'art. 1, comma 1, lett. a), n. 3), D.L. 162/2022 ha disposto l'ampliamento delle fonti di conoscenza a disposizione della magistratura di sorveglianza e la modifica del relativo procedimento, nonché l'onere in capo al detenuto di fornire idonei elementi di prova contraria in caso di indizi, emergenti dall'istruttoria, dell'attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di loro ripristino.
La Corte ha quindi affermato che: «la nuova disciplina trasforma da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità ostativa alla concessione dei benefici e delle misure alternative in favore dei detenuti non collaboranti, che vengono ora ammessi alla possibilità di farne istanza, sebbene in presenza di stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo».
Proprio in virtù di tale modifica normativa la Corte costituzionale ha ordinato la restituzione degli atti al giudice rimettente affinché quest'ultimo verifichi la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, L. 354/1975, censurato per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui non prevede che ai detenuti per delitti diversi da quelli di contesto mafioso, ma comunque ostativi alla concessione dei benefici penitenziari e delle misure alternative alla detenzione, possa essere concessa la misura della semilibertà , nella specifica ipotesi surrogatoria di cui all'art. 50, comma 2, O.P., anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell'art. 58-ter O.P., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l'attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Sezione: Corte Costituzionale
(C. Cost., 24 febbraio 2023, n. 31)
Stralcio a cura di Fabio Coppola
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