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Rapporto tra esibizione sostanziale e processuale in tema di estratti conto bancari
Erika Forino
La pronuncia che si annota ripropone due temi di particolare rilevanza, mostrando come, nonostante la “serialità” delle controversie tra Banca e correntista, il corretto riparto dell’onere della prova e il rapporto tra diritto sostanziale e processuale sia ancora caratterizzato da molteplici dubbi nell’esperienza applicativa e dalla non univocità sul piano giurisprudenziale.
La sentenza in commento assume, infatti, una posizione oltremodo netta sulla inammissibilità di una istanza diretta di esibizione documentale ai sensi dell’art. 210 c.p.c., invocata dal correntista in difetto della previa richiesta di consegna della documentazione bancaria ai sensi dell’art. 119, quarto comma, del T.u.b. e, di conseguenza, sulla possibilità di acquisire detta documentazione mediante la consulenza tecnica contabile in ragione di quanto disposto dall’art. 198 c.p.c.. La pronuncia diventa, dunque, occasione per riflettere anche sui confini della consulenza tecnica contabile per come disegnati con il successivo trittico delle Sezioni Unite in ordine al perimetro dell’attività peritale (Cass. civ., SS. UU n. 3086 del 14 febbraio 2022, Cass. civ., SS. UU. n. 5624 del 21 febbraio 2022, Cass. civ., SS.UU. n. 6500 del 28 febbraio 2022).
Il caso sottoposto allo scrutinio della Suprema Corte trae origine dall’azione di indebito oggettivo intrapresa da una società correntista, finalizzata ad ottenere la ripetizione di tutte le somme indebitamente percepite dall’Istituto di credito convenuto in ragione dell’applicazione di interessi anatocistici e superiori al tasso soglia, commissioni e spese illegittime che avevano obbligato la società attrice alla stipula di un contratto di mutuo ipotecario ed alla conseguente vendita del bene immobile per far fronte all’esposizione debitoria maturata nei confronti della Banca. All’esito del parziale accoglimento ad opera del Giudice di primo grado che ha dichiarato la nullità parziale del contratto di conto corrente e condannato l’istituto convenuto alla parziale ripetizione delle somme oggetto della domanda, la Banca ha interposto appello, seguito dalla impugnazione incidentale della correntista. In integrale riforma della statuizione di primo grado, la Corte di Appello ha accolto il gravame della Banca e rigettato l’originaria domanda del correntista sulla scorta del principio per cui “onus probandi incumbit ei qui dicit”. La Corte territoriale, dopo aver ritenuto di non poter considerare gli esiti della consulenza tecnica espletata nel corso del giudizio di primo grado per avere l’ausiliario introdotto in giudizio documentazione non ritualmente acclusa dall’attore nel rispetto delle preclusioni processuali, si sofferma sulle ragioni di inammissibilità dell’istanza di esibizione documentale formulata dal correntista. Quest’ultima, infatti, non essendo supportata dalla prova della mancata consegna della documentazione bancaria da parte dell’istituto convenuto attraverso la consueta trasmissione periodica (art. 119, secondo comma, T.u.b.) né, dalla previa richiesta di consegna cui all’art. 119, quarto comma, del Tu.b., non avrebbe potuto essere invocata indiscriminatamente dal correntista se non a scapito del principio per cui grava su chi agisce in giudizio l’onere di allegare e fornire la prova dei fatti costitutivi della domanda. Avverso il diniego della domanda, la società correntista ha proposto ricorso per Cassazione censurando la pronuncia d’appello, per quel che qui rileva, per erronea e falsa applicazione degli artt. 62,194 e 210 c.p.c., art. 119 T.u.b.. e degli artt. 3 e 24 Cost. oltre che, per contraddittorietà della motivazione con riguardo ai limiti della consulenza tecnica contabile. Rigettando integralmente il ricorso proposto dalla società, la Suprema Corte mostra di condividere l’orientamento avallato dalle corti di merito (da ultimo, Corte di Appello di Brescia, sent. n. 504 del 26 aprile 2022, Trib. Savona, sent. 314 del 12 aprile 2022) secondo il quale, presupposto per l’ammissibilità dell’istanza ex art. 210 c.p.c. invocata dal correntista è la previa richiesta della documentazione ai sensi dell’art. 119, quarto comma, T.u.b. ed il diniego della Banca.
In questa prospettiva, dopo la stagione che ha visto prevalere la tutela del contraente debole anche a scapito dell’ordinario riparto dell’onere della prova per come sancito dall’art. 2697 c.c. e, il diritto sostanziale del correntista ad ottenere la documentazione bancaria rispetto alla disciplina processuale, la Corte si discosta dalla corrente garantista, colmando integralmente i dubbi e le lacune ravvisate dalla giurisprudenza di merito con riguardo all’opposto orientamento (espresso, quest’ultimo, da Cass. civ., 11 maggio 2017, n. 11554 nonché, da Cass. civ., n. 27769 del 30 ottobre 2019).
