(Cass. Pen., Sez. III, 10 febbraio 2021, n. 5198)
stralcio a cura di Giovanni de Bernardo
“(…) 2. Il ricorrente deduce l'errata applicazione della L. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6, nell'interpretazione della fattispecie incriminatrice del Tribunale di Pesaro.
Occorre muovere dall'esegesi della L. n. 40 del 2004, art. 12, comma 6 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), e, in tale ambito, viene in rilievo l'apparato sanzionatorio penale contenuto nell'art. 12, comma 6, che punisce:"6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di Euro".
La volontà legislativa, che sottendeva e permeava la prima disciplina organica in questa materia, di circoscrivere fortemente l'ambito della procreazione medicalmente assistita, si completava con la previsione di un sistema sanzionatorio amministrativo e penale diretto a sanzionare la mercificazione della procreazione medesima. Come è noto, la L. n. 40 del 2004 è stata oggetto di ripetuti interventi da parte del Giudice delle leggi tra cui la sentenza n. 162 del 2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della L. 19 febbraio 2004, n. 40, art. 4, comma 3, nella parte in cui stabilisce, per la coppia di cui all'art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili.
Anche all'esito di tale pronuncia, il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità continua ad essere vietato e sanzionato nel nostro ordinamento, a differenza di altri Paesi in cui, come in Ucrania, tale pratica è consentita. (…)
Sotto il versante sovranazionale il parere consultivo pronunciato il 10 aprile 2019 dalla Grande Chambre della Corte Edu, su richiesta della Corte di cassazione francese, in occasione della prima applicazione del Protocollo n. 16 allegato alla Cedu 7, riconosce che rientra nel margine di apprezzamento di ogni Stato adottare politiche che scoraggino i propri cittadini dal ricorrere, recandosi all'estero, a pratiche procreative proibite nel proprio territorio, pur evidenziando l'incompatibilità con l'art. 8 Cedu di divieti assoluti di riconoscimento dello status filiationis derivante dagli effetti del suo mancato [continua ..]
» Per l'intero contenuto effettuare il login
inizio