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Ai rapporti di collaborazione di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato
Maria Strino
Cass. civ., Sez. IV, 24 gennaio 2020, n. 1663
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Nota di Maria Strino
L’intervento giurisprudenziale in commento riveste notevole importanza nel panorama interpretativo in materia di collaborazioni coordinate e continuative, risultando insuperata l’attualità del tema, in virtù della costante esigenza di bilanciare il binomio subordinazione-autonomia con le cangianti sfide che l’economia reale tende al diritto del lavoro. La vicenda sottoposta all’esame della Suprema Corte ha per protagonista una categoria di lavoratori sempre più spesso menzionata nel gergo quotidiano: i c.d. riders. Si tratta degli eredi digitali dei pony express, che si sono ampiamente diffusi nel mercato del lavoro in concomitanza con l’evoluzione delle piattaforme multimediali e della Gig Economy, tanto da conquistare la crescente attenzione del legislatore e degli studiosi. La questione rimessa al vaglio della Corte di Cassazione riguarda, principalmente, la qualificazione giuridica della fattispecie che, lungi dal rilevare in ottica di mero inquadramento sistematico, assume enorme significato per l’individuazione delle tutele applicabili al rapporto di lavoro. In considerazione del carattere non retroattivo della novella realizzata con il decreto legge n. 101/2019, la sentenza statuisce, innanzitutto, l’applicabilità al caso di specie dell’art. 2, decreto legislativo n. 81/2015, nella sua formulazione originaria. Tale disposizione, rubricata “Collaborazioni organizzate dal committente”, è stata al centro di un “vivace dibattito dottrinale”, che ha visto contrapporsi letture ermeneutiche connotate da profili di antiteticità, se non addirittura di contraddizione. L’analisi ricostruttiva effettuata per il caso di specie prende, quindi, le mosse da un’utile contestualizzazione della norma all’interno del disegno riformatore perseguito dal c.d. Jobs Act (legge n. 183/2014 e successivi decreti delegati), complessivamente finalizzato all’incremento dell’occupazione. La Suprema Corte opportunamente precisa, al riguardo, che “le previsioni dell’art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 vanno lette unitamente all’art. 52 dello stesso decreto, norma che ha abrogato le disposizioni relative al contratto di lavoro a progetto previsto dagli artt. da 61 a 69-bis del d.lgs. n. 276 del 2003”. Sul punto, si chiarisce come il ripristino della più ampia tipologia contrattuale rappresentata [continua ..]