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Risponde di produzione di materiale pedopornografico chi riprende con il cellulare una spiaggia di nudisti, indugiando, senza altro giustificabile motivo, sulle parti intime dei minori ivi presenti

Luigi Martini 

La Terza Sezione della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29817 del 10 luglio 2023, ha avuto l’occasione di pronunciarsi in merito al delitto di pornografia minorile previsto dall’art. 600 ter c.p.

In particolare, il ricorrente veniva condannato nei primi due gradi di giudizio per produzione e detenzione di materiale pedopornografico, poiché, con il suo telefono cellulare, aveva filmato diversi momenti di vita che si svolgevano in una spiaggia di nudisti indugiando, in più momenti, su persone minori degli anni diciotto, ritraendo i fanciulli nudi.

Con ricorso avverso la sentenza di conferma della condanna emessa dalla Corte di Appello di Firenze, il ricorrente si doleva della violazione dell’art. 600 ter c.p., ultimo comma, poiché nei filmati - secondo la prospettazione difensiva - non si riscontrava particolare indugio sui dettagli corporei dei minorenni, con conseguente difetto del requisito dello scopo sessuale della rappresentazione degli organi genitali.

Con tessuto motivazionale lineare e coerente con gli orientamenti giurisprudenziali sul punto, la Cassazione fornisce una lettura della locuzione “scopi sessuali” - contenuta nell’ultimo comma dell’art. 609 ter c.p. - di sicuro interesse.

Il comma 7 del delitto in questione, introdotto dal legislatore del 2012, prevede che per “pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.

L’individuazione dello scopo - sessuale o meno - delle immagini ha aperto, in passato, un dibattito dottrinale e giurisprudenziale con riferimento ai criteri da utilizzare per attribuire rilevanza penale alla condotta del soggetto agente.

Un primo orientamento faceva ricorso al criterio soggettivo per cui ad assumere rilevanza, ai fini dell’esatta individuazione dello scopo, era il sentimento suscitato nello spettatore dalla visione delle immagini o delle rappresentazioni in cui figuri il minore.

In base a tale criterio soggettivo, risulterebbe illecita qualsiasi rappresentazione del minore -vale a dire anche le immagini o i video che lo ritraggono in atteggiamenti neutri, non connotati, cioè, da sessualità - che, però, sia idonea ad eccitare le pulsioni sessuali del destinatario.

Secondo un diverso orientamento, invece, l’indagine in ordine alla configurabilità dello scopo sessuale andrebbe condotta alla luce di un criterio di tipo oggettivo, tale per cui integrano il delitto di pornografia minorile le sole rappresentazioni del minore coinvolto in atti di natura sessuale o quelle che siano incentrate su parti intime - o zone “erogene” - del minore.

L’orientamento giurisprudenziale e dottrinale maggioritario aderisce al criterio oggettivo della nozione di scopi sessuali, criterio che ha permesso di restringere il campo applicativo della norma alle sole forme di rappresentazione caratterizzate da una finalità sessuale - e, pertanto, lesiva dell’integrità psico-fisica del fanciullo - e non anche alle ipotesi, a lungo sostenute dalla dottrina, dove la rappresentazione del minore risulta penalmente rilevante per l’offesa al sentimento comune del pudore, secondo una interpretazione eccessivamente espansiva della clausola generale di oscenità contenuta nell’art. 529 c.p.

Tale definizione di pornografia minorile permette, inoltre, di escludere dal perimetro applicativo dell’art. 600 ter c.p. le rappresentazioni di nudo minorile realizzate per scopi scientifici, artistici o didattici (Cfr. Cass. pen., 2 aprile 2019, n. 41590).

Ciò posto, la Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si sofferma sui criteri utilizzabili per evincere la finalità che sorregge la rappresentazione del minore.

Infatti, nelle ipotesi in cui il minore non è ritratto mentre compie atti sessuali espliciti ma la rappresentazione ha ad oggetto, anche non esclusivamente, gli organi sessuali dello stesso, è necessario approfondire la finalità e lo scopo della raffigurazione.

Al riguardo, la Suprema Corte osserva che “nella produzione di materiale concernente minori non coinvolti in attività sessuali esplicite, simulate o reali dunque, è la finalità che sorregge la rappresentazione degli organi sessuali a poterne determinare il carattere pedopornografico o meno e, dunque, la rilevanza penale della condotta”.

La Corte prosegue affermando che “ciò che oggettivizza e connota il disvalore penale del fatto, escludendo arbitrarie applicazioni della norma a condotte inoffensive ed agganciate a chiavi di lettura meramente soggettive, è che la rappresentazione deve necessariamente riguardare gli organi sessuali dei minori di età (non solo genitali, ma anche altre zone erogene, come il seno e i glutei) e per questo, laddove lo scopo sia illecito nei termini sopra precisati, essa è lesiva della dignità dei soggetti raffigurati e foriera di diffusione nel perverso circuito della pedofilia”.

Nella fattispecie esaminata, la Cassazione ritiene esente da censure il ragionamento logico-giuridico fatto proprio dalla Corte di Appello, che ravvisava lo scopo sessuale della rappresentazione dei fanciulli valorizzando alcune circostanze.

