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Questione di legittimità costituzionale della normativa riguardante l´interdittiva antimafia

Gianpiero Gaudiosi

(Cons. di Stato, sez. III, 8 giugno 2020, n. 3641)

“[V]a esaminata la questione di legittimità costituzionale [...] degli artt. 84, comma 4, lett. d ed e, e 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 per contrasto all’ordinamento interno costituzionale e, in specie, agli artt. 117 e 3 Cost. La questione è manifestamente infondata, alla luce dei principi dettati dallo stesso Giudice delle leggi, più volte intervenuto sulla normativa antimafia confermando l’iter argomentativo del giudice amministrativo. […] [L]a verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio [...]. [...] I principi elaborati dalla Sezione [...] sono stati da ultimo nuovamente confermati dalla Corte costituzionale (sentenza n. 57 del 26 marzo 2020) […]. In particolare, in detta occasione il giudice delle leggi è stato chiamato ad esaminare la conformità dell’art. 89-bis (e in via conseguenziale dell’art. 92, commi 3 e 4), d.lgs. n. 159 del 2011 per violazione degli artt. 3 e 41 Cost. perché priverebbe un soggetto del diritto, sancito dall’art. 41 Cost., di esercitare l’iniziativa economica, ponendolo nella stessa situazione di colui che risulti destinatario di una misura di prevenzione personale applicata con provvedimento definitivo. Nel respingere la questione di legittimità costituzionale la Corte [...] ha affermato che il fenomeno mafioso rappresenta un quadro preoccupante non solo per le dimensioni ma anche per le caratteristiche del fenomeno, e in particolare – e in primo luogo − per la sua pericolosità (rilevata anche da questa Corte: sentenza n. 4 del 2018). Difatti la forza intimidatoria del vincolo associativo e la mole ingente di capitali provenienti da attività illecite sono inevitabilmente destinate a tradursi in atti e [continua ..]

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Nota di Gianpiero Gaudiosi

L’annotata sentenza, con la quale il Consiglio di Stato è tornato a pronunciarsi sull’istituto dell’interdittiva antimafia, è inscrivibile nel più ampio panorama decisionale afferente alla materia dei poteri amministrativi a tutela della pubblica sicurezza, sub specie di verifiche prefettizie rispondenti alle finalità di prevenzione e contrasto alla criminalità organizzata. Al centro della quaestio facti da cui trae abbrivio il sindacato del giudice amministrativo si rinviene un’informativa emessa dalla Prefettura a carico di una società formalmente esercente attività commerciali in ambito gastronomico. L’autorità prefettizia aveva estrapolato un quadro indiziario univoco e credibile circa la permeabilità al condizionamento mafioso da parte del pubblico esercizio in questione, muovendo da un coacervo di elementi esperienziali apprezzati nel relativo legame sistematico e compendiabili in legami familiari, frequentazioni, intrecci societari e cointeressenze che avvincevano il contesto sociale “sospetto” ad individui inseriti a vario titolo all’interno di consorterie criminali. Le valutazioni anzidette erano state dappoi accolte dal T.A.R. che – valorizzando l’elevato valore dimostrativo delle circostanze fattuali addotte e documentate dalla Prefettura – aveva ritenuto perfettamente congrua la revoca degli effetti autorizzativi della Scia per l’esercizio della suddetta attività di somministrazione di alimenti e bevande. La Terza Sezione del Consiglio di Stato, coerentemente con l’iter motivazionale seguito dal giudice di prime cure, rigetta il gravame della società e dichiara l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata da parte appellante con riferimento agli artt. 84, co. 4, lett. d ed e, e 91, co. 6, d.lgs. n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia) per asserito contrasto con gli artt. 117 e 3 Cost.. A fondamento della reiezione, i giudici di Palazzo Spada pongono l’accento sulla funzione di “frontiera avanzata” ormai comunemente attribuita all’informazione antimafia, traendo solide basi argomentative da un folto gruppo di precedenti resi dal medesimo Collegio e ulteriore conforto dai principi generali dettati dalla Corte Cost. nella sentenza n. 24/2019. Nel pervenire agli esiti ricostruttivi così sinteticamente [continua ..]

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