Ed infatti, si era già evidenziato a margine della pronuncia n. 27769, resa dalla Sesta Sezione della Suprema Corte, in data 30 ottobre 2019[1], come l’orientamento secondo cui il diritto del correntista di richiedere copia della documentazione bancaria possa essere esercitato anche in sede giudiziale “attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo” e, pure in difetto di una preventiva richiesta acquisitiva, portasse con sé il rischio del proliferare delle c.d. azioni “al buio”, in spregio dei principi che, sotto il profilo sostanziale e processuale, regolano il riparto dell’onere della prova e, come, dette criticità continuassero ad essere rilevate dalle Corti di merito in contrasto con il menzionato arresto di legittimità.
Ebbene, proprio in accoglimento delle predette istanze, la Suprema Corte, tracciando il discrimen tra secondo e quarto comma dell’art. 119 t.u.b. da ravvisarsi nel momento in cui sorge, in capo alla Banca, l’obbligazione di consegna della documentazione e nella natura potestativa del diritto del correntista di richiedere “[…] copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni […]”, mostra di discostarsi vistosamente dall’orientamento – fino a quel momento - prevalente. I Giudici di Legittimità ricordano, infatti, come, a dispetto di quanto affermato dall’opposto orientamento garantista, l’art. 119, quarto comma, T.u.b. non contenga alcuna clausola derogatoria rispetto a quanto sancito dal codice di rito con riguardo all’ordine di esibizione documentale. Ed anzi, il riconoscimento della centralità della irreperibilità aliunde della documentazione di cui si chiede l’esibizione attraverso l’ordine del Giudice ai sensi dell’art. 210 c.p.c., costituisce presupposto preliminare tradizionalmente enfatizzato dal consolidato orientamento di legittimità. Affermare, al contrario, che sia l’istituto convenuto a dover fornire in giudizio la documentazione a supporto degli elementi costitutivi della domanda avanzata dal correntista implica una irragionevole deviazione rispetto alla disciplina del riparto della prova sancito dall’art. 2697 c.c. e, dal diritto vivente stesso.
La decisione in esame, oltre ai menzionati argomenti ermeneutici enfatizza, altresì, la natura potestativa del diritto del correntista di richiedere la documentazione bancaria. Sotto questo profilo, l’obbligazione di adempimento in capo all’istituto di credito diviene attuale nel momento in cui detto diritto è esercitato dal contraente. Ciò comporta che il correntista non possa domandare indiscriminatamente l’intervento del giudice ove detto diritto non abbia previamente esercitato se non a discapito dei principi che informano il riparto dell’onere probatorio e dei presupposti saldamente individuati dal consolidato insegnamento di legittimità per l’ammissibile esperimento del rimedio di cui all’art. 210 c.p.c. (oltre alla già menzionata irreperibilità aliunde, anche la specifica identificazione di atti e documenti di cui si domanda l’esibizione e la necessità ai fini della controversia). Di talché, solo ove sia stata preliminarmente richiesta la documentazione bancaria e sussista diniego dell’istituto è possibile domandare l’intervento del Giudice nelle forme dell’art. 210 c.p.c..
Sulla scorta del principio tracciato dalla decisione che si annota, la Corte non perde occasione di riflettere anche intorno ai limiti ed ai poteri del Consulente tecnico d’ufficio con riguardo all’acquisizione, in sede peritale, di documentazione non ritualmente acclusa dall’attore. Al riguardo, l’arresto in esame, secondo il quale l’acquisizione tardiva di documentazione attraverso l’esame peritale può ritenersi ammissibile solo ove abbia ad oggetto fatti accessori, non può condividersi, non foss’altro che per il recente orientamento fatto proprio, seppure successivamente alla pronuncia in esame, dalle Sezioni Unite (Cass. civ., SS. UU n. 3086/022, Cass. civ., SS. UU. n. 5624/2022, Cass. civ., SS.UU. n. 6500/2022). Secondo i principi da ultimo espressi dai Giudici di Legittimità, infatti, (solo) nell’ipotesi di consulenza tecnica contabile l’acquisizione di documentazione ulteriore rispetto a quella acclusa dalle parti al giudizio, è ammissibile e non violativa dei principi che informano il processo civile in ragione della specificità che connota la perizia contabile. Tanto, anche quando la documentazione acquisita dall’ausiliario abbia ad oggetto la prova di fatti principali, a patto che il procedimento resti presieduto dal principio del contraddittorio, a pena di nullità relativa (e non assoluta) dell’elaborato peritale.
[1] M. Gilberti, R. Mugavero, R. Trezza (a cura di), Contratti bancari: richiesta di documentazione ex art. 119 TUB e incidenza dell’art. 210 c.p.c., in 2019.Un anno di sentenze, Diritto civile, Giappichelli Ed., 2019, 189 ss..
Sezione: Sezione Semplice
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