In particolare, secondo Corte, l’elemento che, nella prospettazione difensiva, escluderebbe lo scopo sessuale del filmato - vale a dire la ripresa di alcuni momenti di vita che si svolgevano in una spiaggia di nudisti e che ha comportato, inevitabilmente, anche la rappresentazione delle parti intime dei minorenni ivi presenti - viene destituito di fondamento da ulteriori circostanze che, complessivamente considerate, permettono di ritenere provato lo scopo sessuale del filmato.

Ed invero, appare decisivo il fatto che l’imputato, nell’atto di filmare la spiaggia, indugiava, in diverse occasioni, proprio sui minori presenti “con inquadrature spesso insistite ed isolate del contesto”.

La Corte osserva, inoltre, che le ulteriori circostanze emerse nel corso del processo, come l’ingente quantità di materiale pedopornografico rinvenuto in possesso dell’imputato e il contenuto delle chat intercorse con persone aventi la medesima inclinazione - dove il ricorrente rappresentava che “al mare ci sono i bambini nudi” - hanno coerentemente orientato i giudici di merito nel ritenere provato lo scopo sessuale della videoripresa.

In tal senso, la Cassazione suggerisce un’indagine approfondita in merito allo scopo della rappresentazione, specie nelle ipotesi in cui vengano ritratti gli organi genitali del minore, conferendo rilievo anche a ulteriori circostanze emerse nel caso concreto: lo scopo sessuale, infatti, può ricavarsi anche aliunde, laddove il contenuto delle immagini non sia altrimenti giustificabile.

Con la sentenza in commento, dunque, la Suprema Corte fornisce un ulteriore chiarimento in merito alla definizione di pornografia minorile recependo, per altro, l’orientamento giurisprudenziale che ritiene penalmente rilevante anche la mera rappresentazione statica della nudità del minore -purché finalizzata a scopi sessuali - e non solo la sua partecipazione a scene, spettacoli o esibizioni (Cfr. Cass. pen., Sez. III, 5 luglio 2019, n. 36710).

Appare indubitabile, infatti, che il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice - vale a dire la libertà sessuale e la dignità del minore - sia suscettibile di compromissione per effetto della sola produzione del materiale pedopornografico, anche laddove il minore non percepisca direttamente tale produzione (in tal senso, Cass. Pen., Sez. III, 24 settembre 2020, n. 29826).

Il decisum della Corte di Cassazione, ponendosi in soluzione di continuità con le pronunce di legittimità che hanno inteso apprestare pregnante tutela alla libertà sessuale del minore, appare -anche alla luce dei principi espressi nella Convenzione sui diritti del fanciullo di New York - senz’altro condivisibile, in considerazione del fatto che il minore, diversamente dal soggetto adulto, è soggetto manipolabile, facilmente influenzabile ed inadeguato ad autodeterminarsi anche - e soprattutto - con riferimento agli atti sessuali, i quali possono avere ricadute negative e dirompenti sul futuro sviluppo psicofisico del fanciullo.




Argomento: Dei delitti contro la persona
Sezione: Sezione Semplice

(Cass. Pen., Sez. III, 10 luglio 2023, n. 29817)

Stralcio a cura di Fabio Coppola 

“(…) Con il terzo motivo, si deduce violazione dell'art. 600-ter ultimo comma, c.p. per essere stata confermata la condanna per il delitto di produzione di materiale pedopornografico con riguardo a filmati, effettuati con il telefono cellulare, in una spiaggia frequentata da nudisti. Negli stessi, peraltro mai diffusi a terzi - circostanza non sufficientemente valorizzata dalla Corte territoriale sarebbero semplicemente rappresentati momenti di vita di spiaggia in un'area dove viene praticato il nudismo e benchè siano stati ripresi anche fanciulli, insieme a persone adulte, non vi era particolare indugio su dettagli corporei, con conseguente difetto del requisito dello scopo sessuale della rappresentazione degli organi genitali dei minori. (…) Premesso che il reato di pornografia minorile previsto dall'art. 600-ter c.p., in quanto posto a tutela del bene giuridico della libertà sessuale e della dignità del minore, suscettibile di compromissione già per effetto della sola produzione del materiale pornografico, è configurabile anche a prescindere dalla percezione che il minore abbia di tale produzione (Sez. 3, n. 29826 del 24/09/2020, A., Rv. 280100), occorre considerare che il concetto di materiale pornografico rilevante ai fini dell'applicazione della legge penale è oggi codificato nell'art. 603, ultimo comma, c.p. (…) Vi si prevede, infatti, che "per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali". (...) La sentenza afferma che il video, contenente immagini che la Corte territoriale giudica sufficientemente nitide, "indugia con attenzione sui bambini - di varie età - nudi" e che questi "sono ripresi insistentemente e spesso isolandoli dal contesto, cioè concentrando l'inquadratura solo su di loro". Non può dunque dubitarsi del fatto che ne siano visibili (anche) gli organi sessuali, sicchè la doglianza al proposito contenuta nel quarto motivo di ricorso non è fondata, ed è anche generica, considerato che il ricorrente neppure specificamente sostiene il contrario. (…) Nella produzione di materiale concernente minori non coinvolti in attività sessuali esplicite, simulate o reali, dunque, [continua ..]

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