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La disciplina di reclutamento degli ispettori di Polizia penitenziaria viola il principio di eguaglianza nella parte in cui ha stabilito i posti da bandire a concorso secondo il genere

Argomento: concorso
Sezione: Corte Costituzionale

(Corte Cost., 19 novembre 2024, n. 181)

Stralcio a cura di Aniello Iervolino

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“Con l’ordinanza indicata in epigrafe (r.o. n. 57 del 2024), il Consiglio di Stato, prima sezione, in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 44, commi da 7 a 11, del d.lgs. n. 95 del 2017, dell’allegata Tabella 37 e della Tabella A, allegata al d.lgs. n. 443 del 1992, «nella parte in cui distinguono, in dotazione organica, secondo la differenza di sesso, i posti da mettere a concorso nella qualifica iniziale degli ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria» […] 7.– Le questioni sono fondate, nei termini di seguito esposti. 8.– L’art. 3, primo comma, Cost. «pone un principio avente un valore fondante, e perciò inviolabile, diretto a garantire l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e a vietare che il sesso – al pari della razza, della lingua, della religione, delle opinioni politiche e delle condizioni personali e sociali – costituisca fonte di qualsivoglia discriminazione nel trattamento giuridico delle persone» (sentenza n. 163 del 1993, punto 3 del Considerato in diritto). Sin da epoca risalente questa Corte ha affermato che «oggi, riconosciuta dalla Costituzione l’eguaglianza di diritto a tutti senza distinzione di sesso, la regola è l’eguaglianza»: il legislatore può tener conto, «nell’interesse dei pubblici servizi, delle differenti attitudini proprie degli appartenenti a ciascun sesso, purché non resti infranto il canone fondamentale dell’eguaglianza giuridica» (sentenza n. 56 del 1958). 9.– La parità di trattamento tra uomo e donna è anche «un principio fondamentale del diritto comunitario, ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 3, paragrafo 2, del trattato, nonché ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia. Le suddette disposizioni del trattato sanciscono la parità fra uomini e donne quale “compito” e “obiettivo” della Comunità e impongono alla stessa l’obbligo concreto della sua promozione in tutte le sue attività» (direttiva 2006/54/CE, Considerando n. 2). Le eccezioni al principio di parità di trattamento devono «essere limitate alle attività professionali che necessitano l’assunzione di una persona di un determinato [continua ..]

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