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“Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno”: la massima di Cicerone adattata dalla Cassazione ai pazienti oncologici terminali

Giustino Regia Corte

(Cass. Pen., Sez. IV, 12 ottobre 2020, n. 28294)

“2. (…) È noto l’approdo della giurisprudenza assolutamente dominante, secondo cui è “causa” di un evento quell’antecedente senza il quale l’evento stesso non si sarebbe verificato: un comportamento umano è dunque causa di un evento solo se, senza di esso, l’evento non si sarebbe verificato (formula positiva); non lo è se, anche in mancanza di tale comportamento, l’evento si sarebbe verificato egualmente (formula negativa). Da questo concetto nasce la nozione di giudizio controfattuale (“contro i fatti”), che è (…) il fondamento della teoria della causalità accolta dal nostro codice e cioè della teoria condizionalistica. Naturalmente esso, imponendo di accertare se la condotta doverosa omessa, qualora eseguita, avrebbe potuto evitare l’evento, richiede preliminarmente l’accertamento di ciò che è effettivamente accaduto e cioè la formulazione del c.d. giudizio esplicativo (…). In tema di responsabilità medica, è dunque indispensabile accertare il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia, in quanto solo in tal modo è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo sarebbe stato evitato o differito (…). Le Sezioni unite (…) hanno enucleato, per quanto attiene alla responsabilità professionale del medico, relativamente al profilo eziologico, i seguenti principi di diritto: il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica – universale, o statistica –, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva. Non è però consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sul­l’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificarne la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, cosicché, all’esito del ragionamento probatorio, che abbia [continua ..]

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Nota di Giustino Regia Corte

Il caso nasce dalla condanna per omicidio colposo di un medico responsabile dell’Unità Operativa di chirurgia generale di un’azienda ospedaliera. Nello specifico, dopo aver eseguito su un paziente una resezione di neoplasia vescicale e successiva cistoscopia, il sanitario aveva omesso di eseguire l’esame istologico sui tessuti asportati, perdendo così la possibilità di valutare la natura della malattia ed effettuare un accurato piano terapeutico. A causa di questa mancanza il paziente decedeva dopo un breve lasso di tempo. Nei primi due gradi di giudizio i giudici erano dell’idea che l’adozione di differenti terapie avrebbe garantito una maggiore aspettativa di vita. La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato dal medico, i cui motivi riguardavano violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’in­dividuazione del nesso causale. In particolare lo svolgimento del giudizio controfattuale si era basato esclusivamente su dati statistici e non su dati certi aventi ad oggetto l’evoluzione fisiopatologica della malattia. Il ragionamento della Corte, partendo dal principio secondo cui è causa di un evento quell’antecedente senza il quale l’evento stesso non si sarebbe verificato, si sofferma sul giudizio controfattuale, idoneo ad accertare la sussistenza del nesso di condizionamento tra l’antecedente e l’evento. Per quanto riguarda i reati commissivi il giudizio è di tipo esplicativo: il giudice elimina mentalmente l’antecedente condizionante e verifica se l’evento si sarebbe comunque verificato. Diverso discorso vale per i reati omissivi: per l’accertamento del nesso ci si muove su un giudizio di tipo predittivo, verificando cosa sarebbe accaduto se fosse stata posta in essere una determinata condotta. Nel caso che ci occupa, se – ipotizzando come avvenuta la condotta del medico – la morte del paziente comunque sopraggiunga, allora la condotta del primo non costituirà causa dell’evento. Per appurare l’esistenza del nesso causale tra l’omissione del medico e l’evento morte del paziente occorre avere ben chiare tutte le circostanze rilevanti in ordine alla “causa” del­l’evento verificatosi. Solo così è possibile analizzare la condotta omissiva colposa del medico ed effettuare il giudizio controfattuale avvalendosi delle [continua ..]

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