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Utilizzazione di intercettazioni in procedimenti diversi: se c´è connessione tra reati non opera il divieto di cui all´art. 270 c.p.p.

Pamela D’Oria

“1. La questione di diritto in relazione alla quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni Unite può essere così sintetizzata: se il divieto di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le intercettazioni siano state disposte, di cui all’art. 270 c.p.p., riguardi anche i reati non oggetto della intercettazione ab origine disposta e che, privi di collegamento strutturale, probatorio e finalistico con quelli invece già oggetto di essa, siano emersi dalle stesse operazioni di intercettazione. L’esame della questione controversa presuppone la ricognizione del quadro costituzionale di riferimento (…) che deve muovere dal richiamo all’art. 15 Cost., che tutela due distinti interessi, “quello inerente alla libertà ed alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall’art. 2 Cost., e quello connesso all’esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch’esso oggetto di protezione costituzionale” (…) Con particolare riferimento alla disciplina ex art. 270 c.p.p., dell’utilizzazione probatoria dei risultati di un’intercettazione in altro procedimento, la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che la libertà della comunicazione “risulterebbe pregiudicata (…) ove la sua garanzia non comportasse il divieto di divulgazione o di utilizzazione successiva delle notizie di cui si è venuti a conoscenza a seguito di una legittima autorizzazione di intercettazioni al fine dell’accertamento in giudizio di determinati reati” (…). In questo quadro, l’art. 270 c.p.p., comma 1, pone “una norma del tutto eccezionale”“: “la possibilità di utilizzare i risultati delle intercettazioni disposte nell’ambito di un determinato processo limitatamente ai procedimenti diversi, relativi all’accertamento di reati per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, risponde all’esigenza di ammettere una deroga alla regola generale del divieto di utilizzazione delle intercettazioni in altri procedimenti, giustificata dall’interesse dell’accertamento dei reati di maggiore gravità” (…) (Corte Cost., sent. n. 63 del 1994). (…) L’autorizzazione del giudice non si limita a [continua ..]

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Nota di Pamela D'Oria

La sentenza in commento affronta il tema delle intercettazioni a strascico che pone non pochi dubbi di compatibilità con le garanzie di cui agli artt. 15 e 14 Cost. che, rispettivamente, sanciscono l’inviolabilità della libertà e segretezza delle comunicazioni e del domicilio. Segnatamente, le Sezioni Unite sono state chiamate a risolvere la questione dell’operatività del divieto – sancito dall’art. 270 c.p.p. – di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni in procedimenti diversi da quello nel cui ambito le intercettazioni sono state disposte, qualora tali procedimenti riguardino reati non oggetto dell’intercettazione ab origine disposta e che, privi di collegamento strutturale, probatorio e finalistico con quelli invece già oggetto di essa, siano emersi dalle stesse operazioni di intercettazione. Come detto, il regime delle intercettazioni si scontra con valori costituzionali di primissimo rilievo, suscettibili, tuttavia, di bilanciamento con altri interessi di pari rango costituzionale, uno fra tutti l’interesse alla prevenzione e repressione di reati. Il divieto probatorio di cui all’art. 270 c.p.p. si inserisce nel novero delle garanzie che l’ordinamento appresta per evitare che le ingerenze dell’autorità giudiziaria nella sfera personale del singolo si traducano in eccessive limitazioni delle predette libertà; esigenza che viene soddisfatta dalla Carta costituzionale con la previsione di una doppia riserva: di legge e di giurisdizione. L’art. 270 c.p.p. contempla, tuttavia, la possibilità di utilizzare i risultati delle intercettazioni in un procedimento diverso da quello nel cui ambito sono state disposte se essi risultano “indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza”; deroga che trova la propria ragion d’essere nella necessità di accertare reati di particolare allarme sociale. La circolazione dei risultati delle intercettazioni, tuttavia, non può estendersi a dismisura. Il rischio, infatti, sarebbe quello di trasformare “l’intervento del giudice richiesto dall’art. 15 Cost., in un’inammissibile “autorizzazione in bianco””. Vi è da chiedersi, dunque, quale sia il significato da attribuire al concetto di “diverso procedimento”. Dopo aver prospettato le [continua ..]

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