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L'onere di allegazione dell'attore nell'accertamento della responsabilità sanitaria
Giovanni Luongo
La vexata quaestio sulla responsabilità medica ha occupato ed occupa ancora oggi ampio spazio nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
Prima di addentrarci nell’analisi della fattispecie de qua occorre tracciare, brevemente, una linea di demarcazione tra le obbligazioni di risultato e quelle di mezzi.
Come noto, le prime mirano al mero raggiungimento del risultato prescindendo dal “mezzo” utilizzato per conseguirlo, pertanto, il debitore avrà diritto al corrispettivo solo ed esclusivamente al raggiungimento dello stesso.
Di contro, oggetto delle obbligazioni di mezzo è il comportamento diligente del debitore, ovvero l’impiego diligente dei mezzi idonei al raggiungimento dello scopo, anche qualora quest’ultimo non si verifichi.
Nel caso di specie, i ricorrenti nell’impugnare la sentenza della Corte d’Appello di Firenze rilevavano che il Giudicante avesse posto in essere una decisione ultra petitum, nulla ai sensi dell’art 112 c.p.c..
La Corte di Appello di Firenze non aveva valutato, a detta dei ricorrenti, i fatti storici posti a fondamento della domanda, come ad esempio, l’inadempimento dei Sanitari della struttura ospedaliera.
La norma appena richiamata cristallizza nel nostro ordinamento il c.d. principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, da ciò ne consegue che, in primis, il giudice deve decidere su tutta la domanda, in secundis, non può pronunciarsi oltre i limiti della domanda formulata e che, infine, non può pronunciarsi su eccezioni la cui rilevabilità è rimessa all’iniziativa delle parti.
Orbene la dottrina, nell’ambito delle azioni aventi ad oggetto il risarcimento danni per malpractice sanitaria, si è interrogata sulla possibilità per il giudice di prendere in considerazione e decidere su domande non espressamente proposte dalle parti, deducendo di profili di colpa diversi e ulteriori rispetto a quelli originariamente allegati, fondati su circostanze emerse all'esito della consulenza tecnica d'ufficio, e se detta valutazione integra domanda nuova.
La giurisprudenza riconosce al Giudice la possibilità di pronunciarsi su siffatte domande, dal momento in cui, non si determina alcun mutamento della causa petendi e dell’ambito dell’indagine processuale e che quindi “il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell’attore, dovendosi considerare il fatto costitutivo, idoneo a delimitare l’ambito dell'indagine, nella sua essenzialità materiale, senza che le specificazioni della condotta, inizialmente indicate dall’attore, possano avere portata preclusiva stante la inesigibilità della individuazione ab initio di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all’esito dell’esperimento probatorio e peritale” (Cass. 20/03/2018, n. 6850).
Con il secondo motivo di impugnazione, i ricorrenti rilevano l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.
Il giudicante aveva erroneamente escluso la responsabilità dell’azienda sanitaria sulla considerazione di un unico fatto dedotto come profilo di inadempimento.
Prima, però, di procede alla disamina del caso de quo è fondamentale precisare che già dagli inizi degli anni 2000, la giurisprudenza aveva riconsiderato in termini autonomi il rapporto paziente-medico rispetto a quello paziente-struttura, riqualificato come un autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive (da taluni definito contratto di spedalità, da altri contratto di assistenza sanitaria) al quale si applicano le regole ordinarie sull’inadempimento fissate dall'art. 1218 c.c..
Pertanto, con la legge dell’8 marzo 2017, n. 24 c.d. legge “Gelli-Bianco”, il legislatore ha modificato la responsabilità derivante dall’esercizio di attività sanitaria, introducendo un sistema a doppio binario.
Da un lato, l’art. 7 della legge n. 24/2017 ha inquadrato la responsabilità della struttura ospedaliera nel novero della responsabilità contrattuale - artt. 1218 e 1228 c.c.-, in forza del contratto atipico di spedalità, mediante l’acquisizione del consenso, anche implicito del paziente; dall’altro si assiste ad una “decontrattualizzazione” della responsabilità del personale nosocomiale, alterandone la natura e riconducendo fa fattispecie alla responsabilità extracontrattuale o aquiliana, salvo l’ipotesi della sussistenza di un pregresso contratto d’opera professionale stipulato con il paziente.
