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Applicazione retroattiva del divieto di concessione di benefici e misure alternative alla detenzione introdotto dalla L. c.d. “Spazzacorrotti”: dichiarata l'illegittimità costituzionale

Francesco Contu

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“1. Le (…) ordinanze di rimessione (…) sollevano tutte questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, lettera b), della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici). Secondo i rimettenti, tale disposizione sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che le modifiche da essa apportate all’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (...) si applichino soltanto ai condannati per fatti commessi successivamente all’entrata in vigore della legge n. 3 del 2019. 1.3. Secondo i giudici rimettenti, la mancata limitazione degli effetti dell’art. 1, comma 6, lettera b), della legge n. 3 del 2019 ai soli condannati per fatti commessi successivamente alla sua entrata in vigore sarebbe di dubbia compatibilità: – con l’art. 25, secondo comma, della Costituzione e con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), sotto il profilo del principio di legalità e non retroattività della pena; e ciò in quanto il divieto di applicazione retroattiva delle modifiche normative che aggravano la pena prevista per il reato comprenderebbe altresì le modifiche normative che, come quella in esame, restringano presupposti e condizioni di accesso a benefici penitenziari e misure alternative alla detenzione (…) (…) L’art. 1, comma 6, lettera b), della legge n. 3 del 2019, in questa sede censurato, inserisce nell’elenco dei delitti previsti dall’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. i delitti contro la pubblica amministrazione (…). 2.1. Per effetto di detto inserimento, tali delitti sono oggi soggetti, anzitutto, al medesimo regime “ostativo” rispetto alla concessione dei permessi premio, del lavoro all’esterno e delle misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata, che vige per i delitti cosiddetti “di prima fascia” elencati nell’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. Ciò significa che i benefici e le misure alternative in questione possono ora essere concessi ai condannati per la maggior parte dei delitti contro la pubblica amministrazione, di [continua ..]

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Nota di Francesco Contu

Le ordinanze di rimessione, tra “Spazzacorrotti” e diritto vivente. L’art. 1, co. 6, lett. b), l. 3/2019, nota all’opinione pubblica come “Legge Spazzacorrotti”, aveva assoggettato ex novo vari delitti contro la P.A. al regime “ostativo” di cui all’art. 4-bis ord. pen. (l. 354/1975). A seguito della novella, la concessione dei benefici penitenziari doveva intendersi dunque subordinata, anche per tali fattispecie, a una previa condotta di collaborazione con la giustizia ai sensi degli artt. 58-ter ord. pen. o 323-bis c.p., senza alcun riguardo al tempo del commesso reato. Con undici ordinanze di rimessione, la Corte costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità della disposizione in relazione al risultato interpretativo imposto dal diritto vivente, che avrebbe voluto le norme sull’esecuzione penale assoggettate al tempus regit actum (Cass., Sez. Un., 24561/2006). A favore del regime di irretroattività ex art. 25, co. 2, Cost., nella valutazione comune a tutti i rimettenti, avrebbe invece deposto l’idoneità della norma censurata a trasformare la natura delle pene previste (e prevedibili) al momento del fatto, nonché la sua capacità di incidere direttamente sullo status libertatis, stante il rinvio all’art. 4-bis contenuto nell’art. 656, co. 9, lett. a), c.p.p. (divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione della pena). La disciplina sull’accesso ai benefici penitenziari, in definitiva, inciderebbe in termini sostanziali sulla qualità della pena da scontare, sicché un ampliamento del suo regime ostativo non potrebbe disporre che per l’avvenire. Per altro verso, secondo un giudice a quo, l’applicazione retroattiva delle nuove preclusioni in relazione ai permessi premio si sarebbe posta in contrasto con gli artt. 3 e 27, co. 3, Cost. ogniqualvolta il condannato, prima dell’entrata in vigore della norma, avesse già maturato i requisiti per la concessione del beneficio. La Corte costituzionale ha accolto le due questioni in esame. La sentenza di accoglimento. Con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 25, co. 2, Cost., la Corte ha ritenuto dirimente la capacità della norma censurata di trasformare la natura della pena da eseguire rispetto a quella comminata in origine; ciò, in riferimento a tre istituti specifici: misure alternative alla [continua ..]

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