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Il giudice dell´udienza predibattimentale non può partecipare al giudizio, configurando detta ipotesi una espressa causa di incompatibilità in seguito alla illegittimità costituzionale di tipo additivo dell´art. 34, co. 2 c.p.p.

Argomento: Incompatibilitą, astensione e ricusazione del giudice
Sezione: Corte Costituzionale

(C. Cost., 14 novembre 2024, n. 179)

Stralcio a cura di Fabio Coppola 

“(…) Con ordinanza del 14 febbraio 2024, il Tribunale di (…), in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 111, secondo comma, 3, 24, secondo comma, 101 e 117 Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 1, CEDU e all’art. 14, paragrafo 1, PIDCP, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio dibattimentale il giudice dell’udienza di comparizione predibattimentale che ha fissato la data dell’udienza dibattimentale davanti ad un giudice diverso, per la prosecuzione del giudizio.  Il rimettente, premesso di aver celebrato l’udienza predibattimentale nei confronti di una persona imputata del delitto di cui all’art. 341-bis cod. pen. e di aver disposto, in assenza di richieste di definizioni alternative, la prosecuzione del giudizio davanti a un giudice diverso, fissando la data per la celebrazione dell’udienza dibattimentale, evidenzia di essere stato designato anche per lo svolgimento di tale udienza, sia pure in supplenza del diverso giudice, in ragione della sopravvenuta applicazione dello stesso presso altro ufficio giudiziario. (…) le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost., sono fondate. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, di recente ribadito dalla sentenza n. 93 del 2024, la disciplina sull’incompatibilità del giudice trova la sua ratio nella salvaguardia dei valori della terzietà e imparzialità del giudice, presidiati dall’art. 111, secondo comma, Cost., mirando a escludere che questi possa pronunciarsi sull’accusa quando è condizionato dalla “forza della prevenzione”, cioè «dalla tendenza a confermare una decisione o a mantenere un atteggiamento già assunto, derivante da valutazioni che sia stato precedentemente chiamato a svolgere in ordine alla medesima res iudicanda» e ad assicurare «che le funzioni del giudicare siano assegnate a un soggetto “terzo”, scevro di interessi propri che possano far velo alla rigorosa applicazione del diritto e anche sgombro da convinzioni precostituite in ordine alla materia su cui pronunciarsi» (sentenza n. 172 del 2023; nello stesso senso, sentenze n. 64, n. 16 e n. [continua ..]

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