Dalla ricostruzione, in termini autonomi, del rapporto struttura-paziente rispetto al rapporto paziente- medico, discendono importanti conseguenze sul piano della affermazione di responsabilità, della ripartizione della stessa e del contenuto degli oneri probatori.
Orbene, ove sussista un contratto di spedalità tra clinica e paziente, la responsabilità della clinica prescinde dalla responsabilità o dall'eventuale mancanza di responsabilità del medico in ordine all'esito infausto di un’operazione chirurgica o dell’insorgere di un danno che, come nel caso di specie, non ha connessione diretta con l'esito dell'intervento stesso.
L’art. 7 comma 3 dispone che “L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2 risponde del proprio operato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.”
Di tal guisa, è lapalissiana l’impervietà dell’honus probandi, in capo al paziente-danneggiato, il quale dovrà provare, anche attraverso presunzioni, non solo l’esistenza del rapporto contrattuale con la struttura sanitaria, ma anche il nesso di causalità materiale tra condotta del medico, in violazione delle regole di diligenza, ed evento dannoso - consistente nella lesione della salute (ovvero nell'aggravamento della situazione patologica o nell’insorgenza di una nuova malattia)-, non essendo sufficiente la semplice allegazione dell'inadempimento del professionista (Cassazione civile, ordinanza 12 maggio 2023, n. 13107).
A contrario, la punibilità del sanitario è da escludersi “qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia” e lo stesso abbia “rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, (si sia reso conforme al)le buone pratiche clinico-assistenziali, (e) sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”[1].
Il nesso di causalità è un elemento strutturale dell’illecito che rileva sul piano strettamente oggettivo, individuando la relazione esterna tra il comportamento astrattamente considerato e l’evento, il quale non va confuso con la colpa che è, invece, elemento soggettivo della fattispecie illecita.
Pertanto, la mera allegazione della causalità materiale non assorbe ipso iure la causalità giuridica: allegare il solo inadempimento non significa allegare il danno-evento, che ha ad oggetto un interesse ulteriore che corrisponde alla lesione dell’interesse presupposto in termini di danno alla salute. Considerato che l’attore dovrà dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie illecita, ai sensi dell’art 2043 c.c. dovrà necessariamente provare la sussistenza del nesso eziologico sia sotto il profilo della causalità materiale (ossia la discendenza dell’evento lesivo dalla condotta posta in essere dal sanitario), sia sotto il profilo della causalità giuridica (ossia la individuazione delle singole conseguenze pregiudizievoli derivanti dall’evento, precisando che tale prova potrà essere raggiunta anche mediante presunzioni).
Concludendo, alla luce di quanto su esposto, si può pacificamente affermare che in vista del particolare rapporto obbligatorio che sorge tra il paziente ed il medico, la Suprema Corte ha fornito una importante chiave di lettura in tema di onere probatorio, stabilendo che la deduzione di profili di colpa diversi e ulteriori rispetto a quelli originariamente allegati (fondati su circostanze emerse all'esito della consulenza tecnica d’ufficio) non integra domanda nuova e, di conseguenza una divergenza tra chiesto e pronunciato.
Il giudice non è rigidamente vincolato alle iniziali prospettazioni dell'attore.
Orbene, è imprescindibile la valutazione del fatto costitutivo idoneo a delimitare l’ambito dell’indagine nella sua essenzialità materiale senza che le specificazioni della condotta, inizialmente indicate dall’attore, possano avere portata preclusiva, stante la inesigibilità della individuazione ab initio di specifici elementi tecnico-scientifici, di norma acquisibili solo all'esito dell’esperimento probatorio e peritale.
[1] Spiegazione Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario - Art. 590 sexies c.p.
https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-xii/capo-i/art590sexies.html#:~:text=Il%20secondo%20comma%2C%20infatti%2C%20esclude,verificato%20a%20causa%20di%20imperizia.
Sezione: Sezione Semplice
(Cass. Civ., Sez. III, 27 giugno 2024, n. 17742)
Stralcio a cura di Giorgio Potenza
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