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L´interesse del minore alla genitorialità “piena”

Nicola Barbuzzi

Cass. civ., Sez. I, 21 gennaio 2020, n. 1191

(…) Il principio di valenza generale destinato a trovare espressione nei vari istituti e rimedi apprestati dall’ordinamento a tutela del minore riconosce al giudice il potere discrezionale di disporne l’ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento, senza dover tuttavia motivare sulle ragioni dell’omessa audizione, salvo che la parte abbia presentato una specifica istanza con cui abbia indicato gli argomenti ed i temi di approfondimento, ex art. 336bis, comma 2, c.c. su cui ritenga necessario l’ascolto del minore (in materia di adozione e per l’indicata lettura: Cass. 07/03/2017 n. 5676). Tanto rilevato, nel proposto motivo di ricorso per cassazione si denuncia, in ragione del mancato rinvenimento dei relativi verbali, allegati alla disposta c.t.u., l’insussistenza di un ascolto “in senso tecnico”, o “dedicato”, delle figlie minori del ricorrente, in quanto genericamente effettuato nell’ambito di una consulenza tecnica di ufficio, alla presenza di genitori e terzi, con modalità pregiudizievoli della genuinità e libertà della volontà del minore in tal modo raccolta e, quindi, del suo diritto ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nel procedimento che direttamente lo riguarda (…). In materia di ascolto del minore, di almeno dodici anni e anche di età inferiore ove capace di discernimento, la necessità di una specifica delega del giudice all’esperto nominato per procedere all’espletamento vale a dare conto del rilievo che l’incombente riveste, in quanto diretto a raccogliere le opinioni ed i bisogni effettivi del minore, nel rapporto di strumentalità con il suo diritto alla partecipazione al procedimento che lo riguarda. L’ascolto indiretto del minore operato su delega del giudice da parte dell’esperto nominato per le modalità di cui all’art. 336-bis, comma 2, c.c. non è mai questione terminologica, ma di metodo; il relativo incombente resta pertanto soddisfatto non solo ed esclusivamente se vi sia stato l’utilizzo del termine nel conferimento dell’incarico al tecnico nominato ed il richiamo allo stesso nella svolta relazione, ma per le modalità secondo le quali esso sia stato operato. La libera e consapevole partecipazione del minore al procedimento è pertanto rispettata attraverso l’ascolto del primo che [continua ..]

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Nota di Nicola Barbuzzi

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, affronta il tema della delega di fatto al ruolo genitoriale da parte di uno dei due genitori, ritenendo di censurare il comportamento del padre il quale trascorreva poco tempo con le figlie, atteso che, preso dagli impegni derivanti dalla docenza universitaria, le lasciava a casa dei suoi genitori per tutto il giorno facendovi ritorno solo a sera, delegando ai nonni le sue funzioni genitoriali. Tanto, secondo gli Ermellini, era sufficiente a dimostrare il disinteresse del padre nei confronti delle figlie in quanto siffatto comportamento strideva con la funzione propria del genitore il quale, attraverso un rapporto costante e duraturo con la prole, assurge al ruolo di “primo educatore” e latore di benessere. La filiazione, quindi, per la Cassazione, diventa necessariamente “atto di adozione della vita. Non della vita in generale, ma di quella vita voluta e accolta sin nei suoi dettagli più intimi”. Appare necessario, quindi, ricordare come la riforma del 2012, più che limitarsi ad effettuare una rivoluzione squisitamente terminologica, abbia evidenziato il profilo della doverosità, imponendo a chi ha il dovere della “responsabilità” della procreazione il dovere di occuparsi moralmente e materialmente della prole, a pena della sanzione dell’inadempimento colpevole dei doveri insiti nel rapporto educativo. Il genitore, in ossequio al dettato normativo di cui agli artt. 30 Cost. e 147 c.c., ha quindi il dovere di impegnarsi a condurre a buon fine il compito assegnatogli, ossia quello di assistere e sostenere il figlio nel percorso di costruzione di una personalità armoniosa e matura durante il cammino di questo verso l’età adulta. La mancanza di presenza, anche mediata dalle moderne tecnologie, da parte del genitore, nella quotidianità della prole, diventava quindi il punto centrale della decisione: il percorso di crescita del minore necessitava della presenza importante del padre in quanto necessaria anche a consentirgli la produzione di “anticorpi” indispensabili per superare la fase patologica della loro vita famigliare. L’egoismo esasperato della scelta di voler perseguire in primis la propria realizzazione professionale, sacrificando il ruolo genitoriale, diveniva di fatto incompatibile con le responsabilità condivise proprie dell’affido “alla pari”. La [continua ..]

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